Il successo della transizione energetica o più in generale il passaggio ad un modello di sviluppo economico più eco-sostenibile, necessariamente si basa sulla disponibilità di figure professionali capaci di realizzarlo. In alcuni casi, tali figure professionali potrebbero addirittura non esistere o aver bisogno di una profonda trasformazione. È il caso questo del “Geoscientist” che ha avuto una parte rilevante nella cosiddetta economia lineare ed è destinato a svolgerla anche in quella circolare purché riesca a rinnovarsi.
Verso l’economia circolare
La crisi pandemica del Covid-19 ha evidenziato ancor più il drammatico legame tra ambiente, salute ed economia. Si fa urgente l’adozione di un modello di economia circolare (contrapposto al modello lineare fondato sul Take-Use-Waste) che si basi su tre pilastri fondamentali: produzione dell’energia da fonti rinnovabili, sviluppo di un ciclo biologico che prevede il riutilizzo del “Waste”, e sviluppo di un ciclo tecnico che prevede il riciclo delle materie prime.
Storicamente, il Geoscientist ha un ruolo chiave nella filiera della esplorazione e produzione delle risorse naturali. Nell’ambito del modello di economia lineare questa attività corrisponde alla fase “Take”. Ma la transizione ad una economia circolare sta già causando una contrazione di alcune figure professionali come l’“Exploration Geologist” nel mondo dell'Oil&Gas. Il progredire di questa transizione causerà sempre più la scomparsa o la trasformazione di queste figure.
Miniera in Germania (ph Unsplash)
Il nuovo ruolo del Geoscientist
Il termine “Geoscientist”, nella sua più larga accezione, include non solo il geologo, ma qualsiasi figura che svolga una professione collegata direttamente o indirettamente allo sfruttamento delle risorse naturali e/o alla gestione dell’ambiente: ad esempio l’ingegnere minerario, l’ingegnere ambientale o il facilities engineer. Per poter immaginare quale possa essere il nuovo ruolo del Geoscientist facciamo ricorso al Doughnut Model, il modello della Ciambella di Kate Raworth. Questo modello, facendo propri i principi dell’economia circolare, introduce il concetto di equilibrio tra Capitale Naturale, inteso come insieme delle componenti/risorse ambientali, ed il benessere socio economico (Well-Being). Nella sua rappresentazione grafica il Doughnut Model disegna due “confini planetari”: il primo che delimita l’area dove il Capitale Naturale è preservato mentre il secondo delimita l’area in cui viene incrementato il benessere socio economico. Capitale Naturale e Benessere sono visti come elementi interconnessi (non ci può essere benessere senza la preservazione dell’ambiente) ma, in molti casi, l’aumento di uno causa il decremento dell’altro.
È proprio dall’esigenza di far sviluppare la nostra società in quel ristretto spazio tra questi due “confini che il Geoscientist può trovare un nuovo ruolo e nuove professionalità. In altre parole, nell’ambito di una economia circolare il ruolo del Geoscientist dovrebbe essere quello di preservare e incrementare il Capitale Naturale permettendo lo sviluppo del Benessere. Quindi la transizione da un modello lineare ad uno circolare dovrebbe comportare la trasformazione del Geoscientist da sfruttatore delle risorse naturali a gestore delle stesse, intese in senso lato includendo quindi acquiferi, aria, suolo oltre alle fonti energetiche fossili, miniere e cave.
Digitalizzazione
Prima di tentare di definire quali figure professionali dovrebbero crearsi per permettere al Geoscientist di espletare il suo nuovo ruolo dobbiamo fare alcune considerazione su un’altra delle trasformazioni epocali della nostra società: la digitalizzazione.
La rivoluzione digitale si basa sulla capacità di raccogliere una quantità di dati inimmaginabile fino a qualche anno fa, e di guidare i processi produttivi in “real time”, sulla base delle analisi di questi utilizzando le metodologie tipiche dell’intelligenza artificiale. Nell’ambito delle scienze ambientali, tale rivoluzione è ancora ad un livello embrionale. In ogni caso, è facile prevedere che a breve tale trasformazione si possa sviluppare utilizzando gli investimenti effettuati negli altri settori industriali. Per fare un esempio pratico, è facilmente ipotizzabile, nell’ambito della prevenzione sismica, la creazione in futuro di una fittissima rete di accelerometri connessi ad una rete sviluppata per le telecomunicazioni e/o rete elettrica e l’utilizzo di questa grandissima mole di dati per raffinare il modello di rischio sismico e poter guidare più accuratamente gli investimenti di prevenzione.
