La denuncia dell’Agenzia UE per l’Ambiente: tra il 2012 e il 2018 la perdita di suolo in Europa ha riguardato soprattutto i sobborghi e le zone semi rurali che rivestono un ruolo chiave per l’equilibrio ambientale. Gravi le conseguenze per il clima.

Meno 3581 chilometri quadrati, pari a oltre il doppio dell’area metropolitana di Londra: è la misura del consumo di suolo registrata in Europa tra il 2012 e il 2018 secondo i dati diffusi dall’ultimo rapporto dell’EEA, l’Agenzia UE per l’Ambiente. Analizzando i numeri su 662 zone urbane funzionali (ovvero le città più i loro sobborghi) nell’Unione a 27 e nel Regno Unito, i ricercatori hanno così delineato la dimensione di un fenomeno preoccupante che impatta sulla vita della maggior parte delle persone. Le zone osservate, infatti, rappresentano meno di un quarto della superficie europea ma ospitano al tempo stesso il 75% della popolazione continentale.

Sobborghi nell’occhio del ciclone

Secondo gli autori, quasi l’80% del consumo di suolo sarebbe avvenuto nelle commuting zones, le cosiddette aree di pendolarismo. Si tratta, secondo la definizione ufficiale, di quei sobborghi strettamente collegati al sistema urbano in cui almeno il 15% dei residenti lavora in città. Questi spazi semi rurali, si legge nel rapporto, “sono spesso importanti per la fauna selvatica, il sequestro del carbonio, la protezione dalle inondazioni e la fornitura di cibo e fibre”.
Questi territori, dove l’uso della superficie risulta meno efficiente (“Le zone di pendolarismo hanno molte più aree artificiali per persona rispetto alle città”), sono dunque al centro di un fenomeno particolarmente pericoloso e dalle conseguenze potenzialmente devastanti.
“Il continuo consumo di suolo
distrugge la biodiversità e rende l’Europa sempre più vulnerabile ai disastri naturali“, precisano infatti gli autori. Al contrario, “Fermare il degrado del territorio e ripristinare le zone umide, le torbiere, gli ecosistemi costieri, le foreste, le praterie e i terreni agricoli è fondamentale per prevenire il declino della biodiversità e adattarsi ai cambiamenti climatici”.

Romania e Slovacchia centrano i primati negativi

Nell’analisi per tipologia di terreno, le terre coltivabili rappresentano la categoria più colpita con un impatto esteso per 1694 km2, equivalenti al 47% del suolo consumato in Europa tra il 2012 e il 2018. A seguire le terre da pascolo (1276 km2, 36%). La perdita di foreste ha interessato solo 338 km2.
“Le principali spinte al cambiamento nell’uso del suolo che causano questi fenomeni”, precisa il rapporto, “sono l’espansione delle unità industriali e commerciali, la diffusione delle aree residenziali e lo sviluppo dei cantieri”.
Tra i Paesi più colpiti c’è la
Romania dove il consumo di suolo ha interessato il 9% circa della superficie dei sobborghi. Alla Slovacchia spetta invece il poco invidiabile primato dell’acquisizione di terreno urbano (3,9%). Tra le nazioni meno danneggiate si segnalano Malta, Grecia e Slovenia. L’Italia registra percentuali relativamente basse: 1,81% nelle città, 2,13% nei sobborghi.

L’impermeabilizzazione del suolo interessa quasi 1500 km2

Uno dei fenomeni più preoccupanti resta quello del cosiddetto soil sealing, l’impermeabilizzazione del terreno. Questo processo ha interessato 1467 km2 con conseguenze gravi per clima e ambiente. La copertura impermeabile del suolo, infatti, impatta sulla capacità di sequestro del carbonio da parte di quest’ultimo. Secondo gli autori, la perdita registrata nei sette anni in esame ammonta a 4,2 milioni di tonnellate dell’elemento.
Ma non è tutto. Oltre a danneggiarne la biodiversità, infatti, il
soil sealing nelle pianure alluvionali urbane fa aumentare gli effetti delle alluvioni impedendo l’assorbimento dell’acqua nei terreni. In queste zone, notano i ricercatori, l’impermeabilizzazione nel periodo 2012-18 è cresciuta del 2,4% mangiandosi circa 146 mila ettari. Tra le cause principali lo sviluppo di nuove aree industriali, commerciali e pubbliche. Nonché l’espansione delle aree residenziali e dei cantieri edili.

L’Europa deve fissare target vincolanti per la tutela del suolo

Allo stato attuale, ricorda lo studio, in Europa non esistono politiche vincolanti sul consumo di suolo e sull’impermeabilizzazione. Le basi per nuove regole, tuttavia non mancano, visto che la Soil Strategy UE chiede ai Paesi membri di fissare obiettivi di riduzione del fenomeno fino al raggiungimento della neutralità nel 2050. Quando, auspicabilmente, l’ammontare di superficie consumata non dovrebbe più eccedere la quantità ripristinata.
Non meno importante è la
Strategia per la Biodiversità che impone la rigenerazione degli ecosistemi colpiti dal fenomeno. A sostegno della richiesta anche l’analisi dell’Intergovernmental Science‑Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) che identifica nell’espansione urbana una delle principali cause di perdita della varietà naturale a livello globale. A fronte di queste premesse, concludono i ricercatori, “l’Europa non può continuare a mantenere queste dinamiche di occupazione del suolo, esponendosi ai disastri naturali a causa della continua perdita di funzioni ecosistemiche e sperimentando al contempo una riduzione della biodiversità”.

Immagine: Troy Mortier (Unsplash)

Questo articolo è stato pubblicato su resoilfoundation.org