Abbondanza di biomassa non alimentare e di terra e risorse naturali disponibili, una biodiversità che ha pochi uguali nel mondo e un’industria chimica e biotecnologica che punta sull’innovazione, con il settore dei biocarburanti a rappresentare una vera e propria punta di diamante. Sono queste le caratteristiche principali della bioeconomia in Brasile, che fanno del paese sudamericano uno dei principali attori a livello globale in questo metasettore. Nonostante l’assenza di una strategia integrata sulla bioeconomia, dai primi anni settanta, quando fu necessario rispondere allo shock petrolifero, ad oggi il Brasile ha introdotto una serie di politiche che hanno promosso l’avvento del bioetanolo e, più recentemente, la conservazione e l’uso sostenibile della sua biodiversità a fini economici.

 

Il ruolo del bioetanolo

Il Brasile ha più di 400 fabbriche di canna da zucchero in grado di processare circa 700 milioni di tonnellate all’anno. Con l’istituzione nel 2011 del programma Paiss da parte della Banca di sviluppo brasiliana, il paese è balzato alla ribalta della produzione di etanolo cellulosico, con due impianti commerciali e un impianto pilota con una capacità produttiva di quasi 140 milioni di litri all’anno, ed è secondo solo agli Stati Uniti. Altri dieci impianti commerciali sono in cantiere per il prossimo decennio e forniranno capacità produttive vicine a 10 miliardi di litri all’anno di etanolo di seconda generazione. Già oggi, il Brasile è stato capace di sostituire quasi il 42% del fabbisogno di benzina con l’etanolo da zucchero di canna, rendendo la benzina il combustibile alternativo nel paese. Nel 2015-2016, la produzione brasiliana di bioetanolo ha raggiunto 30,23 miliardi di litri (8 miliardi di galloni). La maggior parte di questa produzione viene assorbita dal mercato interno dove viene venduta come puro combustibile a etanolo o miscelata con benzina. Tutta la benzina venduta in Brasile include una miscela di etanolo dal 18 al 27,5%.

Nove su dieci delle nuove auto vendute nel paese latino-americano sono flessibili nell’impiego di biocarburante, perché la maggior parte degli automobilisti brasiliani preferisce l’etanolo da canna da zucchero per il suo prezzo e i benefici ambientali. Questi veicoli oggi rappresentano circa il 70% dell’intera flotta di veicoli leggeri del paese. Dal 2003, la combinazione di veicoli a base di etanolo e benzina ha ridotto le emissioni di biossido di carbonio di oltre 350 milioni di tonnellate. Ciò – dicono gli esperti – è positivo per l’ambiente al pari di piantare e mantenere 2,5 miliardi di alberi per 20 anni.

Allo stato attuale l’etanolo di canna da zucchero è ottenuto dal saccarosio presente nel succo di canna da zucchero e nella melassa, un processo che attinge solo un terzo dell’energia che la canna da zucchero può offrire. Gli altri due terzi rimangono bloccati nella fibra di canna avanzata (chiamata bagassa) e nella paglia. Mentre parte di quest’energia è convertita in bioelettricità, dal materiale vegetale rimasto si può produrre etanolo cellulosico, grazie a un processo che coinvolge tecnologie di idrolisi e gassificazione per scomporre la lignocellulosa nello zucchero. Se da un lato l’etanolo cellulosico può essere prodotto da materie prime abbondanti e diverse, dall’altro la sua produzione richiede una maggiore quantità di elaborazione rispetto all’etanolo di canna da zucchero tradizionale ed è quindi più costosa. Il mercato si sta comunque espandendo e al momento ci sono due impianti commerciali che producono etanolo cellulosico in Brasile: uno appartiene al gruppo GranBio e l’altro alla Raizen. La loro capacità produttiva è, rispettivamente, di 82 e 40 milioni di litri.

