Investire in strategie di progettazione per la riciclabilità; aumentare il volume di indumenti usati raccolti e indumenti usati rivenduti e il volume di quelli realizzati con fibre riciclate: è questo il recentissimo invito di Global Fashion Agenda (Gfa), al quale hanno aderito nomi blasonati dell’universo moda con l’obiettivo di realizzarne gli obiettivi entro il 2020.
Ma questa è solo una delle possibili occasioni utili per entrare a far parte di un circuito di aziende attente alla sostenibilità che interessa da qualche anno il mondo del fashion. Già nel 2011, infatti, Greenpeace aveva lanciato il programma Detox che aveva raccolto l’adesione di tanti brand super famosi.
Il settore della moda, infatti, si caratterizza per diverse criticità ambientali da fronteggiare.
Genera consistenti scarti di processo e presenta diversi fattori di rischio. Secondo il rapporto di Boston Consulting Group Pulse of the fashion industry del 2017, dal 2015 al 2030 la produzione di rifiuti del settore aumenterà del 63% (rifiuti ed emissioni di CO2 sono i due fattori per i quali si prevedono i maggiori incrementi).
A ciò si aggiunge il fatto che solo una piccola quota di rifiuti tessili viene recuperata a fine vita: le azioni di intercettazione degli abiti usati (come rifiuti urbani) sono purtroppo insufficienti e non sempre trasparenti. Tanto che la ricerca di soluzioni – soprattutto industriali – per dare sbocchi agli scarti di processo da ridurre e/o avviare a riciclo è oggetto di numerosi progetti anche finanziati dalla Ue.
Anche in questo caso il contributo del design e della ricerca può fare la differenza poiché – non raramente – la qualità dei materiali considerati rifiuti da scartare è alta. Per questa ragione il loro recupero rappresenta un’utile opportunità subordinata tuttavia ad alcuni obiettivi: facilitare il processo di riciclo tessile, perfezionare la separazione (automatica) dei rifiuti tessili post-consumo, mettere a punto tecnologie per estrarre coloranti e finiture o in grado di separare il mix di fibre componenti i tessuti, senza danneggiarle.
Il caso danese
In questa direzione si sta muovendo Really, società danese che ha dato vita a una applicazione molto innovativa. Fondata nel 2011 da Wickie Meier, Klaus Samsøe e Ole Smedegaard, Really propone di riciclare prodotti tessili creando con essi un materiale utilizzato per produrre un pannello, il Solid Textile Board by Really, presentato all’ultimo Salone del Mobile di Milano.
Tutto prende avvio da un flusso di rifiuti immediatamente disponibile – in questo caso prodotti tessili provenienti dalle industrie tessili e della moda, da lavanderie, famiglie, ma anche i cascami di Kvadrat – di cui si ridefinisce l’uso, trasformandoli in una nuova materia grazie al contributo di designer che sono riusciti a dar vita a prodotti con un più alto valore aggiunto.
Nella sua composizione il Solid Textile Board riflette la disponibilità dei flussi di rifiuti tessili e costituisce un’alternativa a una serie di materiali esistenti, grazie al fatto di essere altamente flessibile nelle sue applicazioni.
La regia dell’operazione è di Christien Meindertsma (artista e designer olandese, ndr) che, dopo aver studiato i contorni del fenomeno, ha confezionato anche un elegante e tecnicamente accurato progetto di comunicazione che descrive il modo in cui i resti di strofinacci, canovacci e lenzuola vengono trasformati nel nuovo materiale.
Nel 2015 Christien Meindertsma aveva dato vita a un’altra pubblicazione con l’editore Thomas Eyck: Bottom Ash Observatory, nella quale – grazie alle foto di Mathijs Labadie – mostrava le variazioni cromatiche ed espressive delle ceneri di combustione di un inceneritore che diventavano così opere di grande evocazione visiva. In entrambi i casi mostrando come sia possibile comunicare con efficacia e qualità estetica anche temi di emergenza ambientale considerati spesso solo espressione di bruttezza.
In quest’operazione Really ha coinvolto anche il designer Max Lamb affinché con le sue invenzioni dimostrasse le possibilità di impiego del Solid Textile Board. La sua serie di 12 panchine da un lato costituisce un suo personale percorso di esplorazione, ma dall’altro mostra il potenziale del Solid Textile Board e come si rapporta rispetto ad altri materiali impiegati per realizzare pannelli.
Il Solid Textile Board è un materiale ad alta tecnologia e qualità, ricavato al 70% dai flussi sopra descritti.
La sua fabbricazione non comporta l’uso di coloranti, acqua o sostanze chimiche tossiche e genera solo rifiuti riciclabili: alla fine il materiale usato può essere ri-granulato e trasformato in nuovi pannelli.
