La disponibilità della biomassa è la linfa vitale della bioeconomia. Essere capaci di prevedere i flussi diventa strategico per i governi e per l’industria. Nell’ultimo periodo si è così assistito alla proliferazione di analisi che provano a stimare come si modificheranno domanda e offerta negli anni. Uno studio dell’Università di Wageningen (Paesi Bassi) stima che se si sostituisse nel 2020 il 20% dei prodotti chimici e dei materiali a base petrolifera con prodotti chimici e materiali a base biologica ci sarebbe bisogno di 34 MMT (milioni di tonnellate metriche) di biomassa. Nel 2030 per il 30% di almeno 50 MMT. Per avere un’idea di cosa stiamo parlando, oggi la biomassa utilizzata nell’Unione europea è di circa 1 MMT.

 

Il nova-Institut (Germania) in Bio-based Polymers in the World stima che la produzione di biopolimeri nell’Unione è destinata a crescere dagli attuali 320.000 MT a circa 1,2 MMT nel 2020, grazie al traino esercitato dalle miscele di amido, dal Pet e dal Pla. Una spinta in questa direzione arriva anche dal Plant PET Technology Collaborative (Ptc) siglato nell’ottobre del 2012 da Coca-Cola, Heinz, Ford, Nike e Procter & Gamble con l’obiettivo di arrivare il più rapidamente possibile al 100% di Pet biobased per i loro prodotti. 

Ma la domanda crescente di biomassa in Europa difficilmente potrà essere soddisfatta dall’offerta locale. Quindi si importa, anche se ciò mette in discussione la sostenibilità ambientale. A questo proposito, molte polemiche ha scatenato il piano di Versalis per la riconversione della raffineria di Gela, in Sicilia, che prevede l’impiego di olio di palma proveniente dalla Malesia. 

La problematica della biomassa apre quindi una problematica logistica, che paesi come Belgio e Olanda puntano a risolvere grazie alla presenza dei porti di Ghent e di Rotterdam, collocati in prossimità di un’area industriale a forte vocazione agricola e chimica. L’industria chimica olandese, spinta dall’abolizione delle quote zucchero prevista per il 2017 dalla nuova Politica agricola comune (Pac), ha programmato un investimento di un miliardo di euro in infrastrutture e servizi per la conversione delle barbabietole da zucchero in prodotti chimici biobased. AkzoNobel ha unito le forze con SuikerUnie, Rabobank, Agenzia di investimento e sviluppo dei Paesi Bassi del Nord, Provincia di Groningen e suoi porti marittimi per studiare la possibilità di produrre sostanze chimiche a partire da materie prime derivate dalla barbabietola da zucchero. A Deloitte è stato affidato il compito di eseguire uno studio di fattibilità sulla produzione commerciale di diversi tipi di biochemicals nel cluster chimico di Delfzijl. I risultati dell’analisi di Deloitte saranno pronti prima dell’estate. 

Sul fronte dei biocarburanti, oggi l’Unione europea è già fortemente dipendente dalle importazioni di biomassa dall’estero, con gli Stati Uniti in una posizione di primo piano: nel 2014 sono arrivati da oltre Atlantico 3,8 MMT di pellet di legno (per un valore di 730 milioni dollari) e circa 170.000 tonnellate di oli usati e grassi (150 milioni dollari). E visti i target fissati per i biocarburanti e l’energia rinnovabile e gli obiettivi di sostituire i materiali e i prodotti chimici a base petrolifera, è assai probabile che l’Unione dovrà fare ancora più affidamento sull’importazione di biomassa da paesi terzi. 

La Netherlands Enterprise Agency, un’agenzia governativa olandese, stima che il 90% dei 3,5 MMT di pellet necessari al paese dovrà essere importato dall’estero, in prevalenza da zone extra europee. La stessa agenzia ha perciò avviato un programma – Biologik NL – per determinare quale struttura logistica sia la più efficace per trasportare questa biomassa dai paesi produttori ai trasformatori olandesi. 