Great Sandy Desert, Australia (ph Unsplash)
Le nuove figure professionali
Ma quali dovrebbero essere le nuove figure professionali e soprattutto quali conoscenze e “skills” dovrebbero avere? Scott McLeod e Karl Fisch stimano nel loro video virale “Shift Happens” che il 65% dei bambini che stanno iniziando oggi le scuole primarie alla fine dei loro studi saranno impiegati in un nuovo tipo di lavoro che ancora non esiste.In maniera simile, stiamo ragionando sul formare professionalmente figure che attualmente non esistono ancora. Per questo motivo nei prossimi paragrafi queste sono state descritte intenzionalmente in maniera molto schematica delineando solo i possibili trend generali.
Una volta definito il ruolo futuro del Geoscientist come gestore del Capitale Naturale, possiamo immaginare una prima divisione delle future figure professionali in “generaliste” e “specialistiche”. Per generaliste si intende quelle figure professionali che si dedicheranno a gestire l’intero processo di preservazione e accrescimento del Capitale Naturale permettendo lo sviluppo del Benessere. Le figure professionali più generaliste saranno dedicate a sintetizzare la gran mole di dati che la digitalizzazione metterà a disposizione e a inserire in un contesto più ampio i numerosi studi specialistici che verranno generati. Sarà anche fondamentale l’inserimento della parte geologica in contesti più ampi che includano contributi da diverse discipline. Per quanto riguarda le figure più specialistiche si immagina uno sviluppo principalmente in linea con alcune delle attuali professionalità come previsione, prevenzione e mitigazione dei grandi rischi naturali (terremoti, inondazioni ecc.) e/o dei disastri generati dall’uomo (es. decontaminazioni). Un maggior coinvolgimento del Geoscientist, per esempio, è altamente auspicabile nei futuri processi di decommissioning dove l’importanza da un punto di vista economico del ripristino dei siti è destinata a crescere. In quest’ambito, il ruolo del Geoscientist sarà sempre più fondamentale soprattutto nella decontaminazione e preservazione degli acquiferi. Inoltre, la progressiva digitalizzazione di alcuni settori della geologia creerà l’esigenza di gestori di reti complesse di sensori/rivelatori (pozzi di osservazione, droni, satelliti ecc.), gestori di data base integrati, geo Data Analist, esperti di applicazione di intelligenza artificiale ai processi geologici.
Competenze flessibili
Prima di tutto il Geoscientist dovrebbe conservare le sue competenze scientifico-matematiche-naturalistiche ovvero la capacità di comprendere i fenomeni ed i processi geologici (terremoti, subsidenza, tettogenesi ecc.), modellizzarli matematicamente e sulla base di tali modelli predirne l’evoluzione. Queste competenze rendono il Geoscientist assolutamente insostituibile in qualsiasi scenario di sviluppo più ecosostenibile del nostro pianeta.
Invece la competenza più importante che il Geoscientist “generalista” dovrebbe sviluppare è rappresentata dalla capacità di integrare la propria parte in contesti più ampi che includano anche aspetti industriali, sociali, architettonici. Per sviluppare tale capacità ha sicuramente bisogno di acquisire conoscenze specifiche in questi settori ma anche capacità di analisi e sintesi.
Per quanto riguarda le figure più specialistiche, è immaginabile che il Geoscientist del futuro debba sempre più sviluppare conoscenze di digitalizzazione, di analisi dei dati e di intelligenza artificiale per poter applicare questa rivoluzione anche alla geologia.
Trasformazione come opportunità
In alcuni ambienti geologici la transizione energetica e, in senso più generale, l’adozione di modelli più ecosostenibili è vista come una minaccia. Può essere, al contrario, una vera e propria opportunità di sviluppo a patto che il ruolo del Geoscientist subisca una profonda e seria trasformazione.
Rimane fondamentale la questione di come promuovere e realizzare tale trasformazione. Risulta chiaro che per essere di successo qualsiasi soluzione deve essere inserita in una logica di mercato. Quindi non deve essere di esclusiva responsabilità delle istituzioni di formazione accademica e professionale, ma anche e soprattutto del mondo dell’industria. Ovviamente non è ragionevole aspettarsi uno shift drammatico e repentino nei profili d’assunzioni per le posizioni da Geoscientist, ma è da augurarsi una transizione progressiva. Strutture intermedie come società no profit possono svolgere un ruolo essenziale di promozione, sensibilizzazione e di formazione svolgendo da ponte tra l’accademia e l’industria.
*Roberto Gambini è Head of Geothermal Global Technological Line per Enel Green Power