Negli ultimi mesi politiche e iniziative a livello europeo e mondiale hanno posto l’accento sul potenziale della rigenerazione come modello cruciale per l’economia circolare, utile per l’estensione della vita dei prodotti così come per la conservazione del valore nell’economia.
Ad aprile 2021, con una serie di webinar online, il Reman Day organizzato dal Remanufacturing Industries Council (RIC) ha celebrato una delle R alla base dell’economia circolare: la R di rigenerazione (in inglese remanufacturing). Definita anche la spina dorsale dell’economia circolare, la rigenerazione è una pratica industriale che permette di "riportare un prodotto ad almeno le sue prestazioni originali con una garanzia equivalente o migliore di quella del prodotto di nuova fabbricazione” (fonte Remanufacturing Market Study).
In Europa leader ed esperto del settore, nato sull’esempio dello statunitense RIC, è l’
European Remanufacturing Council che annovera tra i suoi membri ENEL. Per capire a fondo le potenzialità e le prospettive della rigenerazione Materia Rinnovabile ha intervistato David Fitzsimons, direttore dell’European Remanufacturing Council, con un’esperienza di oltre 25 anni nel settore.

DavidFitzsimons

Dove si concentra maggiormente al momento l’attività di remanufacturing?
Tradizionalmente il 90% dell'attività di remanufacturing si colloca nell'area business to business. Si tratta, quindi, un'attività industriale che si potrebbe definire commerciale. Sta crescendo, però, anche la parte B2C, rivolta al consumatore, in particolare per prodotti come gli smartphone. Spinto dal movimento per il diritto alla riparazione, penso ci sarà un continuo ampliamento dei beni di consumo che vedranno un’estensione del proprio ciclo di vita grazie sia a franchising locali di riparazione su piccola scala che ad ampie fabbriche su scala industriale a livello nazionale e internazionale. Mentre nel primo caso possiamo parlare di rigenerazione come riparazione, nel secondo caso si tratta di rigenerazione come “rifabbricazione”.

Quali elementi hanno il maggior potenziale di accelerare la diffusione delle attività di rigenerazione?
La robotica e le tecnologie digitali hanno un grande potenziale, possono fare incrementare enormemente le possibilità del settore. Grandi opportunità esistono nel settore automobilistico dove il WEF sta lavorando alla Circular Cars Initiative. Il problema è che, spesso, il remanufacturing entra in gioco soltanto in una fase post vendita. Non si pensa che possa, invece, contribuire anche durante la produzione di nuovi veicoli. Se questo dovesse cambiare il potenziale sarebbe enorme. Affinché ciò avvenga serve un cambiamento a livello normativo e alcuni incentivi economici.

A quali cambiamenti si riferisce in particolare?
Alla nuova e imminente iniziativa sui prodotti sostenibili alla quale sto contribuendo in questo momento a Bruxelles. C’è molto da fare a livello legislativo e politico. Abbiamo sviluppato molte politiche nella giusta direzione negli ultimi 20 o 30 anni, ora è il momento di guardare ad una migliore progettazione e all’estensione della vita dei prodotti. La sfida che l’odierna
Sustainable Product Initiative della Commissione europea pone è quella di sviluppare una serie di politiche che rendano il remanufacturing un'attività redditizia per le imprese. Ci vorrà tempo, ma penso vedremo un costante trasferimento di conoscenze nel settore, che oggi nell’UE vale circa 30 miliardi di euro. Sembrano molti, ma si tratta soltanto del 2% dell’economia europea. Certamente questo settore crescerà in futuro. Il nostro obiettivo è arrivare a 50 miliardi entro il 2030. Per questo cerchiamo di rendere il settore più attraente per gli investimenti. È fondamentale anche rendere coscienti i responsabili politici della necessità di nuovi incentivi a supporto delle aziende. L’UE e le Nazioni Unite sono molto ambiziose al riguardo come dimostra anche il lancio di GACERE - Global Alliance on Circular Economy and Resource Efficiency lo scorso febbraio. GACERE aiuterà a diffondere le politiche sviluppate nell'UE e il vocabolario utilizzato nell'UE oltre i confini del mercato unico.