Secondo l’analisi americana, la disponibilità di biomassa in Europa è però minacciata da esigenze di sostenibilità restrittive che non riescono a riconoscere le pratiche di sostenibilità degli altri paesi. L’importazione di mais per la produzione di bioetanolo è limitata dai requisiti di sostenibilità fissati dalla direttiva sulle energie rinnovabili dell’Ue. La stessa direttiva – lamenta il Dipartimento dell’Agricoltura americano – sta anche limitando l’importazione di semi di soia per la produzione di biodiesel. Se questo approccio verrà esteso alla biomassa – sottolinea il Dipartimento dell’Agricoltura Usa – l’Europa potrebbe mettere a repentaglio l’offerta di pellet dal Nord America.

È sempre più evidente, dunque, che è a Bruxelles che si gioca la partita decisiva della bioeconomia europea e della sua sostenibilità. Ma è altrettanto evidente che la capacità dei singoli stati membri di influenzare la politica europea e di definire quale modello adottare è direttamente proporzionale alla loro capacità di avere un piano strategico nazionale. In questo senso mentre i paesi del Nord Europa hanno tutti adottato una strategia e giocano di squadra (Belgio, Paesi Bassi e Germania in primis), il Sud Europa – Italia in testa – resta clamorosamente latitante. 

 


  

©UPM

Intervista a Marko Janhunen, Vicepresidente UPM Biorefining

 

Verso un nuovo futuro sostenibile

 

La finlandese UPM – il gigante dell’industria forestale di carta e pasta di legno il cui fatturato ha raggiunto i 9,9 miliardi di euro nel 2014 – guida l’integrazione delle industrie biotecnologiche e forestali verso un nuovo futuro sostenibile alimentato dall’innovazione. I business della fibra e della biomassa, delle materie prime e dei prodotti riciclabili sono i pilastri delle attività di UPM. I biocarburanti sono un chiaro esempio delle sue operazioni innovative, con la bioraffineria di diesel rinnovabile a Lappeenranta. Tra le altre nuove attività commerciali figurano i biocompositi, già sul mercato, e biochemicals e biofibrille, in fase di sviluppo. 

Con Marko Janhunen, Vicepresidente alle relazioni con gli stakeholder presso UPM Biorefining, parliamo del futuro della bioeconomia, della pasta di legno e dell’industria della carta.

 

Qual è la visione che spinge un gigante della pasta di legno e della carta come UPM a investire nell’uso delle risorse biologiche per produrre bioprodotti?

UPM opera nell’industria forestale da oltre cento anni. Abbiamo sempre creduto che i prodotti realizzati da materie prime rinnovabili avessero delle credenziali ambientali eccellenti. UPM ha un fatturato di circa 10 miliardi di euro. Quasi tutti i nostri prodotti come la carta, la pasta di legno, il legname, il compensato e le etichette sono ricavate dal legno. Siamo anche grandi produttori di energia rinnovabile da biomassa.

La gestione forestale sostenibile e la sostenibilità di vari sistemi della catena di custodia e di certificazione è alla base delle nostre operazioni.

Siamo consapevoli che i fattori globali principali, quali cambiamenti climatici e scarsità delle risorse, creeranno nuove opportunità per materie prime rinnovabili. Questo è il motivo per cui abbiamo investito in biocarburanti avanzati di alta qualità che provengono da materie prime fuori della catena alimentare, con notevoli riduzioni di emissioni di gas serra. Siamo alla costante ricerca di nuove opportunità e tecnologie per sviluppare biocarburanti, biochemicals e biocompositi. 

 

UPM ha coniato il termine Biofore per descrivere la nuova industria forestale. Ma in cosa consiste esattamente la vostra strategia Biofore?

Biofore fa tesoro del nostro passato come azienda nell’industria forestale e lo combina con innovazioni, opportunità e persino nuovi settori. Oggi stiamo sviluppando sempre più le innovazioni in collaborazione con i settori chimici e petrolchimici di diversi paesi. Al momento, i biocarburanti avanzati rappresentano la punta di diamante dei nostri progetti. Inoltre, UPM sta investendo molto nello sviluppo di nuovi prodotti ricavati dal legno, come biochemicals e biocompositi.

 

A che punto è UPM con lo sviluppo di un biocombustibile liquido ricavato dal legno?

Siamo operativi. La bioraffineria UPM a Lappeenranta ha aperto a gennaio di quest’anno. Abbiamo cominciato a sviluppare la piattaforma di biocombustibili da biomassa legnosa nel 2006 e abbiamo deciso di investire nel 2012.

