In modo “addizionale e complementare” rispetto al mercato, anche istituti di promozione nazionale come l’italiana Cassa Depositi e Prestiti (CDP) spingono crescita sostenibile e transizione circolare. Ma quali criteri devono guidare gli investimenti?
Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è l’Istituto di Promozione Nazionale italiano. Solo nel 2021 ha impegnato circa 24 miliardi di euro, attirando ulteriori risorse di terzi per un totale pari a 35 miliardi di euro di investimenti attivati. Un ruolo e un portafoglio che impongono – attraverso l’impiego del risparmio del Paese - di favorire crescita e occupazione, sostenendo l’innovazione e la competitività delle imprese, delle infrastrutture e del territorio con finanziamenti, strumenti di equity, garanzie e consulenza tecnica.
Tutti servizi che, in tempi di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, procedono paralleli all’advisory della Pubblica Amministrazione, centrale e locale, per l’impiego dei fondi statali ed europei.
Per capire quali principi guidano l’azione dell’Istituto nel sostegno della transizione verde e circolare, Materia Rinnovabile ha intervistato Elena Shneiwer, Responsabile sostenibilità e patrimonio artistico di CDP.
Riguardo il ruolo di CDP nella transizione circolare, cosa significa effettuare interventi “addizionali e complementari” rispetto al mercato?
Addizionalità e complementarità sono due parole chiave del nostro Piano strategico, che punta a creare degli standard d'avanguardia con particolare attenzione ai settori ESG. Addizionalità significa andare a valutare dei progetti di investimento, in mercati più maturi, dove si può avere un reale valore aggiunto, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo sostenibile, anche attraverso un approccio di catalizzatore di risorse di altri investitori. La complementarità riguarda invece il sostegno alla creazione di nuovi mercati e aree un po’ più di frontiera. Proprio sull'economia circolare, abbiamo voluto creare delle linee guida - pubblicate a settembre 2022 - che ci permettessero di identificare quelle che sono le aree di focus, definendo indicatori di misurazione della performance e di valutazione di quanto le iniziative fossero strategiche.
Perché si sono rese necessarie delle linee guida?
Per la sua missione, un istituto nazionale di promozione ha bisogno di un orientamento per capire quali settori possono portare alla crescita sostenibile. Nel Piano Strategico 2022-2024 abbiamo quindi individuato dieci campi d'azione, a cui corrispondono altrettante linee guida, che ci consentiranno di definire la priorità degli investimenti. In particolare, le linee guida relative all'economia circolare sono fondamentali perché non esistono né una definizione univoca su cosa sia l'economia circolare né set di indicatori o di monitoraggio talmente forti da poter dire investo o non investo.
Che priorità avete individuato in Italia?
A livello di scenario, ci sono luci e ombre. A causa della scarsità delle materie prime, l'Italia ha un primato europeo in termini di recupero ed efficienza nell'utilizzo delle risorse. Allo stesso tempo, però, ci sono tre ordini di carenze molto forti.
Una molto nota è quella dell'insufficiente dotazione impiantistica per il trattamento dei rifiuti. In secondo luogo, c’è un mercato delle materie prime seconde poco sviluppato che, per competere con le materie prime vergini, vede difficoltà a livello di costi e investimenti. Terzo punto riguarda le filiere innovative del riciclo. Dalla nostra analisi emerge che uno degli elementi più importanti per sviluppare l'economia circolare sono le nuove imprese (startup, brevetti, innovazioni).
A livello territoriale c'è poi un elemento caratterizzante, che vale per l'economia circolare, ma anche per altri settori: queste carenze sono pronunciate soprattutto nel Centro-Sud, dove soprattutto il recupero di energia dei rifiuti stenta ad avere una dimensione adeguata alle medie europee.
Tra le missioni di CDP vi è il supporto di quei settori in cui il mercato da solo non riesce a mobilitare risorse adeguate in termini di volume di crescita. In quanto consiste oggi questo gap?
Il primo dato rilevante riguarda i partenariati pubblici e privati all'estero e in Italia, cioè come il pubblico lavora nel privato a livello di sostenibilità. In Italia tra il 2015 e il 2019 abbiamo avuto circa 3,6 miliardi di investimenti. In Francia parliamo di 12,5 miliardi, più di tre volte tanto.
Altro dato riguarda le fasi di progettazione e autorizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti, che avendo una durata media di 2,9 anni, incidono per oltre il 60% sui tempi di realizzazione. A pesare sono in particolare i cosiddetti “tempi di attraversamento”, ossia i tempi morti che intercorrono tra le diverse fasi e consistono in attività accessorie, amministrative e burocratiche. CDP ha quindi creato un Competence Center specifico per l’economia circolare per dare supporto alle nostre controparti.
CDP è una realtà particolare, avendo il compito di raccogliere e gestire in modo sostenibile il risparmio degli italiani. Come funziona concretamente?
