Quando facciamo i bagagli e partiamo per esplorare nuovi angoli del pianeta, ci prendiamo mai il tempo per considerare il nostro impatto sulle comunità locali e l’ecosistema globale? Anche se nella maggior parte dei casi il turismo non dà un contributo positivo al pianeta, questo non significa che tutto il turismo sia negativo. Se viaggiamo in maniera corretta, possiamo contribuire allo sviluppo e al potenziamento delle comunità locali, e possiamo persino partecipare agli sforzi per la tutela dell’ambiente.
Ma c’è di più. La crisi del Covid ci ha fatto premere il pulsante “pausa”, i voli sono stati sospesi e il settore è in ginocchio. Kelly Bricker, vicepresidente del Global Sustainable Tourism Council (Gstc), docente e direttrice di dipartimento dell’University of Utah, illustra i pilastri del turismo sostenibile e ci spiega come la crisi del Covid potrebbe contribuire a riconnetterci con la natura e a farci riconsiderare i modi in cui viaggiamo.
Kelly Bricker
Cosa rende il turismo sostenibile e circolare?
Il turismo sostenibile è un viaggio. Quando parliamo di turismo sostenibile, stiamo fondamentalmente considerando quattro diversi pilastri. In primo luogo, studiamo come vengono gestiti una data destinazione o un business, e questa valutazione tiene conto delle procedure amministrative e di vigilanza adottate per implementare pratiche sostenibili. Analizziamo poi la fattibilità economica e sociale di un business o di una destinazione, cioè verifichiamo che ci siano meccanismi per garantire la correttezza, l’equità sociale e l’inclusività, oltre a uno sviluppo economico che dia benefici concreti al contesto locale. In terzo luogo, prendiamo in considerazione gli aspetti e le ricadute culturali, tenendo conto delle specificità della destinazione, migliorando e proteggendo i suoi attributi culturali, dimostrando rispetto e impegno per la sua tutela. Non solo siamo attentissimi al fatto che l’occupazione rispetti standard dignitosi e che ci siano pari opportunità sociali, ma esigiamo anche che ci siano dei sistemi di acquisto e produzione locali che migliorano la vitalità del sistema economico in quella regione. E poi, naturalmente, consideriamo gli aspetti ambientali come la conservazione degli ecosistemi o il miglioramento degli stessi attraverso la sostenibilità, la tutela e le adeguate forniture di acqua ed energia. In generale, ci sforziamo di affrontare i cambiamenti climatici e gli impatti ambientali più significativi. I modi sono diversi, dalla protezione della fauna selvatica e le interazioni con essa all’assicurarsi che siano in vigore leggi e normative sulla cattura e il commercio di animali selvatici che garantiscano che gli animali non subiscano maltrattamenti.
Questi sono i pilastri centrali di quello che per noi è un turismo sostenibile capace di contribuire a un risultato planetario positivo.
Quanto è sostenibile il turismo oggi?
Direi che a livello globale si è lavorato molto. Inoltre, la pandemia ha imposto una pausa ai viaggi verso molte destinazioni che avevano sofferto per l’eccesso di turismo.
Finora, con l’eccezione di alcune destinazioni, ci sono mancati i mezzi per analizzare le infrastrutture e la capacità di ospitare un turismo sostenibile. Anche se le aree protette sono cresciute, abbiamo bisogno che metà del pianeta venga in qualche modo sottoposta e misure di conservazione, e servono investimenti in quelle regioni che aiutano le comunità, rurali e non, a cercare un equilibrio sostenibile su cui poi far sviluppare il turismo. A meno che non vengano adottate specifiche tutele e venga rafforzato il senso di responsabilità, quando riapriremo saremo invasi da orde di turisti che viaggiano in modo insostenibile. In questo senso la pandemia ha effettivamente aiutato. Anche se l’industria del turismo è davvero a terra in questo momento, il Covid ci ha costretti a premere il pulsante pausa in un modello insostenibile.
Non possiamo evitare di affrontare gli impatti della pandemia. Quali sfide porrà il Covid-19 all’industria del turismo?
Come faremo a ‘riaprire’ luoghi come Venezia? Vogliamo tornare a fare tutto come prima? Senza una pandemia o qualche altra crisi globale le persone non avrebbero avuto il tempo per porsi queste domande.
Sicuramente qualcuno fallirà, ma ci saranno anche dei cambiamenti strutturali. In qualche modo, la situazione è paragonabile a quello che è successo l’11 settembre negli Stati Uniti. Gli attacchi hanno cambiato il modo in cui viaggiamo. Le misure di sicurezza hanno trasformato il modo in cui viviamo i viaggi e ci spostiamo tra gli aeroporti. Il Covid-19 ha avuto un impatto simile, e sono state messe in atto diverse pratiche che si focalizzano sulle condizioni sanitarie, sul distanziamento sociale e le libertà personali. Non penso che queste misure verranno revocate presto. Perché le persone possano godersi l’esperienza del viaggio, devono avere la sensazione che siano state adottate tutte le misure per garantire la loro sicurezza, e in molti si sono impegnati in una gara per implementare delle pratiche atte a minimizzare il diffondersi del contagio. Sono già state adottate delle linee guida per i viaggi avventura, per le prenotazioni in hotel e con Airbnb, e anche per i viaggi in aereo. Tutte queste strategie devono fare in modo che i viaggiatori sentano di potersi ancora avventurare nel mondo.