A Lappeenranta produciamo 100.000 tonnellate o 120 milioni di litri circa di diesel rinnovabile l’anno. Ciò equivale al consumo annuale medio di 100.000 automobili. Quindi non si tratta di una fase dimostrativa. Si tratta di uno stabilimento su scala commerciale cui è stato appena conferito il riconoscimento di Stabilimento su scala commerciale dell’anno allo WMB Bio Business Awards 2015.

 

Negli ultimi sette mesi, il prezzo del petrolio è più che dimezzato. Se la scorsa estate i prezzi superavano i 110 dollari al barile, ora si stanno avvicinando a 40. Questo calo influisce sulle scelte di investimento di UPM in bioprodotti?

Investire secondo il prezzo attuale del petrolio sarebbe troppo poco lungimirante. Sebbene il prezzo del petrolio sia sceso, il prezzo degli oli vegetali, altrettanto importanti per noi, no. E anche se adesso il petrolio costa poco, notiamo che la sicurezza e l’indipendenza energetica sono sempre più importanti. Crediamo che ci siano importanti fattori ambientali, sociali ed economici che promuovono i biocombustibili avanzati nel presente e nel lungo periodo.

 

La disponibilità di biomassa è fondamentale per lo sviluppo della bioeconomia. Lei è d’accordo con il nova-Institut di Colonia secondo cui ci sarebbe una distribuzione inadeguata di biomassa in Europa per promuovere i biocombustibili anziché biochemicals?

Ritengo ci siano materie prime e opportunità in entrambi i settori. Secondo un recente rapporto dell’Icct – “Wasted” – ci sono notevoli risorse non sfruttate di rifiuti e scarti cellulosici inutilizzati disponibili in maniera sostenibile in Europa. Ciò potrebbe sostituire fino al 16% dei carburanti per il trasporto su gomma in Europa entro il 2030, facendo diminuire le emissioni di gas serra del 60% e oltre.

Per quanto mi riguarda, considero la bioraffineria UPM a Lappeenranta un trampolino di lancio per usare i nostri scarti di pasta di legno ma anche molte altre materie prime per poi andare nella direzione dei biochemicals. Questo avviene già in quasi tutti gli stabilimenti di etanolo di seconda generazione. 

Se si considera il nostro investimento a Lappeenranta, abbiamo sviluppato innovazioni che ci permettono di aumentare il valore aggiunto del tallolio greggio, che è un residuo della nostra produzione di pasta di legno. Produciamo diesel rinnovabile che riduce le emissioni di gas serra fino all’80% rispetto al diesel fossile. Innovazioni simili sono possibili in altre industrie forestali integrate e in altri settori.

La bioeconomia richiede grandi e decisi passi avanti. La nostra bioraffineria di Lappeenranta è un ottimo esempio di come coniugare l’industria forestale e quella biologica. Dobbiamo creare un quadro di riferimento per investimenti ingenti.

 

Secondo McKinsey, entro il 2020, la domanda globale di bioprodotti potrebbe crescere fino a 250 miliardi di euro. Come può l’industria europea prepararsi ad affrontare questa sfida?

L’Europa è ancora in una posizione di leadership nello sviluppo dell’energia rinnovabile. La comunicazione sull’Unione energetica della Commissione europea indica che l’Ue vuole mantenere tale ruolo.

Sono sicuro che l’industria è pronta. Il punto è, abbiamo una visibilità normativa di lungo periodo che permette gli investimenti? Al momento, no. I politici dovrebbero proporre quanto prima misure che vadano oltre il 2020 per agevolare gli investimenti.

 

Qual è il ruolo della bioeconomia per il futuro di una realtà come quella di UPM? E per la sostenibilità dell’industria?

La bioeconomia è una grande opportunità per l’industria europea. Per quanto riguarda i biocombustibili avanzati, noi usiamo materie prime interne, operiamo in zone rurali, utilizziamo tecnologie europee e riduciamo la dipendenza energetica dalle riserve petrolifere extraeuropee. Questo è molto positivo.

 

La bioraffineria UPM a Lappeenranta è un trampolino di lancio per usare gli scarti di pasta di legno ma anche molte altre materie prime per produrre biochemicals - ©UPM

 

Dal suo punto di vista, l’industria riuscirà a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità rimanendo competitiva?