Rispetto alla raccolta siamo tra i principali emittenti italiani, con 8 emissioni dal 2017, per circa 5,5 miliardi raccolti. Lo scorso settembre abbiamo lanciato un nuovo Sustainability Bond di 750 milioni di euro finalizzato a investire in progetti green e social. Per la prima volta in un’emissione ESG di CDP, i proventi saranno dedicati anche all’efficientamento energetico e alle energie rinnovabili, oltre che al settore idrico, alle infrastrutture sociali e alla crescita internazionale delle imprese italiane.
Recentemente, inoltre, a livello di imprese, abbiamo lanciato insieme a Unicredit il primo basket bond collegato strettamente al raggiungimento di obiettivi ESG. Ha una prima tranche di 48 milioni, mobilitando risorse per circa 100 milioni a favore della sostenibilità, con otto Pmi e MidCap coinvolte.
E come investimenti diretti?
A Gruppo Pietro Fiorentini, leader internazionali nella filiera del settore energetico, in particolare quella del gas naturale, abbiamo erogato 25 milioni di euro per nuove tecnologie che riducano l'impatto ambientale. L’operazione è stata inoltre collegata al raggiungimento di obiettivi occupazionali, il cui raggiungimento consente di ridurre il tasso di interesse applicato al nostro finanziamento.
A Vetrerie Meridionali, un'altra realtà che nasce nel Sud, abbiamo finanziato 12 milioni di euro per la costruzione - a Castellana Grotte (Bari) - del primo forno a idrogeno. Finanziamento che si lega non solo alla finalità di efficientamento energetico. Questo forno è un'applicazione industriale di un progetto di ricerca scientifico sviluppato nell'ambito del programma Life dell'Unione Europea.
E rispetto all’innovazione?
Nel 2022 abbiamo lanciato un polo di trasferimento tecnologico che si chiama Tech4Planet, attivo proprio nei settori dell'economia sostenibile, tra cui la circular economy. Stimiamo un complessivo effetto leva di oltre 130 milioni di euro in 4 anni per la creazione e lo sviluppo di più di 60 nuove aziende.
Tra gli investimenti diretti, per esempio, Cdp Venture Capital ha partecipato alla raccolta da 2,5 milioni di euro di Rubber Conversion, start up innovativa che si occupa di riciclo della gomma da prodotti e scarti pre e post consumer.
A Cop27 si è ribadita la necessità di riformare le Multilateral Development Bank. CDP, in quanto Istituzione Finanziaria italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, come si allinea a questo forte mandato siglato da ben 196 Paesi?
L'intenzione di riforma fatta a COP27 è rivolta non solo a investire come singoli attori ma soprattutto a gestire questi progetti in maniera integrata. A livello di cooperazione internazionale e finanza per lo sviluppo, l'Italia ha infatti dei ritardi da colmare rispetto agli altri Paesi. Basta dire che tra il 2019 e 2021 il contributo al Pil è stato di circa lo 0,2%, mentre i valori di Francia, Germania e Regno Unito oscillano tra 0,5% e 0,7%.
In termini di finanza per il clima l’Italia ha mobilitato appena 0,5 miliardi di dollari a fronte dei 6-8 miliardi di Francia e Germania. Per aumentare il contributo, proprio a COP27, è stato lanciato il Fondo italiano per il clima, istituito dal Governo e gestito da CDP, e che avrà una dotazione record di circa 4,2 miliardi di euro in cinque anni (l'operatività partirà nel 2023). Un unicum nel panorama europeo.
Come gestori di queste risorse, a livello di cooperazione avete già stabilito delle linee guida?
Abbiamo individuato due macroaree per l'azione nei Paesi in via di sviluppo: da un lato la crescita sostenibile e inclusiva attraverso lo sviluppo di filiere locali e dall'altra la tutela del clima e dell'ambiente, all'interno della quale c'è tutta una parte dedicata anche all'economia circolare. Proprio rispetto a questa abbiamo in previsione delle nuove iniziative insieme alle banche multilaterali di sviluppo.
Che impatto avrà nei prossimi anni la richiesta sempre crescente da parte del mondo finanziario di disclosure?
Dal nostro punto di vista anche disclosure e rendicontazione saranno sempre più circolari. Con la CSRD e la tassonomia europea, la spinta a valutare gli impatti delle proprie attività non sarà più stand alone, quindi legata a singole iniziative di un'azienda. Anche CDP non avrà più la disclosure o il singolo bilancio di sostenibilità, ma avremo rendicontazioni circolari che coinvolgono le controparti, che andranno aiutate a capire che le informazioni non finanziarie ormai sono necessarie per essere riconosciuti dal mercato come aziende sostenibili, senza le quali c'è un forte rischio di essere tagliati fuori dal finanziamento. Questo è un ruolo che grandi player come il nostro possono e devono avere nei prossimi mesi.
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