 

L’iniziativa RenovaBio

A dare nuovo impulso al settore del bioetanolo è arrivato a fine dicembre la firma del presidente del Brasile, Michel Temer, alla legge che definisce la politica nazionale dei biocarburanti (RenovaBio), favorendo la produzione di etanolo e biodiesel e stabilendo obiettivi annuali di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. La legge fa parte degli impegni sottoscritti dal Brasile nell’accordo globale sul clima di Parigi, che prevedono la riduzione del 43% delle emissioni di gas serra, considerando come base l’anno 2005.

Il programma dovrebbe favorire l’aumento della produzione di biocarburanti nel paese con un regolamento che prevede l’acquisto di titoli di “decarbonizzazione” (Cbio) emessi da produttori e importatori. Analisti e specialisti stimano che, stabilizzando un settore fortemente indebitato e che ha registrato la chiusura di diverse unità produttive negli ultimi anni, RenovaBio potrebbe attirare nuovi investimenti nel settore industriale, favorendo anche un movimento di fusioni e acquisizioni.

Il provvedimento potrebbe inoltre favorire la quotazione in borsa di nuove fabbriche di lavorazione di canna da zucchero in un settore che conta già la presenza sul mercato azionario di società come Cosan, Biosev e Sao Martinho. 

“Il programma crea una politica chiara e a lungo termine per i biocarburanti, gettando le basi per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 in modo da contenere il riscaldamento globale e contribuire alla fornitura di carburante del nostro paese”, ha dichiarato alla stampa brasiliana Luis Roberto Pogetti, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Copersucar, leader mondiale nel commercio di zucchero ed etanolo. “Siamo sostenitori di RenovaBio e siamo impegnati nella sua regolamentazione in quanto le questioni ambientali e di approvvigionamento richiedono decisioni politiche urgenti”, ha aggiunto Pogetti.

L’obiettivo della nuova legge è il raddoppio del consumo di etanolo in Brasile. Tuttavia, non sono state ancora definiti obiettivi vincolanti per stimare l’impatto complessivo del programma. 

 

La piattaforma BioFuture

L’importanza strategica del bioetanolo è testimoniata anche dall’iniziativa BioFuture Platform. Nel 2016, in occasione della Cop22 di Marrakech, il Brasile ha lanciato insieme ad altri paesi – tra cui Italia, Finlandia, Stati Uniti, Cina e Argentina – questa piattaforma con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo e la commercializzazione di combustibili a basso tenore di carbonio, le tecniche per la loro produzione e per la valorizzazione dei sottoprodotti. Il progetto cerca di contribuire a suo modo agli impegni stabiliti, non solo con l’Accordo di Parigi, ma anche con Rio +20 e con la formulazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibili delle Nazioni unite. Uno dei pilastri della piattaforma è rappresentato dai biocarburanti avanzati, o più precisamente quelli ottenuti dalla biomassa legnosa.

Lo scorso ottobre San Paolo ha ospitato la prima conferenza della piattaforma, la quale ha prodotto un Vision Statement volto a far entrare la bioeconomia sostenibile a basse emissioni di carbonio nell’agenda globale come soluzione urgente per combattere il cambiamento climatico e fornire un forte segnale ai mercati e agli investitori sul ruolo atteso per il settore nei prossimi decenni. “La piattaforma Biofuture è una parte fondamentale di uno sforzo necessario per rimettere la bioenergia nell’agenda globale”, ha dichiarato Rasmus Valanko, del World Business Council for Sustainable Development (Wbcsd). “È un meccanismo in cui i governi, il settore privato e il mondo accademico sono in grado di cooperare in modo molto dinamico.” 

 

La grande industria

Con il bioetanolo faro della bioeconomia brasiliana, non può che essere questo il business principale della grande industria attiva in Brasile: Raízen, Braskem e GranBio sono i maggiori attori del settore, con un ruolo di leadership a livello globale.

