L’Alleanza per l’economia circolare, di cui fanno parte Enel e altre 16 aziende simbolo dell’Italia, ha presentato un paper per indirizzare la transizione verso l’economia circolare. Con enormi vantaggi per il clima, l’occupazione e la competitività.
La seconda vita delle vecchie centrali Enel
La circular economy è il driver per l’innovazione. L’Italia può divenire un laboratorio unico al mondo per lo sviluppo di modelli di business circolari. Lo sa bene Enel, uno dei principali operatori a livello internazionale, che sta contribuendo alla trasformazione del settore utilities, basando la propria strategia sulle rinnovabili e l’innovazione tecnologica.
Second life è la parola chiave dei progetti Enel, a partire dal riutilizzo delle vecchie centrali. Con questo obiettivo, Enel ha costituito una società per la riconversione in Italia di aree inutilizzate, nelle vicinanze di luoghi strategici come porti, aeroporti e interporti. Nella loro seconda vita, queste saranno destinate a deposito doganale per lo stoccaggio e la manutenzione di container, alle attività di distribuzione e smistamento, e all’eventuale trasformazione in loco delle merci. Un esempio virtuoso di ripensamento innovativo del ciclo produttivo, di ottimizzazione delle risorse, fonte di nuovi posti di lavoro. Ancora, rappresenta un risparmio di miliardi di euro in dazi doganali per l’Italia. I due siti pilota – le aree della centrale “Eugenio Montale” a La Spezia e della centrale Marzocco a Livorno – potrebbero essere operativi già a partire dall’inizio 2021.
Sostegno a tutta la filiera
Clamoroso è il nuovo “Supplier Development Program”, nato per sostenere la filiera delle imprese fornitrici e dotarla di strumenti per consentire una crescita finanziaria, manageriale e un’espansione geografica. Parte dall’Italia e verrà esteso anche agli altri Paesi dove opera il gruppo. Oltre a condividere i requisiti di sostenibilità con i propri partner, Enel mette a disposizione la propria competenza, fornendo servizi utili: dal training manageriale ai percorsi per l’innovazione, l’economia circolare e l’internazionalizzazione, fino al sostegno finanziario determinante in questa fase di crisi di liquidità.
L’Alleanza per l’economia circolare
La green-choice di Enel presuppone un cambio di paradigma dei sistemi produttivi e il coinvolgimento di tutta la catena del valore. Punti fermi che hanno portato, nel 2017, alla costruzione di un’Alleanza per l’economia circolare con aziende italiane, leader in diversi settori produttivi. Promotrice dell’Alleanza, Enel ha firmato un Manifesto con sette aziende simbolo del Made in Italy. Oggi, le aziende che partecipano all’Alleanza sono 17.
La notizia del lancio del sito web giunge mentre l’Alleanza presenta il nuovo Position Paper per l’economia circolare, in cui propone una Road Map per il Paese. Un percorso in cui la contaminazione di competenze e interconnessioni favorisce la condivisione di esperienze, la nascita di sinergie con il superamento delle divisioni tra i vari settori industriali, e promuove un confronto non solo tra i propri membri, ma anche con le startup, i cittadini, le istituzioni, le amministrazioni locali, le università, i centri di ricerca, il terzo settore.
Il Position paper sulla transizione circolare
I dati del Position Paper 2020 parlano chiaro. Il potenziale dell’economia circolare porterebbe alla creazione di 700.000 posti di lavoro nell’Unione europea nel prossimo decennio, a un contestuale risparmio del 10% nell’acquisto di materie prime e a un calo del 17% delle emissioni di CO2, con investimenti che nei prossimi cinque anni potrebbero superare i 350 miliardi di euro.
Il modello economico lineare “prendere, produrre, buttare” tende a favorire un’automazione che riduce i posti di lavoro e porta allo sfruttamento delle risorse, con l’aumento dei rifiuti e dei relativi costi. Al contrario il modello circolare ha come obiettivo il mantenimento del valore dei beni e dei materiali. Un modello cioè basato sui servizi, sulla manutenzione estensiva e sul recupero del valore, in cui il contributo del lavoro umano è rilevante.
Che il concetto di rifiuto dovrà ridefinirsi è ovvio. Le attuali normative End of waste sono basate sulla concezione che il rifiuto non abbia più componenti di valore. In Italia si producono ogni anno circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e 153 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. La gestione dei rifiuti vale circa 28 miliardi di euro, e contribuisce per circa lo 0,5% del valore aggiunto generato a livello nazionale. Nel 2016, il nostro Paese ha riciclato il 68% di tutti i rifiuti (contro il 57% della media europea). Poiché l’industria italiana si basa su produzioni di alta gamma e di lusso, i nostri prodotti sono i più durevoli. Ecco perché l’indice di produttività delle risorse (3,6 euro di Pil per chilogrammo di consumo di materia) ci pone al secondo posto dopo Regno Unito e Paesi Bassi. Mentre siamo i primi nella classifica del consumo di materia pro capite più basso (8,1 tonnellate all’anno).
L’Alleanza introduce sia cinque macro obiettivi – una governance efficace, la semplificazione normativa, un’innovazione sostenibile, sistemi di misurazione Kpi (Key performance indicators) e campagne di sensibilizzazione – sia le relative strategie nazionali e territoriali, da attuare in archi temporali ben precisi. Così le tre flagship dell’Alleanza puntano a una strategia nazionale che includa i goal e uno scadenziario per proposte normative, l’identificazione di risorse finanziarie dedicate e la mobilitazione di capitale privato. Tra le azioni è previsto un nuovo impulso al Piano di azione nazionale sul green public procurement, che oggi necessita di un’accelerazione nello sviluppo e nell’implementazione dei criteri ambientali minimi (Cam), che a regime potrebbe assumere un carattere obbligatorio e prevedere premi per le amministrazioni più virtuose. La terza proposta si focalizza poi sulla revisione della fiscalità con la creazione di misure a supporto di consumi sostenibili e circolari.
Città e territori, infine, rivestono in ruolo importante nell’implementazione di nuovi modelli. Una città circolare si traduce in una visione in cui le nuove tecnologie – inserite in una visione olistica che persegue obiettivi di competitività economica, sostenibilità ambientale e inclusione sociale – diventino strumento di benessere per i cittadini. Nell’emergenza, lo abbiamo visto, le città sono diventate rete, connessione, servizi, soccorso, solidarietà.