La sostenibilità è parte integrante dell’intero settore. Nel settore dei biocombustibili, le basi dell’industria poggiano sul bisogno di ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti, in maniera sostenibile. Con lo sviluppo tecnologico, sarà necessario un impiego sempre maggiore di materie prime innovative e sostenibili e sempre più stabilimenti che migliorano la competitività del settore.

 

Gli stakeholder della bioeconomia europea lamentano la mancanza di stabilità normativa in Europa e investono in altri paesi. Dal suo punto di vista, cosa dovrebbe fare l’Ue per creare un ambiente più favorevole agli investimenti industriali nella bioeconomia?

La cosa più importante dal punto di vista del settore dei biocarburanti avanzati è di proporre politiche dell’Unione europea sulle riduzioni delle emissioni nel settore dei trasporti e sul ruolo specifico dei biocarburanti avanzati in questo contesto. Un esempio potrebbe essere l’obiettivo vincolante per i biocarburanti avanzati nella direttiva per l’energia rinnovabile e la continuazione di tale mandato dopo il 2020.

 


 

©Clariant

Intervista a Paolo Corvo, Direttore dello Sviluppo commerciale, biocarburanti e derivati presso Clariant

 

La sfida dei biocarburanti

 

Sostenibilità e innovazione. Questi sono i pilastri strategici della strategia commerciale di Clariant, una delle imprese leader nel settore della chimica specializzata. Con il Group Biotechnology che ha sede in Germania, Clariant ha sviluppato il procedimento sunliquid® per la produzione sostenibile di etanolo cellulosico e biochemicals da residui agricoli. Gli enzimi specifici delle materie prime e quelli prodotti durante la lavorazione idrolizzano i residui come la paglia, la bagassa o gli stocchi del mais. La successiva fermentazione di tutti gli zuccheri in etanolo combinata alla tecnologia di separazione per il risparmio energetico creano un processo sostenibile e competitivo. In questa intervista con Paolo Corvo, Direttore dello Sviluppo commerciale, biocarburanti e derivati, parleremo della visione che spinge un gigante della chimica a investire nell’uso di risorse biologiche, della disponibilità di biomassa per produrre biochemicals, dell’impatto della volatilità del prezzo del petrolio sulla bioeconomia e più in generale del futuro del settore chimico.

 

Qual è la visione che spinge un gigante del settore chimico come Clariant a investire nell’uso di risorse biologiche per produrre sostanze (bio)chimiche?

In qualità di una delle imprese leader nel settore della chimica specializzata, Clariant contribuisce ad attribuire valore alla creazione con soluzioni sostenibili e innovative per clienti di vari settori. La sostenibilità e l’innovazione sono pilastri importanti della nostra strategia commerciale. Dobbiamo cercare innovazioni per aumentare l’efficienza energetica e produttiva e promuovere la sostituzione di risorse fossili con quelle rinnovabili per rimanere competitivi nel lungo periodo. Inoltre il mercato richiede una maggiore sostenibilità. Una quota sempre maggiore di materie prime che utilizziamo è rinnovabile, quindi Clariant è sulla buona strada. 

Nelle nostre operazioni di ricerca, la sostenibilità è strettamente legata all’innovazione. La biotecnologia industriale è stata riconosciuta come elemento chiave che permette alla tecnologia di affrontare le sfide odierne. Il Group Biotechnology di Clariant si occupa esclusivamente della biotecnologia industriale, con particolare attenzione allo sviluppo di procedimenti e prodotti da risorse rinnovabili. Si è prefisso l’obiettivo di un uso sporadico ed efficiente di risorse naturali. La sostenibilità è vista come un concetto omnicomprensivo: ecologico, economico e sociale.

Un buon esempio è la nostra piattaforma della tecnologia sunliquid®. La nostra tecnologia di produzione usa residui agricoli come la paglia del grano o la bagassa per produrre sostanze biochimiche o etanolo cellulosico che possono essere utilizzati come biocarburanti avanzati, abbassando le emissioni di gas serra e annullando la concorrenza per l’uso del suolo.