Frutto di una joint venture tra Cosan e Shell, Raízen è una delle cinque più grandi aziende del Brasile in termini di entrate e il terzo distributore di carburanti del paese sudamericano. È anche il principale produttore brasiliano di canna da zucchero e di etanolo e il più grande esportatore mondiale di zucchero di canna. Raízen Combustíveis, il ramo che distribuisce il carburante della società, gestisce una rete di distribuzione nazionale di oltre 6.000 stazioni di servizio Shell, 960 negozi e 67 terminali di distribuzione, così come il servizio di distribuzione di carburanti per aviazione in 64 aeroporti. Raízen Energia produce annualmente oltre 4,1 milioni di tonnellate di zucchero e 2,1 miliardi di litri di etanolo sia per il mercato interno sia per quello di esportazione. I suoi impianti hanno una capacità di generazione di 940 MW di energia dalla bagassa di canna da zucchero.

Nel campo dell’etanolo è attiva anche Braskem, la più grande azienda petrolchimica delle Americhe e il principale produttore mondiale di biopolimeri. Braskem – oltre a produrre resine di polietilene (Pe), polipropilene (Pp) e polivinilcloruro (Pvc), nonché prodotti petrolchimici di base come etilene, propilene, butadiene, cloro, benzene, toluene ecc. – ricava dalla canna da zucchero anche biocarburanti e una bioplastica nota come “I’m Green”. Si tratta di un polietilene da fonti rinnovabili prodotto dal 2010, che ha consentito alla società brasiliana di essere leader mondiale nel settore delle bioplastiche.

L’innovazione prodotta da Braskem si basa sull’attività svolta in due moderni centri di tecnologia: il primo situato a Triunfo, in Brasile, considerato il centro di ricerca più grande e moderno in America Latina; il secondo a Pittsburgh, in Pennsylvania, negli Stati Uniti. Inoltre, dal 2010 la società brasiliana ha una propria struttura per la ricerca in biotecnologie e prodotti rinnovabili a Campinas. Gli otto centri pilota consentono lo studio dei processi di polimerizzazione e la produzione di monomeri rinnovabili. Nel 2008, l’impresa ha firmato un accordo di cooperazione con l’Università statale di Campinas (Unicamp) e la Fondazione per il sostegno alla ricerca dello Stato di San Paolo (Fapesp) per lo sviluppo di ricerche per percorsi di produzione di biopolimeri o polimeri da fonti rinnovabili. Nel 2009 ha siglato un accordo di cooperazione tecnologica con la società biotecnologica danese Novozymes, leader mondiale nella produzione di enzimi industriali, per sviluppare un nuovo percorso competitivo per il polipropilene verde, che Braskem aveva già ottenuto su scala di laboratorio nel 2008. E nel 2012 ha avviato una partnership con WR Grace & Co., leader mondiale nei catalizzatori, per sviluppare nuove tecnologie di processi e soluzioni di catalizzatori per l’ottenimento di prodotti chimici da fonti rinnovabili.

Al fianco dei colossi petrolchimici si trova una società puramente biotech, la GranBio, che sviluppa soluzioni per trasformare la biomassa in prodotti rinnovabili come biocarburanti, biochemicals, nanomateriali e sostanze nutritive. Costituita nel giugno del 2011 da Bernardo Gradin, GranBio gestisce in Brasile il primo impianto commerciale dell’emisfero meridionale per l’etanolo di seconda generazione (2G). La fabbrica, denominata Bioflex 1, è operativa da settembre 2014, ad Alagoas. La produzione di biocarburanti dalla paglia di canna da zucchero e dalla bagassa, la materia prima che fino ad allora era stata scartata o bruciata sul campo, colloca l’azienda tra le più sostenibili del pianeta nel suo settore. Scelta nel 2013 come una delle aziende più innovative in Sud America dalla rivista americana Fast Company, GranBio ha un centro di ricerca sulla biologia sintetica e una stazione sperimentale per lo sviluppo di nuove fonti di biomassa. Dal 2013, ha anche una partecipazione nella società americana di tecnologie pulite, American Process Inc., API. Nel settore delle sostanze biochimiche, è partner di Rhodia – una società del gruppo Solvay – in un progetto pioneristico a livello mondiale per la produzione di bio n-butanolo, utilizzato nella produzione di vernici e solventi. GranBio è controllata da GranInvestimentos S.A., una holding della famiglia Gradin, e ha BNDES Par, braccio di investimento della Banca di sviluppo brasiliana, come partecipante di minoranza, con il 15% del capitale totale.

