E infatti il Time ha dedicato la copertina a Trump come uomo dell’anno: è il “presidente degli Stati divisi d’America”. Nella motivazione si legge: “Davanti a questo barone dell’immobiliare e proprietario di casinò diventato star di un reality e provocatore senza mai aver passato un giorno da pubblico ufficiale e gestito altro interesse che non il suo, si prospettano le rovine fumanti di un vasto edificio politico che un tempo ospitava partiti, politologi, donatori, sondaggisti, tutti quelli che non lo avevano preso sul serio e non avevano previsto il suo arrivo”.
È difficile prevedere quali effetti produrrà la gestione della Casa Bianca che si è appena inaugurata: molti ritengono che sarà meno disastrosa delle premesse. Certo la mossa Pruitt non lascia grande spazio alla speranza. L’ex procuratore, in prima fila anche nelle campagne contro l’aborto e i matrimoni gay, è la voce di un’America che guarda verso il passato ed entra in risonanza con la parte dell’Europa più spaventata dalla crisi economica, dalla perdita del lavoro, dall’aumento dei flussi migratori.
Sarà il segno del prossimo decennio? In questo numero di Materia Rinnovabile Emanuele Bompan fa il punto sulle reazioni negli Stati Uniti ascoltando i suggerimenti di chi non si arrende: da Michael Brune, il direttore del Sierra Club che prevede “guerra nei tribunali, al Congresso e nelle strade” a Richard Heinberg, del Post Carbon Institute, che immagina una doppia strategia basata sul sostegno ai democratici e su proteste dal basso organizzate dalle città e dalle comunità.
Per l’economia circolare, in particolare, sarà una bella sfida: si tratta di far quadrare i conti in un contesto molto sfavorevole. Missione difficile ma non impossibile. Anche perché si gioca a ruoli rovesciati rispetto a un immaginario ancora abbastanza diffuso che vede gli ecologisti come romantici che sanno tutto sulle specie in pericolo e nulla sui bilanci da salvare. Negli Stati Uniti sembra vero il contrario: appare piuttosto difficile che Trump possa mantenere gli impegni anti ambientali annunciati in campagna elettorale senza danneggiare gravemente le industrie americane impegnate nella corsa verso l’efficienza e l’energia pulita. E infatti, proprio mentre sto chiudendo questo articolo, arriva la notizia della sfida green tra due giganti. Apple ha aperto un nuovo filone di investimenti sull’eolico acquisendo il 30% delle controllate della Goldwind, con sede in Cina. Google ha annunciato che dal 2017 tutta l’elettricità di cui ha bisogno per i suoi uffici e data center sparsi nel mondo sarà al 100% rinnovabile.
Sono scelte motivate sia da un diretto vantaggio economico sia dalla necessità di rafforzare i brand con azioni in sintonia con i clienti: poter dire che il bilancio energetico di un iPhone è più leggero o che si possono mandare Gmail senza far salire la concentrazione di gas serra vuol dire migliorare il posizionamento delle rispettive aziende.
Mentre gli Stati Uniti che escono dalle urne sembrano voler tornare alla prima metà del ventesimo secolo, gli Stati Uniti che si misurano con il mercato rilanciano scommettendo sul futuro. Ci attendono anni interessanti.