 

Qual è il potere innovativo della piattaforma sunliquid® e a che punto di sviluppo si trova la tecnologia di seconda generazione di Clariant?

La piattaforma sunliquid® utilizza processi biotecnologici innovativi per accedere agli zuccheri contenuti nella cellulosa ed emicellulosa per la produzione di biocarburanti avanzati e sostanze biochimiche. Materie prime altamente ottimizzate ed enzimi specifici scompongono la struttura stabile del polimero e lo convertono in zuccheri fermentabili con alte rese. Questi enzimi vengono prodotti dal materiale cellulosico stesso, il che riduce i costi per gli enzimi poiché elimina formulazioni aggiuntive e trasporto. Tale combinazione risolve i problemi della fornitura e costi degli enzimi e rende gli operatori dello stabilimento indipendenti da fornitori esterni. 

Nello stadio successivo, un organismo per la fermentazione ottimizzata simultaneamente converte gli zuccheri C5 e C6 in etanolo cellulosico, aumentando la produzione di etanolo di circa il 50%. L’efficienza energetica della separazione dell’etanolo e la completa integrazione energetica sono presenti in un processo energetico completamente autosufficiente: tutta la domanda energetica può essere generata da flussi non fermentabili, principalmente lignina. Non si utilizza alcuna risorsa energetica fossile. Perciò il procedimento sunliquid® è quasi a zero emissioni, riducendo le emissioni di gas serra di circa il 95%.

Nel luglio 2012, Clariant ha aperto uno stabilimento dimostrativo del sunliquid® a Straubing in Germania, confermando che la tecnologia funziona su scala industriale e con varie materie prime con impianti collaudati e ben strutturati. Un approccio singolare in questo settore che riduce notevolmente gli alti rischi insiti nell’applicazione di questa tecnologia innovativa. 

Oggi, Clariant è passata dallo sviluppo tecnologico alla commercializzazione del suo processo completamente integrato sunliquid® e ha sviluppato un programma tecnologico per stabilimenti su scala commerciale a costi produttivi competitivi per i suoi clienti in tutto il mondo. Il progetto modulare offre flessibilità, in modo che il procedimento sunliquid® possa adattarsi a diversi progetti, materie prime ed esigenze logistiche specifiche per soddisfare le esigenze dei clienti.

La flessibilità della tecnologia non finisce qui: sunliquid® permette di trasformare i residui agricoli in varie sostanze chimiche per svariate industrie e applicazioni.

 

Avete appena terminato un test sulle auto in collaborazione con Mercedes-Benz e Haltermann con un carburante sunliquid®20 di seconda generazione, quali sono stati i risultati?

Dal test sulle automobili è risultato che l’etanolo cellulosico non è solo un sogno del futuro, ma può essere utilizzato per l’attuale parco macchine. Gli automobilisti possono già godere dei benefici delle sue prestazioni e sostenibilità.

I risultati del test hanno superato di gran lunga le nostre aspettative. Prima di tutto, i veicoli testati, (tutti Mercedes-Benz di serie) non sono stati modificati in alcun modo per questo test e hanno dimostrato un’altissima prestazione del carburante e dei motori. Abbiamo riscontrato che grazie alle sue eccellenti proprietà di combustione, il sunliquid®20 – una benzina super che contiene il 20% di etanolo cellulosico – migliora l’efficienza del motore, quindi il 4% di contenuto energetico in meno rispetto all’E10, è più che compensato. 

Inoltre, le emissioni di particolato sono ridotte del 50% rispetto al carburante di riferimento dell’Ue, l’EU5. In confronto ai carburanti fossili, l’etanolo cellulosico sunliquid® riduce del 95% le emissioni di gas serra, senza essere in competizione con l’agricoltura alimentare e la produzione di mangimi. Per gli automobilisti ciò significa maggiore sostenibilità e altissime prestazioni tecniche. Senza compromettere l’autonomia, il comfort di guida e senza alterare le infrastrutture delle stazioni di rifornimento in Europa, i consumatori potrebbero già fare il pieno con questo carburante verde. 

 

©Clariant

 

Negli ultimi sette mesi, il prezzo del petrolio al barile è sceso di oltre la metà. Che impatto ha avuto questo sulle vostre attività?