 

Il ruolo della Banca di sviluppo brasiliana

Il grande sviluppo che ha caratterizzato l’industria dei biocarburanti in Brasile deve molto al ruolo di spinta svolto dalla Banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale (Bndes). Nel 2014, Bndes e il Fondo di finanziamento per l’innovazione e la ricerca (Finep) hanno annunciato un nuovo programma per incoraggiare l’innovazione agricola per l’industria brasiliana della canna da zucchero. L’obiettivo è di stimolare l’innovazione e la ricerca che sono in grado di incrementare la produttività riducendo al contempo i costi di produzione, come ad esempio lo sviluppo di nuove tecnologie per i macchinari agricoli e il miglioramento genetico delle piante. Il nuovo piano integra il Paiss lanciato da Bndes e Finep nel 2011. Dal 2004 al 2013 la Banca brasiliana ha investito ben 23 miliardi di dollari americani per sostenere l’industria dei biocarburanti nazionale. Secondo l’economista Elizabeth Farina, presidente dell’Associazione brasiliana dell’industria della canna da zucchero (Unica), il 60% dei costi di produzione di etanolo e zucchero si trova nella produzione agricola. “I costi agricoli sono già alti e sono in ascesa, a differenza dei costi della lavorazione industriale della canna da zucchero, che è stata oggetto di ricerca e investimenti che hanno portato a costi inferiori”, ha spiegato Farina.

I dati dell’Unica mostrano che durante gli anni del boom dell’industria della canna da zucchero, tra il 2002 e il 2010, il costo della produzione agricola ammontava a 15 dollari per tonnellata mentre oggi è raddoppiato a quasi 30 dollari per tonnellata.

 

Una strategia per la bioeconomia

Oltre a Paiss, il Brasile ha messo in campo negli ultimi anni numerosi progetti per sostenere lo sviluppo dell’industria dei biocarburanti avanzati, della chimica verde e della biotecnologia. Nell’ambito della Strategia nazionale sulla Scienza, Tecnologia e Innovazione 2016-2022 molto spazio è riservato a sostenere tutte quelle attività economiche basate sull’uso di risorse biologiche rinnovabili al posto delle materie prime fossili per la produzione di alimenti, mangimi, materiali, prodotti chimici, combustibili ed energia, salute e benessere della società. Il Brasile mira dunque in modo deciso all’uso sostenibile delle risorse.

L’obiettivo specifico del governo del paese sudamericano, che a fatica sta uscendo da un periodo di forte recessione e dove anche per il 2018 il tasso di disoccupazione dovrebbe essere superiore al 10% secondo le stime degli analisti, è di favorire lo sviluppo della bioeconomia circolare partendo dalla ricerca scientifica, mettendo in campo una serie di azioni integrate che coinvolgano il settore agro-alimentare, quello dell’acqua e l’industria. Tra le misure indicate dal ministero della Scienza, Tecnologia, Innovazione e Comunicazione rientra anche l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulla Bioeconomia, che prende spunto dal modello europeo.

“Molte aree della bioeconomia sono regolate e hanno politiche mirate”, ci dice Bernardo Silva, presidente di Abbi (l’Associazione brasiliana delle biotecnologie industriali). “Manca però – aggiunge – un quadro coerente, una visione di lungo periodo e obiettivi che possano considerarsi una strategia. Senza una chiara comprensione di dove siamo, dove vogliamo andare e di cosa abbiamo bisogno per arrivarci, ovvero senza una governance che implementi, monitori e valuti una strategia, la bioeconomia difficilmente andrà avanti.”

 

BioFuture Platform, biofutureplatform.org

World Business Council for Sustainable Development, www.wbcsd.org

GranBio, www.granbio.com.br/en/conteudos/executive-leadership

 


  

Intervista a Henri Colens, manager degli Affari pubblici europei di Braskem Europe

di M. B.

