Nel suo ultimo Emissions Gap Report il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha riscontrato che 20 paesi, tra cui Usa, Giappone e Australia, non stanno rispettando i propri impegni di riduzione, e le emissioni globali di anidride carbonica sono nuovamente in aumento. Gli Stati Uniti, con Donald Trump Presidente, hanno in programma di recedere dall’Accordo di Parigi, ed è previsto che quest’anno nel paese le emissioni aumentino dell’1,8%. 

Questa brutta notizia non dipende solo da Trump, ma nonostante ciò è difficile sopravvalutare la misura in cui l’attuale Presidente sta allegramente mandando all’aria qualsiasi progresso realizzato negli anni passati in campo ambientale. Scott Pruitt, il grottesco e perfido capo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa), ha rassegnato le dimissioni, ma il nuovo amministratore dell’agenzia è un nemico altrettanto agguerrito della normativa ambientale, anche se non è così bravo a guadagnarsi le prime pagine. 

Tutto il ramo esecutivo del governo federale sta lavorando allo smantellamento delle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici. Stravolgendo il Clean Power Plan e le normative sul consumo di carburante di Obama, l’amministrazione Trump sta perfino andando oltre i desideri più ottimistici delle aziende automobilistiche e di quelle produttrici di combustibili fossili (almeno alcune). Queste scelte di Trump sembrano essere più guidate dal desiderio di far dispetto al suo predecessore che non da obiettivi economici o filosofici razionali. 

Le altre priorità del Presidente sembrano essere la distruzione delle norme democratiche, la demonizzazione della stampa libera, le alleanze con i dittatori di ogni parte del pianeta, l’istigazione di guerre commerciali e inoltre incoraggiare la corruzione e detassare i ricchi. Inoltre mentre l’inchiesta Mueller si avvia a conclusione, l’unico modo in cui Trump sembra poter sopravvivere è rafforzando la propria retorica autoritaria. 

Apparentemente nessuna di queste priorità sembra avere molto a che fare con i cambiamenti climatici, ma in una certa misura invece c’entrano tutte. Concentrando l’attenzione dei propri sostenitori e oppositori su problemi che ha lui stesso creato, Trump ci distrae dall’unica questione realmente importante: il destino del nostro pianeta e delle generazioni future. Perciò mentre le buffonate di Trump sembrano dirette a compiacere la propria base razzista, o a trollizzare i suoi critici di sinistra, le sue azioni hanno in realtà enormi implicazioni a livello storico e globale. 

In questa situazione i vincitori temporanei comprendono Vladimir Putin, visto che l’economia russa basata sui combustibili fossili trae beneficio da un atteggiamento rilassato nei confronti delle emissioni, così come i frackers di Texas e Nord Dakota, i quali consapevoli che il fracking è una bolla pronta a esplodere sia a livello di risorse sia di investimenti, hanno bisogno di trarne profitto il più rapidamente possibile. 

E così il mondo si divide in autoproclamatisi buoni e cattivi, dividendo Stati, quartieri e famiglie tra pro e anti Trump. 

Siamo soffocati da una retorica incandescente, proprio quando avremmo bisogno di discussioni ponderate e di una cooperazione globale senza precedenti se vogliamo scongiurare il collasso planetario. 

Stiamo entrando in un’epoca in cui uomini narcisisti si contendono le briciole dell’era industriale, peggiorando i processi (i cambiamenti climatici e l’impoverimento delle risorse) che minacciano la sopravvivenza degli esseri umani e di così tante altre specie. Trump è un sintomo, non la causa ultima. Non è solamente un’irresistibile star da reality show televisivo, che ci distrae dagli esiti di uno stile di vita al quale i ricchi si aggrappano, ma che ci sta uccidendo tutti. Trump è piuttosto il capro espiatorio per il nostro fallimento collettivo. 

 

 

Post Carbon Institute, www.postcarbon.org

Unep, The Emissions Gap Report 2017wedocs.unep.org/bitstream/handle/20.500.11822/22070/EGR_2017.pdf