Attualmente, il prezzo del petrolio è più volatile rispetto agli ultimi anni, ma siamo convinti che nel medio e lungo termine, i prezzi del petrolio subiranno un’inversione di tendenza. Con il costante sviluppo demografico e la crescita industriale nei paesi in via di sviluppo, la necessità della popolazione di cibo, carburanti, prodotti chimici e materiali è in continuo aumento. La sfida che dobbiamo affrontare è il soddisfacimento di questi bisogni a fronte di risorse limitate e allo stesso tempo proteggere l’ambiente e migliorare la qualità di vita. Facendo fronte a questi problemi ci siamo resi conto che le risorse rinnovabili dovranno svolgere un ruolo sempre più importante nelle nostre vite quotidiane e molti governi hanno fissato obiettivi ambiziosi per promuovere lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie innovative per rendere tali risorse accessibili e pronte a essere utilizzate.

Per esempio, la direttiva sull’energia rinnovabile e quella sulla qualità dei carburanti che prevede un aumento dell’uso di biocarburanti stanno destando un crescente interesse nelle compagnie petrolifere e in alcune parti incaricate di prendere in considerazione i biocarburanti avanzati come un valido additivo al loro prodotto principale.

Inoltre la domanda di bioprodotti chimici non è alimentata esclusivamente dal prezzo del petrolio; la domanda da parte dei clienti di soluzioni più sostenibili e nuove proprietà innovative sta generando un crescente stimolo di mercato.

Alla fine, avremo bisogno di una fonte energetica sicura e stabile, prodotti chimici e materiali che sapranno far fronte all’aumento demografico. A questo scopo, utilizzeremo tutte le risorse nel modo più efficiente. Perciò, le cosiddette bioindustrie svolgeranno un ruolo notevole nel fornire soluzioni sostenibili e piani industriali fondati su tecnologie competitive all’avanguardia come il sunliquid® che garantiranno il ritorno sull’investimento previsto.

 

Quale tipo di biomassa utilizzate per produrre bioprodotti?

Il procedimento sunliquid® è interamente basato sulle risorse lignocellulosiche come i residui agricoli. Tali risorse non sono in competizione con cibo o colture per mangimi, ma sono create in vaste quantità a livello globale come sottoprodotti delle attuali pratiche agricole, come nel caso della paglia per la produzione cerealicola. Gran parte di essa è attualmente inutilizzata e pertanto disponibile per la conversione in biocarburanti avanzati e prodotti chimici.

Attraverso le nostre materie prime ed enzimi specifici nel processo industriale, siamo in grado di adeguare il procedimento sunliquid® a quasi tutti i tipi di materie prime entro un breve periodo, compresa la paglia dei cereali, stocchi del mais, bagassa e colture energetiche, il miscanto o il panico verga. Abbiamo già sperimentato con successo la validità dei nostri procedimenti su paglia di grano, stocchi di mais e bagassa nei nostri stabilimenti dimostrativi a Staubing, con ottimi risultati. Molti altre materie prime lignocellulosiche hanno dato buoni risultati a livello di laboratorio e sperimentale.

 

 

I residui agricoli di queste materie prime possono essere utilizzati per la priduzione di biochemicals:
1. miscanto
2. stocchi del mais
3. riso
4. grano
5. canna da zucchero

 

Lei è d’accordo con il nova-Institut di Colonia sul fatto che ci sia una distribuzione sbilanciata di biomassa in Europa per promuovere i biocarburanti invece di biochemicals?

Non vediamo una relazione antitetica tra i due settori. In una bioraffineria, come nelle attuali raffinerie petrolifere, il livello di produzione varia a seconda dell’energia e dei biocarburanti o delle sostanze biochimiche o persino dai prodotti specifici.

Se prendiamo la nostra tecnologia sunliquid®, abbiamo creato una piattaforma tecnologica in grado di fornire sia carburanti sia prodotti chimici: etanolo cellulosico e bioprodotti chimici come acidi organici o prodotti specifici, per esempio gli enzimi dai residui agricoli come materia prima, fornendo allo stesso tempo l’energia necessaria per i sottoprodotti non fermentabili. Siamo convinti che prodotti chimici e carburanti vadano di pari passo e il loro sviluppo è intimamente collegato. Sunliquid® è un ottimo esempio che illustra l’enorme potenziale dei processi biologici e della bioeconomia.

