Nel suo primo anno di attività Foresta Italia - campagna promossa da Rete Clima, Coldiretti e PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification schemes) - ha interessato 17 regioni italiane e 42 siti urbani ed extraurbani nei quali sono stati piantati circa 60 mila alberi 100% da filiera italiana, con certificato di provenienza e passaporto fitosanitario.
I risultati sono stati illustrati il 14 giugno a Palazzo Rospigliosi, a Roma, nel corso dell’appuntamento “Foresta Italia: l’impegno delle Aziende per un’Italia più verde e sostenibile" alla presenza dei vertici di Rete Clima, della Coldiretti, dei Carabinieri Forestali, del Masaf, di Roma Capitale e dei rappresentanti delle 30 aziende che hanno sostenuto le varie progettualità della campagna.
Rete Clima, Coldiretti, PEFC: ecco quali sono gli obiettivi di Foresta Italia
La campagna Foresta Italia nasce per realizzare progetti forestali nazionali quali vere e proprie NBS (Nature Based Solutions), con lo scopo di aumentare la naturalità dei territori e le connessioni ecologiche locali, migliorando la qualità della vita dei cittadini e contribuendo a contrastare il riscaldamento climatico.
Nell’ambito della campagna è nato anche ForestLab, il laboratorio di Rete Clima che coinvolgerà anche Università e Centri di ricerca nazionali con l’obiettivo di sperimentare nuovi modelli gestionali per le foreste urbane ed extraurbane.
“Piantare alberi è un investimento sul futuro – ha dichiarato Ettore Prandini, Presidente Coldiretti– per questo come Coldiretti siamo felici di collaborare con Rete Clima nel sensibilizzare tutti gli italiani. Crediamo che possa essere un’opportunità di educazione ambientale e di cura del Pianeta, così come una possibilità economica per i nostri vivaisti forestali privati. Puntare sulla filiera 100% italiana garantisce alla biodiversità locale di crescere e alle nostre città di avere un alleato in più contro l’inquinamento. E puntiamo sulla giusta retribuzione delle piante, nel massimo rispetto della legge contro le pratiche sleali”.
La stessa Coldiretti, principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo, come annunciato dal Segretario Generale Vincenzo Gesmundo durante i lavori, si sta preparando alla piantumazione di 20 milioni di alberi, che sarà necessario custodire: “Troppo spesso stiamo assistendo a piantumazioni seriali che creano entusiasmo ma poi non vengono seguite. Questo non lo permetteremo”.
Progetti forestali: l’importanza di un metodo (anche oltre il PNRR)
“Piantare alberi è un gesto semplice, però richiede un metodo. Un metodo legato alla pianificazione della coltivazione delle piante, ma anche a progettazione, realizzazione, manutenzione, rendicontazione. Attività che devono essere inquadrate all'interno di un metodo di lavoro chiaro, che consenta di gestire in maniera pensata e ragionata l'intera filiera” spiega a Materia Rinnovabile Paolo Viganò, Fondatore e Presidente Rete Clima, ente non profit che da oltre 10 anni realizza progetti di decarbonizzazione per le Aziende, sviluppa soluzioni di CSR, promuove nuova forestazione nazionale a livello urbano ed extraurbano.
Un metodo, che come evidenziato dalla Corte dei Conti nel marzo scorso, sembra essere mancato. Ammontano infatti a 330 milioni di euro le risorse PNRR destinate alla “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”, investimento legato alla realizzazione dei due obiettivi europei relativi alla piantumazione di 1.650.000 alberi entro il 31 dicembre 2022 e di altri 6.600.000 entro la fine del 2024
Le criticità riscontrate dalla Corte riguardavano sia i progetti già finanziati con risorse nazionali e poi confluiti nel PNRR (i “progetti in essere”) - per i quali sono stati riscontrati ritardi nella piantumazione degli alberi, oltre all’inefficacia della loro messa a dimora, con piante rinvenute, in alcuni casi, già secche - sia i progetti cosiddetti “nuovi”, per i quali la piantumazione risultava appena avviata. I controlli svolti dai Comandi territoriali dei Carabinieri rilevavano che solo alcune Città metropolitane sono andate oltre la fase di progettazione e la quasi totalità di esse ha piantato in vivaio semplici semi, invece di collocare piante già cresciute nei luoghi prescelti.
Criticità che potrebbero essere in parte appianate grazie all’introduzione di strumenti come i contratti di coltivazione. “Con i contratti di coltivazione si va a sottoscrivere un accordo di ritiro di un numero definito di piante nell'arco di un certo periodo di tempo, normalmente si prevede una pianificazione almeno triennale. – continua Viganò. Questo è importantissimo perché vuol dire per agricoltore e vivaista pianificare con calma la produzione e contare su una fonte di reddito garantita. Inoltre, se voglio creare un impianto composto, naturaliforme, con specie autoctone lo stesso committente può decidere cosa far coltivare all'agricoltore”.
È stata invece Eleonora Mariano, Responsabile progetti PEFC Italia, a sottolineare l’importanza dei piani di gestione: “Fare pianificazione significa conoscere il territorio su cui si opera e sapere in che direzione si vuole andare. Sembra quasi ovvio che, come in una città, ci sono i piani urbanistici, anche per le aree forestali ci dovrebbero essere i piani di gestione. In realtà, secondo il Rapporto sullo stato delle foreste e del settore forestale, in Italia solo il 18% circa della superficie forestale nazionale ha un piano di gestione”.
Misurazione, pianificazione, tracciabilità: quali sono le esigenze delle aziende
Sono 30 le aziende che hanno deciso di sostenere la campagna Foresta Italia e declinare in maniera concreta i propri obiettivi di politica ambientale. Tra queste Gruppo Tim che, nel 2022, ha piantato 150 alberi all’interno di un evento di riqualificazione forestale Parco Nord di Milano e si è impegnata in un progetto per la gestione forestale sostenibile in Umbria, nelle aree della Foresta di Città della Pieve – Piegaro.
“TIM integra i temi di sostenibilità nella pianificazione strategica definendo target ESG che sono parte del piano industriale. Siamo la seconda azienda energivora in Italia, ed è per questo che dal 2020 abbiamo 12 target ESG, sei dei quali sono focalizzati sulla parte ambientale, e in gran parte sulle nostre emissioni, che nel 2022 raggiungono oltre i 5 milioni di ton di C02 eq. Siamo focalizzati sulla riduzione delle emissioni di scope1, di scope2 e soprattutto di scope3, che nel nostro caso raggiungono ben il 90% del nostro totale emissivo”, ha raccontato a Materia Rinnovabile Laura Esposito Head of Sustainability projects&relations with ESG rating agencies di TIM.
“La sfida, sia per TIM che per le aziende che scelgono di fare seriamente questa attività, sta quindi nell'impegnarsi con obiettivi di medio e lungo termine e nell’individuare progetti che ne possano garantirne concretamente il raggiungimento. Aspetto che si traduce in una grande attività di ricerca e creatività, per trovare nuove soluzioni. Un altro tema su cui lavorare è la misurazione, in particolare sulle emissioni di scope 3. Oggi i sistemi di rendicontazione sono in evoluzione e per fortuna la normativa europea ci viene progressivamente in aiuto, ma ancor prima di ridurre le emissioni lungo la supply chain serve una misura chiara e univoca per identificare gli impatti ESG dei nostri fornitori e dei loro prodotti e servizi.”
Immagine: Sophie N (Unsplash)