L’atmosfera è un bene comunitario che appartiene a tutti. Il problema è che attualmente è una risorsa non protetta: chiunque può emettere anidride carbonica nell’atmosfera senza conseguenze per sé ma con enormi conseguenze cumulative per il clima e per la comunità globale. Molti ritengono che addebitare alle società e agli individui i costi per i danni causati dalle loro emissioni, per esempio una carbon tax o un sistema cap/auction/dividend/trade, ridurrebbe drasticamente le emissioni. Tuttavia, nonostante alcuni interessanti esperimenti locali, implementare questo tipo di sistema attraverso negoziati internazionali a livello globale si è dimostrato quasi impossibile. Governi chiave, troppo influenzati dagli interessi che ruotano attorno ai combustibili fossili, hanno bloccato gli impegni vincolanti e gli strumenti economici efficaci.


La società civile globale può cambiare questo stato di cose se reclama i diritti di proprietà sull’atmosfera. Sostenendo che tutti noi possediamo collettivamente il cielo, possiamo cominciare a utilizzare le istituzioni legali competenti in materia di proprietà per proteggere i diritti collettivi, sanzionare economicamente i danni a questo bene e premiare chi ne migliora le condizioni.

Questa idea è stata proposta da Peter Barnes e altri. La Public Trust Doctrine è un potente principio legale emergente che sta alla base di questa idea. Nel suo libro, Nature’s Trust: Environmental Law for a New Ecological Age, la giurista Mary Wood descrive come la Public Trust Doctrine abbia radici nell’antica legislazione romana e ricorra in molti sistemi normativi derivati da essa. La dottrina stabilisce che certe risorse naturali devono essere gestite in amministrazione fiduciaria in quanto beni al servizio del bene pubblico. È responsabilità del governo, in quanto amministratore fiduciario, proteggere questi beni da danneggiamenti e conservarli per l’uso pubblico. Secondo questa dottrina, il governo non può cedere o vendere questi beni a privati. In passato la Public Trust Doctrine è stata applicata in molti paesi per proteggere bacini idrici, coste, acqua dolce, fauna selvatica e altre risorse.

Oggi, come Wood sostiene con energia, è arrivato il momento di espandere l’ambito di applicazione della dottrina a tutti i servizi essenziali mediante i quali il capitale naturale e gli ecosistemi supportano il benessere umano, compresi l’atmosfera, gli oceani e la biodiversità. Wood afferma che i governi hanno ridotto questa responsabilità alla protezione del Nature’s Trust, mentre bisogna chiedere loro di fare fino in fondo il proprio dovere, che prevede anche la richiesta di risarcimento dei danni. Questo problema è complicato dal fatto che l’atmosfera è un bene globale. Ma, dal punto di vista del Nature’s Trust, il fatto che le nazioni siano co-amministratori fiduciari non li rende meno responsabili per la protezione del bene di quanto lo siano le singole sovranità nazionali per la protezione di beni come le coste o i corpi d’acqua che si trovano entro i loro confini.

L’idea di Nature’s Trust cambia significativamente l’intero dibattito su come gestire il caos climatico. Piuttosto che vedersi come governi nazionali che negoziano tra loro sulla riduzione delle emissioni, i governi dovrebbero considerarsi come co-amministratori fiduciari con una responsabilità fiduciaria sulla protezione dell’Atmospheric Trust. Per riuscirci, possono chiedere il risarcimento dei danni ai privati i cui interessi stanno causando il problema. Come Wood fa notare, “gli amministratori fiduciari hanno l’obbligo esplicito di chiedere i risarcimenti monetari a terze parti che danneggiano o distruggono i beni legati al trust”. Se si verifica uno sversamento di petrolio nell’oceano, i governi recuperano la cifra necessaria a riparare i danni alle risorse naturali e la utilizzano per ripulire l’area colpita. Invece se ne stanno inerti davanti a uno “sversamento” catastrofico di anidride carbonica nell’atmosfera.