Quali sono i trend del turismo sostenibile che continueranno a prosperare nel post-pandemia?
Si è diffusa la tendenza a valutare l’attenzione alla sostenibilità della destinazione. Negli ultimi cinque anni si sono poi consolidati gli approcci sistematici alla sostenibilità, che vengano utilizzati sia per le aree protette e le comunità che vivono nei loro dintorni sia per le città, grandi o piccole che siano.
Stiamo iniziando a considerare l’impatto dei viaggi e del turismo su una scala più regionale, e quindi con un approccio più ampio rispetto all’analisi di un singolo business o hotel. Questa tendenza verso approcci più complessivi proseguirà, e i criteri di analisi del Global Sustainable Tourism Council sono uno strumento che è già stato adottato per destinazioni come la Grecia e le Azzorre, Dubrovnik in Croazia e Jackson Hole negli Stati Uniti.
Un’altra tendenza riguarda la crescita della classe media (perlomeno prima del Covid-19). Questo ha portato a un aumento continuo del numero di persone che viaggiano e fanno esperienza nel mondo. Dopo la fine della pandemia questo trend continuerà. Persino durante la crisi economica del 2008 abbiamo visto che i viaggi continuano a crescere con tassi del 3-5% annuo. Anche se spero che cambino, i viaggi e il turismo di sicuro non scompariranno.
A proposito dei nuovi trend post-Covid, uno dei più importanti riguarda le misure per la salute e la sicurezza. Se una destinazione ha problemi sanitari o di sicurezza, una delle prime industrie a soffrirne economicamente è quella dei viaggi e del turismo. Sapendo che probabilmente avremo altre pandemie in futuro, le persone stanno iniziando a valutare con attenzione la gestione delle crisi e delle pandemie e i modi per recuperare ed essere più resilienti. La mia speranza è che questo dia tempo per riflettere e riconsiderare i modi in cui ci prepariamo alle crisi future.
Le persone tengono in considerazione la sostenibilità quando decidono verso dove e come viaggiare?
In effetti questa tendenza si sta diffondendo. Basti pensare alla quantità di informazioni sugli aspetti ambientali disponibili sui principali sistemi di prenotazione online. Per esempio, su TripAdvisor c’è una sezione ‘ambiente’. Quando si utilizza Kayak.com per affittare una macchina si può scegliere se affittare un veicolo elettrico o ibrido. Vediamo un’attenzione crescente per le offerte sostenibili, e anche se non tutti le considerano un fattore determinante, speriamo davvero che abbiano un peso sempre maggiore nelle decisioni riguardanti il turismo.
C’è più consapevolezza anche per i problemi sociali? Alle persone interessa sapere quando le comunità locali vengono sfruttate dal turismo?
Assolutamente. Il livello di consapevolezza è senza dubbio cresciuto. Come accademica leggo sempre più articoli sugli impatti e le strategie finalizzate alla trasformazione delle tendenze negative nel turismo. Inoltre, diverse organizzazioni stanno promuovendo prodotti che sono posseduti e gestiti a livello locale. Awamaki, in Perù, supporta i membri della comunità locale e le donne gestendo operazioni che hanno delle ricadute straordinarie sull’artigianato e i tour locali. C’è molto più di questo, e queste sono le storie di cui le persone vogliono far parte e di cui vogliono sentir parlare.
Vedo anche che molti studenti sono interessati. Vogliono rendere il mondo un posto migliore, e per quanto possa sembrare idealistico, c’è una sincera ondata di interesse verso la comprensione degli impatti delle scelte che si fanno, il che è incoraggiante.
Fenomeni come il “flight shaming” sono diventati un argomento caldo. Biasimare le persone può indurle a viaggiare meno e a ridurre i voli a lunga percorrenza?
Siamo una grande università e abbiamo un programma di scambi con l’estero molto frequentato. Quasi tutti gli iscritti all’università provano a fare un’esperienza di apprendimento oltreoceano. Non penso che far vergognare le persone sia necessariamente la soluzione giusta, dobbiamo piuttosto pensare a come fare meglio le cose: se si decide di prendere un volo a lunga percorrenza ci si può fermare di più nel luogo di destinazione invece di spostarsi solo per un weekend lungo? È importante analizzare il proprio impatto e valutarlo alla luce dell’esperienza di viaggio.
Viaggiare è intrinseco alla psicologia di molte persone, che hanno il desiderio di esplorare e imparare di più sul mondo. Anche se i voli costituiscono un problema considerevole, dobbiamo capire come viaggiare meglio. Gestire i voli con modalità che riducono la loro impronta di carbonio è senz’altro da fare, e la tecnologia e i meccanismi alternativi possono avere un ruolo importante.
I tempi medi di permanenza dei viaggiatori stanno cambiando?
