L’industria tessile fornisce un contributo significativo all’economia globale, dando lavoro a oltre 430 milioni di persone in tutto il mondo. Un mercato fiorente in costante crescita. Ma mentre il volume degli affari aumenta, gli impatti ambientali fanno tutto tranne che ridursi. Il modo in cui progettiamo, produciamo e utilizziamo i nostri indumenti ha ripercussioni che stanno diventando sempre più evidenti.
Mentre il sistema tessile tradizionale funziona seguendo una modalità quasi lineare (secondo la Ellen MacArthur Foundation vengono persi ogni anno più di 500 miliardi di dollari a causa del sottoutilizzo dei capi di abbigliamento e della mancanza di riciclo), il settore dell’outdoor è all’avanguardia nell’adozione di un sistema circolare. Dai tessuti innovativi ricavati da fonti rinnovabili alle strategie di riacquisto e al business della riparazione, le aziende del settore prevedono una transizione verso la circolarità che dovrà coinvolgere l’intero settore dell’abbigliamento.
Presente e futuro dell’industria dell’outdoor
Questo numero di Materia Rinnovabile esamina l’industria dell’outdoor, il suo presente, il suo futuro e la sua influenza globale. Abbiamo dedicato una serie di articoli all’analisi dei filati e dei materiali, dai tessuti riciclati e i polimeri fino alle bio-fibre, come la canapa. I bio-materiali, afferma Mario Bonaccorso, sono cruciali per la transizione dell’intero sistema dell’abbigliamento, specialmente del settore dell’outdoor, se davvero vogliamo decarbonizzare questa industria.
Ma questo numero guarda anche al futuro. Qui di seguito, alcuni dei fattori fondamentali che si affermeranno nell’intero settore dell’outdoor, come anche nelle strategie e nelle prospettive di ogni singolo business legato all’outdoor.
Migliorare l’accesso agli spazi aperti: le ricerche mostrano che niente è efficace per la salute fisica e mentale della popolazione quanto il contatto con la natura. In una società sempre più urbanizzata, dipendente dalla tecnologia e dedita al telelavoro, questo bisogno potrà solo aumentare.
Operare entro i limiti del pianeta: cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, scarsità delle risorse, tutti questi fattori saranno una presenza sempre più ingombrante. Il risultato? Stagioni spostate nel tempo, interruzioni della catena di rifornimento, accesso difficoltoso ai materiali cruciali, tanto per citare alcune conseguenze.
Vera parità di opportunità: diversità, inclusione – dalle etnie al genere, classe sociale, provenienza geografica, esperienza e background legato all’età. L’industria dell’outdoor, notoriamente bianca e maschile, dovrà trovare il modo per cambiare la propria disposizione mentale e accettare tutte queste comunità che storicamente non sono state ben accolte. Perché se l’industria dell’outdoor non “ci arriva”, l’industria della moda lo farà al suo posto.
Prosperare con politiche pubbliche più severe: dato lo stato globale dell’emergenza climatica e le conseguenze sociali a essa legate, possiamo aspettarci l’approvazione di politiche pubbliche molto severe. Probabilmente in ritardo, probabilmente malvolentieri, ma altrettanto probabilmente imposte con fermezza.
Un nuovo modello di business
La cosa più rilevante? Il modello di business del settore dell’outdoor – come quello dell’industria dei beni di consumo in generale – è assolutamente inadatto alla nuova realtà. Non c’è dubbio che reinventare sé stessa, e il proprio modello di business in particolare, rappresenti la sfida più impegnativa per l’industria dell’outdoor nei prossimi decenni. Questo numero di Materia Rinnovabile espone alcune grandi idee per modelli di business senza precedenti. Leggete l’analisi di Daniele Lettig sul business dell’affitto e del pagamento legato all’uso di abbigliamento ed equipaggiamenti, che coinvolge grandi marchi come Rei (una cooperativa della quale il direttore editoriale di questa rivista è orgoglioso di far parte) o Fjällräven. O approfondite la conoscenza del nuovo business della riparazione degli indumenti, grazie al quale sempre più aziende stanno allungando la vita dei loro prodotti. In realtà, i dati mostrano che bastano piccoli interventi per rendere questo “usato” di nuovo “adatto allo scopo”: il 26% richiede solo la ripulitura da sporco o macchie; il 21% la riparazione di un buco; il 9% il rammendo di uno strappo e il 7,5% un ricambio, come nel caso della sostituzione di una cerniera rotta. Cosa importante: questi sforzi fanno bene all’ambiente e producono profitto, se commercializzati adeguatamente.
C’è un forte senso di trasformazione in questo settore. La speranza è che marchi come Patagonia, Vaud, Fjällräven o Salewa possano ispirare il settore dell’abbigliamento tradizionale e offrirgli una visione del futuro. Noi pensiamo che possano riuscirci, e che in futuro saranno ancora migliori.
Per approfondire, scarica e leggi il numero 35 di Materia Rinnovabile.