 

La sostenibilità è nel dna della nostra azienda

 

“Braskem ha incorporato la sostenibilità nello scopo esistenziale dell’azienda, che è quello di migliorare la vita delle persone creando e sviluppando sostanze chimiche e plastiche sostenibili.” Henri Colens, manager degli Affari pubblici europei di Braskem Europe e vicepresidente di European Bioplastics parla con Materia Rinnovabile. In questa lunga intervista spiega cos’è la bioeconomia dal punto di vista dei maggiori produttori petrochimici nelle Americhe e quali sono i punti di forza e le debolezze della bioeconomia brasiliana.

 

Braskem è la maggiore azienda petrochimica delle Americhe e la principale produttrice di biopolimeri al mondo. Cos’è la bioeconomia per voi?

“La bioeconomia oltre a essere un concetto è anche una realtà tangibile. Per Braskem l’idea di sfruttare la forza dell’agricoltura e sostituire le materie prime convenzionali a base fossile con le biomasse è un punto chiave della propria strategia. Siamo riusciti a guadagnarci un ruolo fondamentale nel campo degli intermedi chimici e delle plastiche rinnovabili grazie al nostro patrimonio di conoscenze come brasiliani, ma stiamo cominciando a guardare al di là dei nostri confini. Per esempio, l’anno scorso abbiamo annunciato l’apertura di un impianto dimostrativo per lo sviluppo di un metodo all’avanguardia per la produzione di glicole monoetilenico (MEG) dallo zucchero: stiamo collaborando con la Haldor Topsoe in Danimarca, dove sarà ubicato l’impianto.

La nostra visione sulla bioeconomia è fondata sull’innovazione. Dobbiamo cogliere le opportunità negli ambiti in cui il biobased è migliore nella funzionalità e nella performance ambientale. E siamo in fibrillazione per lo sviluppo di nuove idee e tecnologie che scaturiscono dai nostri biolaboratori di Campinas. Abbiamo investito milioni in questi impianti che stanno cercando di trasformare la bioeconomia da una semplice idea a qualcosa di reale.”

 

Quali sono i principali progetti della sua azienda in tema di bioeconomia?

“Ho appena menzionato il bio-MEG, un componente essenziale della resina Pet, la principale materia prima man-made utilizzata dall’industria tessile e dal packaging e molto usata anche per produrre bottiglie. La nostra partnership sta sviluppando una nuova tecnologia che ci permetterà di portare la chimica rinnovabile a un livello totalmente nuovo. Dopo I’m green (un bio-polietilene), questo è un altro grande passo avanti nella nostra visione di utilizzare i polimeri rinnovabili come strumento per il sequestro di carbonio. Rimanendo nell’ambito del nostro impegno nel settore delle sostanze chimiche rinnovabili, Braskem ha siglato un accordo di cooperazione tecnologica con l’azienda statunitense di prodotti rinnovabili Amyris e la produttrice di pneumatici francese Michelin per sviluppare una tecnologia in grado di ottenere isoprene biobased, una materia prima sintetica impiegata dall’industria degli pneumatici e per produrre altri tipi di gomme. Questa tecnologia è stata sviluppata partendo da zuccheri vegetali, come quello presente nella canna da zucchero e dalle materie prime cellulosiche. In collaborazione con Genomatica stiamo facendo progressi anche nello sviluppo congiunto di una nuova tecnologia per la produzione di butadiene biobased.

Naturalmente questo deve essere sostenuto dagli sviluppi commerciali: siamo orgogliosi che il nostro elenco di clienti sia in crescita, come anche il numero e la qualità delle applicazioni che impiegano il nostro materiale. Sapeva che il nuovo pallone che sarà utilizzato nei campionati mondiali di calcio 2018 contiene materiali rinnovabili forniti da Braskem? La gomma Epdm biobased Keltan Eco prodotta da Arlanxeo, uno dei principali produttori mondiali di gomma sintetica, è la base dello strato di gomma spugnosa che si trova appena sotto la copertura esterna del pallone ‘Telstar 18’. Serve come ammortizzatore modellabile per la palla e possiede ottime caratteristiche di rimbalzo durante il gioco. Braskem fornisce l’etilene biobased usato per produrlo. E grazie alla nostra partnership con Made in Space per sviluppare stampanti 3D biobased sull’International Space Station, ora abbiamo sviluppato una macchina che permette agli astronauti di riciclare anche la plastica. È rappresentativa dell’impegno di Braskem nel chiudere i cicli tecnici e del carbonio, e nel creare le condizioni per un’economia davvero circolare.”