Le ferie dei nordamericani sono brevi, e probabilmente siamo tra i peggiori in fatto di vacanze di un solo giorno. Siamo un paese che contribuisce molto ai viaggi internazionali, e questo è un fenomeno importante, soprattutto in relazione ai mercati statunitensi. Dall’altra parte, c’è un movimento che promuove i viaggi lenti, che implicano che ci si informi sui luoghi in cui si arriva, e che ci si prenda più tempo per esplorare i paesi in cui si è atterrati. Questa tendenza è favorita anche dal proliferare di opportunità alternative di sistemazione, penso ad Airbnb o ad altri servizi simili, che danno la possibilità di vivere in una comunità e conoscerla. Tutte queste cose hanno sicuramente permesso alle persone di soggiornare un po’ più a lungo in un posto o le ha addirittura stimolate a farlo.
Rivers Fiji
Quali cambiamenti porterà la pandemia in termini di tipologie di turismo?
In linea di massima, i viaggi avventura saranno probabilmente uno dei primi settori a ripartire e avranno un ruolo di apripista per i viaggi e il turismo in generale. Coloro che fanno viaggi avventura tendono a essere più intraprendenti e sentono di poter uscire a esplorare prima dei viaggiatori all’altro capo dello spettro.
Un’altra cosa che è successa è che i parchi locali, le zone protette e i percorsi per le escursioni, anche locali, si sono ampliati. Il numero di persone che fanno escursioni all’aperto è in aumento dopo la pandemia. Tutti i nostri parchi nazionali stanno riaprendo, e le persone stanno prenotando in anticipo.
Gli spazi aperti diventeranno luoghi di salute e benessere. Negli Stati Uniti le persone sanno che è un modo sano di viaggiare, e anche se può far crescere la pressione sui parchi e le aree protette, è anche un’opportunità per evidenziare il valore di questi posti speciali e dei meccanismi per viaggiare al loro interno, molti dei quali sono a basse emissioni di carbonio, fisicamente impegnativi e salutari.
Vuol dire che le persone stanno riacquistando una consapevolezza della natura?
C’è sempre maggiore attenzione alla salute mentale e al benessere, e molti medici ed esperti di salute raccomandano di stare all’aperto e fare lunghe camminate. La natura ha queste qualità e noi dobbiamo prendercene cura per la nostra salute e il nostro benessere. Come abbiamo ben visto in questi primi mesi del 2020, siamo collegati allo stato di salute del nostro ambiente. È un’opportunità incredibile.
Nello stesso tempo vorrei che chi ha la responsabilità di gestire gli ecosistemi terrestri e marini, e chi offre questo tipo di esperienze, valutassero cosa stanno facendo per salvaguardarli e per assicurare che questi luoghi rimangano intatti per le prossime generazioni.
Ci sono esempi di turismo sostenibile che sono particolarmente convincenti e sono un modello di come dovremmo comportarci in futuro?
Il turismo di piccola scala può aiutare i viaggiatori a fare esperienze incredibili, contribuendo nel contempo a salvaguardare l’ambiente.
Da vent’anni sono coinvolta in Rivers Fiji, un progetto che nel 2000 ha stipulato un accordo per la salvaguardia ambientale con le comunità locali che vivono lungo un corridoio fluviale, basato su un programma di rafting e navigazione in kayak in un’area rurale nel cuore dell’isola Viti Levu, nella Repubblica di Fiji. L’accordo di salvaguardia riguarda una fascia di 200 metri su entrambi i lati del corridoio fluviale e protegge una vasta gamma di specie indigene. Ogni volta che un turista scende in barca lungo il fiume le comunità locali ricevono una somma di denaro che contribuisce al loro sostentamento. Anche se al momento è in stand-by, questo modello ha avuto un successo enorme. Il corridoio però è sempre lì e dimostra come le comunità e i titolari di business privati possano lavorare insieme per proteggere un corridoio fluviale unico in un paese che non ha grandi possibilità di tutelare questi luoghi speciali.
Abbiamo già menzionato un altro esempio: le cooperative di donne nell’altopiano peruviano. Awamaki ha usato come base finanziaria l’artigianato locale e ha poi aiutato le cooperative di donne a fare esperienza e a imparare come funzionano le imprese commerciali. Oltre all’artigianato tradizionale, adesso le comunità offrono anche dei tour guidati presso queste incredibili comunità che vivono nell’area del Machu Picchu e nelle zone circostanti. Ora i figli di queste donne possono frequentare la scuola e dare sostegno alle loro famiglie. Decidono le condizioni a cui lavorare e creano i manufatti che sono importanti per loro e per la loro cultura. Hanno potere decisionale. Anche in questo caso, il turismo ha rappresentato un meccanismo per favorire un cambiamento positivo.
Questi due esempi mostrano che la tutela culturale e ambientale può concretizzarsi attraverso piccole azioni che non richiedono cambiamenti importanti. Quello che è necessario è una vera attenzione alle comunità e ai loro bisogni.
Per approfondire: scarica e leggi Materia Rinnovabile #32 dedicato al turismo sostenibile
Foto in apertura: Awamaki.org