Tuttavia, ravvisiamo un conflitto nell’uso delle biomasse per la produzione energetica ampiamente sovvenzionata. In primo luogo, è tecnicamente inefficiente bruciare zuccheri sotto forma di cellulosa per produrre elettricità, che può essere ottenuta con l’eolico o il solare, sprecando zuccheri come risorsa naturale per carburanti liquidi ad alta densità energetica e altri prodotti chimici. In secondo luogo, le altissime tariffe di riacquisto nel mercato dell’energia elettrica possono distorcere enormemente il mercato a livello economico, rallentando così la transizione verso le rinnovabili.

 

Secondo McKinsey, entro il 2020, la domanda globale di bioprodotti potrebbe salire a 250 miliardi di euro. L’industria europea è pronta ad affrontare questa sfida?

Stati Uniti, Asia e Unione europea sono i produttori principali di sottoprodotti agricoli, come paglia da riso, stocchi del mais e delle colture cerealicole. Inoltre, l’Europa è tradizionalmente forte nell’innovazione, con ottime basi per le infrastrutture di ricerca e sviluppo. La sfida è portare tali innovazioni sul mercato e qui l’industria europea deve coinvolgere tutti gli stakeholder chiedendo un quadro politico a favore di bioprodotti sostenibili.

Abbiamo già la base delle materie prime in Europa: le eccedenze di paglia offrono una materia prima ideale per la produzione di etanolo cellulosico e altri bioprodotti chimici, senza essere in competizione con la produzione alimentare o di mangimi per animali. Non è nemmeno necessario utilizzare altra terra per produrre bioprodotti con questi tipi di materie prime, poiché sono automaticamente create come sottoprodotti nell’attuale produzione di riso, mais e cereali.

Di conseguenza, solo nella Ue, ogni anno si producono circa 240 milioni di tonnellate di paglia dai cereali come sottoprodotto agricolo di cui solo una piccola parte viene attualmente utilizzata. Da molti studi condotti sul lungo periodo emerge che fino al 60% potrebbe essere ricavata dai campi, rendendola disponibile per altri usi. Grazie al procedimento sunliquid®, 27 milioni di tonnellate di etanolo cellulosico potrebbero essere prodotte da questo volume di paglia, equivalente a un contenuto energetico di circa 18 milioni di tonnellate di petrolio fossile. Quindi, circa il 25% della domanda di petrolio dell’Ue prevista per il 2020 potrebbe essere sostituita dall’etanolo cellulosico utilizzando esclusivamente materiale residuo.

Uno studio condotto dalla Bloomberg New Energy Finance comprende altri tipi di residui e scenari nei propri calcoli, prevedendo un potenziale sostitutivo del petrolio di circa il 62%. Combinando una tecnologia di conversione avanzata e le risorse rinnovabili, riconvertendo a pascolo i terreni agricoli e adottando il maggese, sembrerebbe possibile sostituire il combustibile fossile con l’etanolo cellulosico nel medio e lungo periodo.

Questo suggerisce che i prodotti chimici cellulosici e i biocarburanti possono giocare un ruolo fondamentale nel percorso dell’Europa verso un’economia sostenibile e attenta alle questioni climatiche e contribuire alla rapida crescita di bioprodotti.

 

Quindi per Clariant, e in generale per un’industria chimica sostenibile, l’impiego delle risorse biologiche giocherà in futuro un ruolo sempre più importante.

L’uso della biotecnologia industriale per la produzione di sostanze chimiche è già ben consolidato nel settore farmaceutico e adesso si sta spostando lungo la catena di valore verso i prodotti chimici di base.

Per altri settori, il motore è rappresentato dalla necessità di sostituire le risorse fossili e con il tempo passare ai materiali rinnovabili. Una maggior consapevolezza che le materie prime fossili sono limitate crea una nuova ondata di biotecnologia e processi basati sull’utilizzo dello zucchero. Allo stesso tempo tali procedimenti e relative tecnologie dovranno diventare estremamente efficienti, sostenibili e rispettose dell’ambiente. Alla fine, la biotecnologia diventerà sempre più importante per la produzione di energia e materiali più puliti.