 

Come può riassumere i cardini della strategia per la sostenibilità di Braskem?

“Lo sviluppo sostenibile è stato definito dalla Commissione Brundtland (conosciuta come Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo, 1983, ndr) come la soddisfazione dei bisogni attuali senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro. Questa è una domanda che si pongono molte aziende come la nostra, e di cui è consapevole una sempre maggior parte della popolazione. Braskem ha incorporato la sostenibilità nello scopo esistenziale dell’azienda che è quello di migliorare la vita delle persone creando e sviluppando sostanze chimiche e plastiche sostenibili. L’azienda stessa si sta ponendo dei traguardi per migliorare l’uso delle risorse e dei metodi di produzione sostenibili, e anche per creare prodotti migliori. Stiamo collegando tutto questo con i Sustainable Development Goals (SDG) delle Nazioni Unite, e stiamo facendo della lotta ai cambiamenti climatici un punto fondamentale nel percorso che intendiamo seguire.

È difficile per un’azienda compiere grandi passi avanti verso le rinnovabili, specialmente con il prezzo del petrolio che rimane basso. Ma offriamo ai nostri clienti un gamma senza pari di resine polietileniche rinnovabili e riciclabili. Siamo i leader nella produzione di biopolimeri e ci teniamo a mantenere questa posizione. Come membri di associazioni come Associação Brasileira de Biotecnologia Industrial (ABBI), Plastics Europe ed European Bioplastics, speriamo di far crescere il riconoscimento e l’accettazione delle plastiche biobased in tutto il mondo. In Brasile, Braskem ha anche avviato Wecycle, una piattaforma per le resine riciclate, dove aiutiamo i nostri clienti a capire le loro necessità riguardo ai materiali di scarto. Con questo strumento possiamo inserirli nella catena di riciclo più adatta a loro, garantendo un prodotto rilavorato tracciabile e di qualità.”

 

A suo avviso quali sono i punti di forza e quelli di debolezza della bioeconomia brasiliana?

“La bioeconomia brasiliana ha molti fattori che giocano a suo favore. La dimensione del paese, la sua geografia e il clima tropicale, fanno sì che esso abbia un potenziale bioeconomico quasi ineguagliabile. Pabulo Henrique Rampelotto (un biologo molecolare che attualmente sta portando avanti la sua ricerca alla Federal University di Rio Grande do Sul, ndr) lo ha riassunto bene nel suo articolo del 2016 per Industrial Biotechnology, dicendo: ‘Una tale straordinaria ricchezza naturale e varietà di risorse rappresenta un bene unico, sebbene inesplorato, in termini di potenziale per lo sviluppo di cibo, energia e medicinali sostenibili, biodiversificati ed ecologici’. Il Brasile ha già fatto grandi passi avanti nel rendere verde la sua produzione di energia visto che circa il 45% dell’energia del paese viene da fonti rinnovabili. Con oltre 400 bioraffinerie e una capacità e un portfolio in espansione in ambito di intermedi da rinnovabili, il Brasile ha già un ruolo primario nell’agribusiness. Negli ultimi 50 anni il Brasile ha accumulato conoscenza e ricchezza in questo settore ed è diventato un soggetto all’avanguardia nella ricerca, sviluppo, gestione dell’innovazione e in scienza e tecnologia.