Quali sono i settori più interessanti per remanufacturing?
In termini di valore assoluto direi, senza dubbio, l’
aviazione, in termini di volumi l'automotive. Il terzo settore più grande è probabilmente quello della difesa, di cui nessuno conosce le reali dimensioni. Seguono a ruota il settore delle attrezzature e dei veicoli fuoristrada come le grandi scavatrici e quello delle apparecchiature informatiche b2b. Poi ci sono una serie di altri settori definiti nel Remanufacturing Market Study dell’European Remanufacturing Network finanziato da Horizon 2020. È un ambito cruciale per le grandi aziende come Michelin e Volvo come per le piccole aziende come Hetzel, azienda tedesca a conduzione familiare, leader nella rigenerazione dei cambi automatici delle automobili.

Quali sono i Paesi più all’avanguardia?
A livello di leadership nazionale sicuramente la
Francia. I politici francesi sembrano essere abbastanza preparati a correre rischi. Seguono i Paesi Bassi e i Paesi scandinavi. Dal Regno Unito, avendo appena lasciato l'UE, mi aspetto una politica a tal proposito quest'anno o l'anno prossimo.
Per quanto riguarda le dimensioni del settore sicuramente al primo posto si colloca la
Germania, seguita da Italia, Francia, Regno Unito, che cambiano posizionamento in classifica a seconda del tipo di prodotti presi in considerazione. La Polonia, invece, è un paese che abbiamo, in passato, sottovalutato. Abbiamo, tuttavia, notato che molti investimenti vanno verso la Polonia perché ha una buona posizione logistica per rifornire tutta Europa e un'ottima rete stradale. Alcuni nostri membri, come Lexmark per le cartucce rigenerate per stampanti, sono molto soddisfatti degli investimenti fatti in Polonia, dove sono rigenerate anche molte componenti per l’aviazione e per i veicoli agricoli.
Fuori dall’Europa è da tenere sott’occhio il
Canada, il cui caso è stato studiato dal recente RemanCan.

Quali sono gli elementi su cui si giocherà il futuro del remanufacturing?
Sicuramente i
dati. Vedo che moltissimi dati oggi vengono persi durante il ciclo di vita dei prodotti, dati che non arrivano al produttore, ma che sarebbero cruciali per estendere la vita del prodotto se condivisi. Durante il processo di fabbricazione e fino al momento della vendita si usano tutte le tecniche possibili per ottenere ogni minimo valore aggiunto, anche se spesso si lavora su minimi margini di miglioramento. Dopo la vendita, invece, la perdita di valore nei prodotti è catastrofica e il potenziale per conservare o ripristinare questo valore nel tempo è enorme. Penso che chi inizierà a guardare alle tecnologie digitali in questa direzione otterrà un bel vantaggio competitivo. Non sono per nulla d’accordo con il lavoro che McKinsey sta facendo sulle fabbriche faro. Il Global Lighthouse Network celebra l'uso delle tecnologie digitali e l’industria 4.0 guardando soltanto all’uso efficiente delle risorse negli stabilimenti produttivi. Non si chiede cosa succede dopo che i prodotti hanno lasciato la fabbrica. Non si celebra l'intero ciclo di vita, né la catena di approvvigionamento. Per fortuna, in controtendenza, inizio a vedere aziende che danno valore a questo fattore. Tra di esse ci sono alcune aziende italiane di macchine utensili che vogliono usare la robotica oppure RecoNext che vuole applicare l'intelligenza artificiale per smistare i prodotti pronti per essere rigenerati.

Si creeranno molti posti di lavoro nel settore nei prossimi anni?
Ho visto così tante ipotesi a tal proposito e non credo a nessuna di queste. Il punto di partenza è sbagliato: non dovremmo essere guidati dalla possibilità dei posti di lavoro, ma essere spinti in primo luogo dalla possibilità di
investimenti. Gli investimenti genereranno posti di lavoro, molti dei quali non siamo a conoscenza. Potremo costruire grandi fabbriche, con un sacco di attrezzature e pochissimo personale, ma le catene di approvvigionamento intorno si trasformeranno e ci sarà magari molto lavoro creato dentro e intorno ad esse, lavoro che semplicemente non siamo stati in grado di misurare. Non credo si possano fare previsioni davvero concrete in questa direzione.