L'isola di Vigur, nella regione islandese dei Fiordi Occidentali, ospita una delle quattrocento "fattorie di edredoni" in Islanda da cui proviene quasi l'80% della produzione mondiale annua di piumino di anatra di mare, pari complessivamente a circa quattro tonnellate. In ciascuna di queste fattorie avviene qualcosa di unico: si è instaurata una forma rara di mutualismo dove gli edredoni, un tipo di anatra di mare, trovano un terreno favorevole alla riproduzione e gli esseri umani una fonte di benessere e sostentamento.

Ogni anno, intorno al mese di maggio, colonie di anatre di mare sempre più numerose fanno ritorno alle fattorie per riprodursi e, in giugno, famiglie di agricoltori si attivano per raccogliere il pregiato piumino con cui le anatre di mare foderano i propri nidi. Dopo essere stati asciugati, puliti e sanificati, i piumini vengono venduti, a caro prezzo, alle aziende che confezionano i più caldi, leggeri, elastici e morbidi cuscini, trapunte e piumini al mondo, che sono anche i più costosi, potendo arrivare fino a 30.000 euro. Il tutto senza coercizione − gli edredoni sono selvatici e potrebbero andare a nidificare altrove − né sofferenza animale, ma con grande attenzione, rispetto e impegno da parte degli agricoltori, e tanto lavoro manuale.

In Islanda, la pratica della raccolta e dell'impiego di piuma di edredone risale all'insediamento dei vichinghi sull'isola nel nono secolo, ma il suo sviluppo commerciale fu avviato dalla seconda metà del diciottesimo secolo, quando agricoltori e pescatori islandesi si resero conto che era per loro più vantaggioso cooperare con gli edredoni e raccogliere le loro piume piuttosto che cacciarli e consumare le loro uova. La prima legge islandese contro la caccia agli edredoni fu promulgata nel 1786, e dal 1847 gli edredoni sono una specie protetta. Oggi, l'Islanda accoglie una delle più grandi popolazioni di edredoni al mondo, stimata a quasi un milione durante il periodo autunnale, quando si formano le coppie che si riprodurranno, se tutto va bene, tra maggio e giugno.

© Envato

Una relazione davvero mutualistica

Rari sono i casi di cooperazione tra una specie selvatica e l'essere umano. All'apice dell'impero Inca, vivevano sull'altopiano andino circa due milioni di vigogne a cui veniva attribuito uno status a metà tra la sfera terrestre e la sfera divina. Le vigogne non potevano essere cacciate e solo la nobiltà inca poteva vestire capi realizzati con la loro lana, raccolta attraverso un rituale molto articolato, il Chaccu, durante il quale grandi gruppi di vigogne venivano circondate, tosate e poi rilasciate. Con la colonizzazione, le vigogne persero il loro statuto semidivino e divennero preda di caccia. A metà del Novecento, quando i tessuti di vigogna erano considerati tra i più pregiati, la specie era quasi estinta: rimanevano meno di diecimila esemplari di vigogna.

Per evitare l'estinzione di un animale così significativo per la cultura locale, nel 1967 il governo peruviano creò la grande Riserva nazionale di Pampa Galeras, estesa per quasi 7.000 ettari, e due anni dopo introdusse il divieto di commercio di prodotti di vigogna. Il divieto assunse valenza internazionale nel 1975, quando CITES (la Convenzione internazionale sul commercio di specie minacciate d'estinzione) classificò la vigogna "specie tra le più minacciate" e vietò qualunque forma di commercio di prodotti di vigogna a livello internazionale. Da allora, grazie alla reintroduzione del Chaccu e al coinvolgimento delle comunità locali nelle attività di salvaguardia della specie e di produzione di lana, la popolazione di vigogne è cresciuta fino a superare le duecentomila unità e il commercio di prodotti di vigogna ha potuto riprendere. Come nel caso del piumino di edredone, la lana tosata viene pulita e preparata a mano, è molto pregiata, rara e di grande valore. 

© Francesco Cara

 

C'è però una differenza sostanziale tra queste due materie rinnovabili ottenute da specie selvatiche. Nel caso della vigogna, la relazione con l'uomo non è propriamente mutualistica, nel senso che non genera beneficio a entrambe le specie ma unicamente all'uomo. Inoltre, include un momento di coercizione necessario per la tosatura. Nel caso dell'edredone, invece, la relazione è realmente mutualistica. L'edredone riceve protezione dai predatori, un terreno adatto per accoglierlo, in alcuni casi acqua dolce e cibo. L'uomo recupera il prezioso piumino senza perturbare in modo significativo il processo riproduttivo. Il piumino viene infatti raccolto o dopo che gli anatroccoli hanno lasciato il nido o attraverso ripetuti prelievi di ciuffetti o, a incubazione avanzata, sostituendo il piumino del nido con abbondante fieno.

© Francesco Cara

 

È l'edredone a decidere dove nidificare, a volte ritornando dove aveva già nidificato, altre volte utilizzando un nido, un anfratto o una cavità utilizzata in precedenza da altri edredoni, oppure ancora costruendo un nuovo nido altrove. È l'uomo a doversi muovere per trovare i nidi. Inoltre non c'è sfruttamento. L'edredone, infatti, perde le piume naturalmente, per permettere al calore del proprio corpo di propagarsi alle uova durante l'incubazione, e le utilizza per foderare il nido in modo da isolarlo, conservare e diffondere il calore, e proteggere le uova durante le rare interruzioni della cova, che compie soprattutto per dissetarsi. Una volta che le uova si sono schiuse e, dopo circa 24 ore, che gli anatroccoli sono accompagnati in acqua, le piume del nido andrebbero comunque a disperdersi nell'ambiente.

© Francesco Cara

L’importanza della posizione geografica

Per le attività umane di protezione dai predatori, la posizione geografica è un fattore determinante. È più facile proteggere la colonia su un'isola come Vigur, sufficientemente distante dalla costa da avere come unici predatori gabbiani e aquile. È più complesso invece proteggere la colonia quando la fattoria si trova sulla terraferma, dove a predare nidi e anatroccoli sono anche corvi, visoni e volpi artiche. Mentre sulle isole l'attività di protezione consiste principalmente nel tenere lontani aquile e gabbiani ed evitare che questi si riproducano sull'isola, sulla terraferma l'attività è più intensa e comporta anche delle vere e proprie ronde da parte degli agricoltori, oltre che misure per allontanare, catturare o eliminare visoni e volpi artiche.

Per quanto riguarda la creazione di un ambiente protetto e accogliente, a Vigur è stato costruito addirittura un "muro per gli edredoni" che offre loro nicchie dove nidificare e covare al riparo da vento, pioggia e gabbiani, e che nel 1830 è valso al suo inventore, Kristjan Gudmudsson, un prestigioso riconoscimento per l'innovazione in agricoltura conferito dal re di Danimarca. In altre fattorie, vengono invece predisposti ripari di pietra e legno o utilizzati vecchi copertoni per accogliere i nidi.

© Francesco Cara

 

In termini di quantità, la produzione di piumino d'edredone è certo una nicchia rispetto all'enorme produzione di piume di anatra e di oca da allevamento, pari a circa 270.000 tonnellate l’anno, ottenute spiumando gli animali soprattutto da morti ma in alcune culture anche da vivi. È però la dimostrazione che è possibile produrre materia naturale, longeva e rinnovabile attraverso la collaborazione tra specie nel massimo rispetto del vivente, facendone riconoscere pienamente il valore dal mercato.

© Francesco Cara

 

Questo articolo è disponibile anche in inglese / This article is also available in English

 

Immagine di copertina: Anna Storsul, Unsplash