Nonostante questo, ci sono varie sfide da vincere. Il Brasile, a mio avviso, deve fare di più prima di poter davvero sfruttare il potenziale ad alto valore delle materie prime di seconda e terza generazione. Diverse aziende stanno cercando di sviluppare bioetanolo 2G e 3G (il bioetanolo 2G non utilizza colture alimentari ma solo quelle dedicate; il 3G impiega scarti di produzione e sottoprodotti, ndr), ma vale la pena di dire che la grande maggioranza degli impianti per lo zucchero di canna funziona producendo una quantità di rifiuti bassissima o nulla, utilizzando la bagassa per produrre energia e destinando la vinaccia all’estrazione di principi nutritivi e al riciclo dell’acqua.”

 

Quali sono le principali differenze tra il Brasile e l’Unione europea riguardo alle politiche pubbliche di sostegno alla bioeconomia?

“L’Ue è un’entità composta di 28 (presto 27) Stati membri e, al passaggio di secolo, le sue azioni principali riguardo alla bioeconomia sono state la definizione di alcuni standard e l’allocazione di fondi. L’intenzione primaria era di creare un contesto equo e stimolare l’innovazione. Più recentemente, lo sviluppo di Horizon 2020 ha avuto un impatto positivo, ma molti tuttora pensano che l’Europa sia in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina per quanto riguarda il supporto alla bioeconomia. Molti Stati membri europei sono stati lenti nel destinare investimenti, e alcuni non hanno una strategia definita riguardo alla bioeconomia.

Neanche il Brasile ha una strategia bioeconomica definita, eppure i brasiliani hanno da tempo riconosciuto il potenziale del loro settore agricolo e negli anni ’70 hanno deciso di stimolarlo con sussidi crescenti e meccanismi di supporto. La richiesta di produrre etanolo (come anche zucchero) alla fine ha portato a uno dei programmi di trasporto ecologico più avanzati del mondo: le auto flex-fuel. I governi successivi hanno introdotto ulteriori misure per supportare l’industria della canna da zucchero. Per esempio, nel 2015, sono terminati i sussidi al fossile, principalmente nel tentativo di alleggerire la pressione sui produttori di etanolo.

Credo ci siano anche molte similitudini tra Brasile ed Europa ed entrambi potrebbero imparare molto reciprocamente. Sia il Brasile sia l’Europa possono essere accusati di non aver sfruttato pienamente le opportunità a loro disposizione, a causa della mancanza di una visione o della tendenza a complicare troppo le cose. Ci sono diverse ragioni, decisamente troppe per analizzarle ora, ma ho la sensazione che la burocrazia abbia spesso un peso.

La collaborazione e il trasferimento di conoscenze sono aree in cui è necessario progredire, migliorando l’IP, l’Intellectual Property. Inoltre, un approccio più aperto (meno protezionista) potrebbe portare benefici a medio e lungo termine. Aspettiamo l’esito dei colloqui commerciali Ue-Mercosur per vedere se ci saranno progressi.”

 

Qual è la percezione della bioeconomia da parte dell’opinione pubblica brasiliana? Esistono piani per l’istruzione e la formazione?

“Alcuni colleghi brasiliani mi assicurano che la percezione è molto positiva, persino fonte di orgoglio. Il motivo è che la bioeconomia ha un impatto molto concreto sulla vita di tutti i giorni delle persone. Nonostante ciò, nel recente passato, alcune ricerche hanno evidenziato che la popolazione brasiliana sente che il paese non sta cogliendo le opportunità offerte dalla sua bioeconomia. È difficile stabilire se i consumatori brasiliani stiano acquisendo una mentalità più ambientalista, la recessione ha reso la gente piuttosto pessimista sull’economia nazionale e il prezzo determina tuttora le scelte negli acquisti. Ma persino in questo clima difficile i marchi stanno offrendo più alternative sostenibili, ottenendo una reazione positiva dalla maggior parte dei consumatori a prodotti etichettati come ecologici. Ne è un esempio Natura, che è uno tra un crescente numero di marchi che offrono prodotti ricavati responsabilmente che riducono le emissioni di CO2 e minimizzano i rifiuti.” 

 

Braskem Europe, www.braskem.com.br/europe

European Bioplastics, www.european-bioplastics.org