I meeting primaverili a Washington DC di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale erano molto attesi dal mondo finanziario ed economico, così come dal mondo ecologista e della società civile. Al cuore di tutta questa attenzione, oltre sfida perdurante di ridurre la povertà, l’annuncio di investire di più per contrastare la crisi climatica e sostenere uno sviluppo a basse emissioni, riducendo il debito delle economie più vulnerabili.

Banca Mondiale: 50 miliardi in più per le sfide del clima

La Banca Mondiale ha annunciato che ridurrà di un punto percentuale il rapporto tra capitale proprio e prestiti, passando dal 20% al 19%, liberando altri 4 miliardi di dollari per i prestiti agevolati ai Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo più importante però è che l’istituto arriverà a prestare fino a 50 miliardi di dollari in più nel prossimo decennio per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare le sfide del clima e dello sviluppo, che serviranno per movimentare capitali privati ben più rilevanti. A sostegno di quella che è conosciuta come hybrid finance è stato lanciato dall’istituzione un programma pilota di capitale ibrido per attirare gli investitori del settore privato. Secondo i comunicati della Banca Mondiale, il miliardo di dollari di capitale ibrido mobiliterà circa 6 miliardi di dollari di prestiti, anche se in generale potrebbe aumentare il costo dei prestiti per i Paesi a basso reddito.

FMI: 100 miliardi di SDR per transizione ecologica e lotta alla povertà

Al Fondo Monetario Internazionale invece l’attenzione si è concentrata sull’emissione di nuovi SDR, Special Drawing Rights, i Diritti Speciali di Prelievo, e sulla ri-allocazione di 100 miliardi di dollari di SDR esistenti detenuti da Paesi industrializzati attraverso le Banche Multilaterali di Sviluppo per sostenere la lotta alla povertà e la transizione ecologica. Il Giappone ha raddoppiato il suo impegno di ricanalizzazione dei diritti speciali di prelievo, portandolo dal 20% al 40%, per contribuire ad aumentare l'accesso dei Paesi più poveri alla valuta speciale del FMI. Con questo annuncio, il Giappone è il Paese che si è impegnato maggiormente, seguito dalla Cina, che ricanalizzerà oltre un quarto dei suoi DSP. In Europa, la Francia è stata uno dei primi Paesi a reindirizzare il 30% dei suoi SDR ai Paesi in via di sviluppo e ora chiede agli altri di fare lo stesso. Nessun annuncio da Italia o Germania.

Quale direzione per la roadmap della Banca Mondiale?

Per molti la questione irrisolta però è la tabella di marcia della Banca Mondiale, la Evolution Roadmap. Sarà centrale capire quanto velocemente avverrà la transizione verso la finanza per il clima, proprio ora che David Malpasse, criticato in passato come climanegazionista, sta lasciando il testimone al presidente entrante, Ajay Banga, il 63enne americano nato in India e presidente esecutivo di lunga data di Mastercard, ben apprezzato dagli americani, ma non inviso alla Cina.

“Gli Incontri di Primavera del 2023 hanno permesso cambiamenti incrementali, come la Evolution Roadmap della Banca Mondiale; ma è necessario molto di più per ripristinare la fiducia dei Paesi vulnerabili al clima”, ha commentato Laurence Toubiana, Ceo di European Climate Foundation. “I vecchi tabù sono stati infranti e le richieste di trasformazione completa dell'architettura finanziaria sono ora al centro dell'attenzione. L'attuale architettura finanziaria internazionale non è adatta allo scopo e non dà risultati per i Paesi vulnerabili al clima e con problemi di debito. La correzione delle iniquità fondamentali dell'attuale sistema inizia con la crisi del debito. È fondamentale non sprecare lo slancio. Il Vertice per un nuovo patto di finanziamento che si terrà in giugno a Parigi deve produrre risultati concreti per quanto riguarda la riduzione del debito, i nuovi finanziamenti agevolati e le sovvenzioni, nonché la mobilitazione del settore privato".

Crisi climatica e debito dei Paesi in via di sviluppo

I livelli di debito delle economie emergenti e in via di sviluppo (EDME) sono più che raddoppiati, passando da 1400 miliardi di dollari a 3900 miliardi di dollari, dalla crisi finanziaria globale del 2008, secondo un nuovo rapporto pubblicato dal Global Policy Centre dell'Università di Boston.

Per tornare a livelli di sostenibilità del debito è necessario ristrutturare oltre 812 miliardi di dollari in tutte le classi di creditori per 61 Paesi identificati come in difficoltà o ad alto rischio di sofferenza del debito, un lavoro mastodontico. Questo si lega in particolare alla capacità di molti Paesi di adattarsi o mitigare il cambiamento climatico. Infatti, secondo un'analisi di ActionAid, il 93% dei Paesi più vulnerabili alla crisi climatica è a rischio significativo o è già in sofferenza debitoria, mentre il 60% dei Paesi più vulnerabili al clima probabilmente taglierà la spesa per i servizi pubblici, compresi gli investimenti nell'azione per il clima, per continuare a servire i propri debiti.

Durante gli incontri del FMI, i Paesi africani hanno richiesto un momento “Gleneagles" per l'Africa, in riferimento al summit G8 del 2005, dove si decise la cancellazione del debito per diversi Paesi in difficoltà. La congiuntura economica però non è buona, visto che FMI ha ridotto l’outlook sulla crescita globale e i tassi di prestito rimangono altissimi. “Si prevede che i Paesi a basso reddito dovranno affrontare impatti particolarmente duri a causa dell'aumento dei costi di prestito (dovuto all'aumento dei tassi di interesse) e del calo della domanda per le loro esportazioni, che potrebbe alimentare la povertà e la fame”, ha dichiarato Kristalina Georgieva, direttrice generale del FMI.

L'ultimo World Economic Outlook del FMI, pubblicato l'11 aprile, mostra pochi miglioramenti nelle prospettive globali rispetto al precedente aggiornamento, indicando un leggero calo della crescita al 2,8% quest'anno (0,1 punti percentuali in meno rispetto alle proiezioni di gennaio).

Immagine: World Bank (official)