Paladina della progettazione circolare, Really incoraggia così concetti innovativi destinati ad allungare la durata del ciclo di vita delle risorse tessili visto, con l’obiettivo di arrivare a una soluzione a rifiuti zero.
Se nei tradizionali processi di riciclo, infatti i materiali si degradano, in questo caso – perfettamente circolare – si punta a riciclarli in modo che mantengano il loro pieno valore.
I pannelli di Solid Textile Board sono principalmente costituiti da cotone e lana, l’anima è in cotone bianco proveniente da lavanderie industriali, mentre gli strati esterni sono disponibili in quattro colori: bianco cotone, blu cotone, lana ardesia e lana naturale.
Grazie alle sue proprietà meccaniche i pannelli possono essere utilizzati come sostituto del legno e di compositi vari usati nell’arredamento e nell’architettura. La sua tattilità ed estetica, alquanto unica, lo rendono un’alternativa anche decorativa a materiali quali la pietra, il legno, il cartongesso e la muratura.
Un’alleanza tra Really e Kvadrat
Questi processi produttivi non nascono dall’oggi al domani: Really ha impiegato diversi anni a sviluppare il processo di produzione brevettato del Solid Textile Board. Tale processo di fabbricazione del tessuto non-tessuto include, tra le altre cose, lo sminuzzamento dei tessuti usati in piccole fibre e la loro miscelazione con un legante speciale che non degenera con il riutilizzo.
Con questo materiale Really ci lancia una suggestione: molti settori possono essere stimolati a ripensare il loro utilizzo delle risorse.
La proprietà di Really è attualmente al 52% di Kvadrat, leader in Europa nella produzione di tessuti di design di alta qualità e di prodotti associati ai tessuti per spazi privati e pubblici. Kvadrat ha un approccio responsabile alla produzione e ai processi che è quindi parte essenziale della propria filosofia aziendale e del proprio design.
Che cosa portiamo a casa da questa case history
Dall’esperienza di Really emerge che c’è sempre un modo efficace e intelligente, magari anche più originale di altri, per fare – e comunicare – un viaggio verso la sostenibilità.
E che quindi limiti non vi sono alla capacità dei materiali dismessi di diventare attrattivi e ritornare attraenti.
La pubblicazione Bottom Ash Observatory fa scuola, anzi deve farlo.
Chi ha l’ambizione oggi di inventare nuovi materiali processando i vecchi, oltre alla tecnologia necessaria, deve ricorrere al contributo del design, anche se talvolta può non bastare.
Ma affinché un designer tiri fuori da un’informale e ingenerosa materia qualcosa di vibrante serve anche una direzione artistica adeguata, serve indirizzarlo a immaginare scenari che vanno aldilà del prodotto.
I prodotti talvolta possono essere in sé anche esercizi di stile, ma perché funzionino (e quindi siano desiderabili e vengano acquistati) è necessario immaginare gli scenari in cui si collocano e saperli – parallelamente – raccontare e renderli evocativi. Si chiama marketing, si chiama story telling: a seconda dei periodi questa cornice cambia nome, ma resta importante quanto il prodotto.
Se chi si occupa di comunicazione questo lo sa bene, chi parte da un’esperienza aziendale pura può non saperlo o non averlo mai praticato.
Really e Kvadrat ci insegnano che combinando saperi e sforzi provenienti da direzioni diverse si può davvero arrivare a risultati molto suggestivi e ricchi di futuro.
E questo futuro è anche l’Europa che ce lo sta ridisegnando perché in tale direzione vanno tanti finanziamenti, in particolare rivolti al tessile, nel quale sono in corso un paio di promettenti progetti. Il primo è Trash-2-Cash, finanziato da Horizon 2020, che vede 19 partner internazionali impegnati nell’obiettivo di utilizzare rifiuti tessili e fibre di cellulosa non più recuperabili (zero-value) per creare prodotti di alta qualità grazie a nuove tecnologie orientate al design. L’altro è Life M3P progetto teso a valorizzare e promuovere nuove applicazioni di rifiuti industriali (anche tessili) ricorrendo al contributo di designer e allo scambio di best practice tra più paesi coinvolti.
Copenhagen Fashion Summit, www.copenhagenfashionsummit.com
I:Co, www.ico-spirit.com/en
Report Pulse of the fashion industry, tinyurl.com/ycrsxva3
Really, www.reallycph.com
Bottom Ash Observatory, tinyurl.com/y9xzgc2m
Max Lamb, www.maxlamb.org
Trash-2-Cash, trash2cashproject.eu
Life M3P, www.lifem3p.eu