Come si diceva poc’anzi, la sostenibilità è un elemento chiave della strategia operativa globale di Clariant ed è strettamente collegata all’innovazione. Per la creazione dell’innovazione sostenibile, tre aspetti sono essenziali: prevedere i bisogni futuri, basarsi su solide prove tangibili di sostenibilità e infine la creazione di soluzioni in stretta collaborazione con gli stakeholder principali. Ciò, a sua volta, amplierà lo spettro di soluzioni che offriremo nel campo della “bioeconomia”.

 

Nel luglio 2012, Clariant ha aperto uno stabilimento dimostrativo del sunliquid® a Straubing in Germania, che ha confermato il funzionamento della tecnologia su scala industriale - ©Clariant Foto Rîtzer

 

Sarà possibile per l’industria chimica raggiungere gli obiettivi di sostenibilità rimanendo competitiva?

La domanda crescente, la sicurezza nazionale, le risorse scarseggianti e il riscaldamento globale nonché i grandi obiettivi energetici e climatici dei governi possono essere raggiunti solo se anche noi cerchiamo soluzioni nel campo della biotecnologia. Per un cambiamento reale occorrono procedimenti biotecnologici sofisticati come sunliquid® con le relative capacità produttive. Queste devono ancora essere sviluppate, per tale motivo nuovi bioprodotti innovativi avanzati come l’etanolo cellulosico sono ancora più costosi dei metodi di produzione convenzionali durante la fase di lancio. Le tecnologie pioniere devono sempre competere con le industrie consolidate.

Assistiamo già a molti prodotti chimici verdi che entrano sul mercato. Le nuove tecnologie avranno molto da imparare, ma come abbiamo già avuto modo di constatare in passato con altre tecnologie altamente competitive, si affermeranno sul mercato.

La tecnologia sunliquid® sviluppata da Clariant soddisfa tutti i requisiti di un processo innovativo, ed economicamente vantaggioso di convertire i residui agricoli in carburanti verdi e biochemicals. Utilizzando enzimi nel processo produttivo, enzimi ottimizzati e la conversione simultanea di cellulosa ed emicellulosa in etanolo e una progettazione di un processo produttivo efficiente, è stato possibile far fronte alle sfide tecnologiche e ridurre i costi di produzione fino a raggiungere la fattibilità commerciale.

 

Gli stakeholder della bioeconomia europea lamentano la mancanza di stabilità normativa in Europa, investendo quindi in altri paesi. Dal suo punto di vista, cosa dovrebbe fare l’Ue per creare un ambiente più favorevole agli investimenti industriali nella bioeconomia?

Come si è visto con i biocarburanti, il sostegno del governo può favorire un ingresso nel mercato e il consolidamento di una nuova tecnologia finché non diventa competitiva nel giro di qualche anno.

Un forte aumento produttivo sarà alimentato da una combinazione di politiche di biocarburanti, domanda da parte dei clienti, riduzione dei costi di produzione e aumento dei prezzi del petrolio.

Per garantire una transizione da un’economia fossile alla bioeconomia dobbiamo colmare il divario tra ricerca e mercato. Oltre al sostegno per l’applicazione di processi produttivi sostenibili e innovativi e stabilimenti di riferimento per dimostrare la competitività, occorre un quadro politico stabile e favorevole agli investimenti. Per esempio nel campo dei biocarburanti, dai legislatori ci aspettiamo un impegno chiaro verso i biocarburanti di seconda generazione. Nello specifico, vorremmo un sotto mandato vincolante per i biocarburanti avanzati inserito nella legislazione europea e la conseguente attuazione della proposta della Commissione europea per evitare il cambio indiretto di uso del suolo (iLUC) attraverso il supporto di biocarburanti prodotti con biomassa lignocellulosica e la sua differenziazione da biocarburanti ricavati da colture alimentari. Inoltre il tetto massimo per le miscele di etanolo è il 10% e le specifiche dell’E20 devono ancora essere definite. Occorre adattare la direttiva sulla qualità del carburante e bisogna promuovere l’applicazione tecnica dell’ente europeo di normazione. L’affidabilità di una pianificazione di lungo periodo e la sicurezza degli investitori sono essenziali per portare la tecnologia innovativa sul mercato e per favorire la transizione a un’economia più sostenibile e biologica in Europa.