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Come si potrebbero surclassare quasi 4 miliardi di anni di ricerca e sviluppo? Da quando hanno fatto la comparsa i primi organismi (a oggi mappati in Sud Africa e Australia), la natura si è costantemente evoluta, perfezionata, complessificata. Se non v’è certezza dell’abiogenesi – non esiste una teoria standard sull’inizio della vita – sappiamo bene a cosa abbiano portato i primi amminoacidi, i primi ribosomi, le prime catene proteiche che hanno mescolato acqua, metano, solfati, acido solfidrico: un’immensa tela di vita organica che persegue un incerto equilibrio e che tende alla sua autoriproduzione. Un mondo di organismi che ha seguito un processo evolutivo storico-collettivo, diacronico, popolazionale.

In ogni ecosistema gli organismi – vegetali prima, animali poi – hanno sviluppato funzioni che hanno permesso un costante adattamento alle complesse dinamiche della natura, trovando spazio tra i coni vulcanici marini, i ghiacci artici, le sabbie desertiche e creando simbiosi complesse dove la vita di un organismo garantisce quella di molti altri: dalle mangrovie ai canneti, dai coralli e le alghe azzurre alle bufaghe e i grandi mammiferi.

L’evoluzione umana è stata diversa: con l’avvento della modernità e la grande accelerazione della trasformazione terrestre antropica, l’economia umana si è slegata dall’ecologia (e si noti la radice comune oikos), governata dall’invincibile positivismo della technè. La tracotanza umana della ragione ci ha portato a pensare di poter governare in maniera totale le forze della natura con soluzioni umane, sintetiche, tecnologiche. Che hanno portato in molti casi all’estinzione di quelle specie alla base dei servizi ecosistemici fondamentali per la nostra esistenza.

“Oggi sappiamo che il 75% degli ambienti delle terre emerse e circa il 66% degli ambienti oceanici sono stati significativamente alterati dall’intervento umano”, spiega Gianfranco Bologna, editorialista di questo numero. “Più di un terzo della superficie delle terre emerse e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono destinati alla produzione agricola e zootecnica. Il degrado del suolo ha ridotto la sua produttività del 23% della superficie delle terre emerse. La biomassa di tutti i mammiferi (la classe di animali cui apparteniamo) è oggi costituita per il 60% da bovini, ovini, caprini, suini, equini, e tutti gli altri mammiferi da allevamento, mentre il 36% è costituito da più di 8 miliardi di esseri umani e solo il 4% è costituito da tutte le specie selvatiche, dalla balenottera azzurra ai toporagni.”

Una parziale inversione di cotanta distruzione la si può ottenere iniziando a fare ricorso a soluzioni basate interamente sulla natura, tornando a collaborare con essa per garantire il benessere di tutti gli esseri viventi. Sebbene parziale, data la mole estesa di servizi ecosistemici che possono essere garantiti dalle specie di questo pianeta, questo numero racconta delle Nature-based Solutions che si possono adottare nell’economia globale. Dalla rigenerazione dei suoli alle infrastrutture verdi, dalla gestione dell’acqua attraverso il rimboschimento alle barriere di sabbia a difesa degli ecosistemi costieri, questo numero, curato in collaborazione con la naturalista Valeria Barbi, offre una panoramica su come si stia diffondendo il concetto di Nature-based Solutions e di come esse possano offrire soluzioni scalabili in tantissime aree dell’economia. Abbiamo parlato con l’economista Partha Dasgupta del valore degli ecosistemi, approfondito il complesso tema del rewilding, analizzato le soluzioni basate sulla natura in architettura, scoperto come gestire la risorsa idrica senza mega infrastrutture, studiato il ruolo delle NbS nell’adattamento ai cambiamenti climatici e delineato nuovi strumenti finanziari come i biodiversity credits.

Crediamo che il tema della biodiversità e della tutela della natura sia fondamentale per la stabilità economica e politica globale. E speriamo che Materia Rinnovabile abbia dato ancora una volta un piccolo contributo al dibattito sulla transizione economica.

 

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In copertina: Cribraria Slime Molds - Barry Webb