Ritenere gli inquinatori del clima responsabili per i danni da loro causati è più semplice di quanto possa sembrare: in tutto infatti sono circa 90 le aziende responsabili per due terzi del carbonio emesso in atmosfera. Questo significa che la richiesta di risarcimento potrebbe essere indirizzata a un numero relativamente piccolo di privati. Inoltre, per applicare questa strategia non sarebbe necessario un accordo tra tutti i governi. Dato che tutti i governi sono co-amministratori fiduciari del bene globale dell’atmosfera, anche un piccolo gruppo di nazioni potrebbe avviare la richiesta di risarcimento. La somma ottenuta con queste azioni legali potrebbe finanziare progetti di ripristino in quelle stesse nazioni, purché si verifichi che questi paesi stiano riducendo le emissioni di carbonio o accelerando la transizione verso l’energia rinnovabile e non nucleare. I governi dovrebbero addebitare il costo dei danneggiamenti in corso attraverso una carbon tax o altri meccanismi.

Ma, visto che fino a oggi i governi non hanno agito di loro iniziativa, sarà necessaria una ben pianificata pressione della società civile per spingerli a farlo e a vincere l’inevitabile resistenza delle aziende. Uno sforzo organizzato per “reclamare il cielo” come bene pubblico della società globale, in combinazione con la solida struttura legale fornita dal lavoro di Wood sulla Public Trust Doctrine, può riuscire nell’intento. Il Civil Rights Movement negli Stati Uniti si fondava su altrettanto solidi principi legali, ma per raggiungere i suoi obiettivi ha richiesto un attivismo sociale coordinato.

Diamo vita a un’ampia coalizione di individui e gruppi e dichiariamo pubblicamente sul web e in altre sedi che l’atmosfera appartiene a noi e ai nostri discendenti, chiedendo che gli inquinatori paghino per ripristinare e conservare l’atmosfera. Fondiamo un Earth Atmospheric Trust che chieda il risarcimento dei danni al bene comune che è l’atmosfera e renda idonei i progetti di ripristino (progetti che portano alla riduzione del carbonio attraverso l’esproprio dei terreni e il rimboschimento, o che promuovono il passaggio a un’infrastruttura per l’energia rinnovabile). Non si tratta di “progetti di compensazione del carbonio”. Dobbiamo andare oltre le compensazioni e chiedere la “ripulitura” dell’atmosfera. Il Trust può tenere una contabilità finanziaria e una sulle emissioni di carbonio dei progetti finanziati dalle società inquinatrici per concretizzare la loro responsabilità verso i cittadini beneficiari. Occorre far partire una vasta campagna pubblica per di pressione: si può partire dall’invio di fatture agli inquinatori stessi per i danneggiamenti passati e quelli in corso. Immaginate questo scenario:

  • viene fondato un Earth Atmospheric Trust per raccogliere il risarcimento per i danni passati e per certificare e tenere traccia dei progetti di ripristino finanziati dalle aziende responsabili per le emissioni di carbonio, e per finanziare direttamente progetti di ripristino con la copertura dei principali media gruppi di scolari spediscono fatture ai quartier generali delle maggiori compagnie di combustibili fossili (vedi pagina precedente);
  • 350.org e altri gruppi potenziano la campagna per portare il movimento al raggiungimento del suo obiettivo;
  • il movimento Occupy si rafforza attorno a questa campagna;
  • le principali ong internazionali, come Conservation International e il World Resources Institute, danno il loro sostegno alla campagna;
  • grandi personalità dello spettacolo, come Robert Redford, Harrison Ford, Brad Pitt, Leonardo Di Caprio, Cameron Diaz e altri si uniscono alla campagna;
  • Michael Moore gira un documentario sulla campagna.

 

 

Il Nature’s Trust ha il potenziale per essere una nuova importante forza legale e sociale nella battaglia per rendere le attività umane sul pianeta compatibili con le “leggi della natura”. È arrivato il momento per gli abitanti del pianeta Terra di reclamare il futuro reclamando il cielo.

 

42 Celebrities who care about the environmentwww.examiner.com/article/42-celebrities-who-care-about-the-environment 

Per gentile concessione di Solutions Journal, www.thesolutionsjournal.com

Immagine in alto: ©Jacques Descloitres, MODIS Rapid Response Team, NASA-GSFC