Tolosa è una città vivace e ricca di storia cresciuta lungo il corso della Garonne e capoluogo della Regione Occitania. Nota per essere la sede di Airbus e quindi legare la propria economia a un’industria tutt’altro che leggera, negli ultimi anni ha rivolto la propria attenzione verso l’economia circolare attraverso una serie di politiche regionali ambiziose. Per parlarne, incontriamo Agnès Langevine, terza vicepresidente della Région Occitanie con delega alla transizione ecologica ed energetica, alla biodiversità, all’economia circolare e ai rifiuti.
Spiega Langevine: “Con il passaggio alle Regioni delle competenze nella pianificazione della gestione dei rifiuti, la Regione Occitania ha fissato un percorso verso l’obiettivo ‘zero spreco e zero rifiuti’. Non soltanto: vogliamo stimolare l’ascesa dell’economia circolare con il programma ‘Regione a energia positiva’ e la strategia regionale per la biodiversità”. Le domandiamo quali azioni sono previste per la transizione circolare. “Il nostro piano d’azione – risponde Langevine – è diviso in sei assi tematici che coinvolgono la governance e gli scambi di informazioni, la ricerca e l’innovazione, la raccolta e il recupero dei rifiuti, i sistemi economici per cambiare le modalità di produzione e consumo, la spesa pubblica e le sinergie territoriali. Stiamo lavorando allo sviluppo di offerte più virtuose per consumo di risorse grazie ad autorità locali, camere di commercio, consorzi, associazioni. Per sostenere i progetti, la Regione ha implementato un supporto per attività collettive e corali, di aiuto agli studi strategici e di sostegno finanziario dei progetti. Abbiamo inoltre lanciato due bandi per progetti sui temi prioritari di edilizia e smistamento di rifiuti organici alla fonte.”
Per quanto riguarda l’individuazione dei settori particolarmente attivi sul fronte dell’economia circolare nella regione, Agnès Langevine precisa: “Abbiamo stilato un report dei flussi di materiali da cui emerge che le principali questioni relative alle risorse si concentrano sui flussi alimentari e dei materiali da costruzione. Stiamo contribuendo a strutturare una rete regionale per sostenere le molte iniziative private, ancora pionieristiche e il cui modello economico resta da consolidare, migliorando il servizio della raccolta differenziata e della scomposizione per il riuso, il riciclo o il recupero. Inoltre, il primo Forum regionale sull’economia circolare in Occitania lo scorso ottobre ha riunito oltre 250 attori, mostrando l’entusiasmo per questo modello soprattutto nelle giovani generazioni di imprenditori”. Continua Langevine: “L’Occitania può contare su leader nel campo della ricerca e dell’innovazione, un’importante rete di attori dell’economia sociale e solidale e di startup innovative. Il Piano regionale per la prevenzione e la gestione dei rifiuti consente di dare visibilità ai giacimenti e ai flussi di materia e prevede la trasformazione dei posti di lavoro verso la creazione di nuovi servizi locali con un elevato valore aggiunto. I nostri territori hanno tutto ciò che serve per rendere i rifiuti risorse preziose, ridurre la dipendenza dal costo delle materie prime, sviluppare una nuova cooperazione a livello locale e registrare il loro sviluppo nel circolo virtuoso dell’economia circolare.”
Da Tolosa ci spostiamo a est, nel dipartimento del Tarn, per conoscere due realtà diverse per dimensione, ma ugualmente impegnate nella transizione verso un’economia circolare. Incontriamo Laboratoires Pierre Fabre, un gruppo farmaceutico e cosmetico creato dall’omonimo farmacista e botanico che, nonostante la dimensione internazionale, riesce a rendere concreto il paradigma dell’economia circolare. L’azienda, nata nel 1962 a partire dal successo di alcuni preparati galenici realizzati in origine all’interno del laboratorio della farmacia di Fabre, è ora parte di un gruppo che ha a capo la Fondazione Pierre Fabre, organo di pubblica utilità riconosciuto dallo Stato francese per la sua missione, permettere l’accesso a medicinali e cure di qualità nei paesi in via di sviluppo e nei territori devastati da guerre e calamità naturali.
Per la società l’idea di capitale naturale di Amory Lovins è quanto di più reale: il 70% del reddito deriva dalla trasformazione di prodotti di origine naturale e di questo il 40% deriva direttamente dal mondo vegetale. L’investimento nella ricerca è di 174 milioni di euro all’anno ed è destinata allo sviluppo di farmaci, da quelli da banco a quelli per la cura dei tumori (nei quali viene utilizzata la Pervinca del Madagascar, luogo in cui hanno recuperato terreni abbandonati e dato lavoro alla popolazione locale), così come dei prodotti cosmetici, presenti sul mercato internazionale in una serie di linee di fascia diversa, come Avène, Klorane, Galénic e altre. Si tratta del cuore dell’azienda, un valore aggiunto che l’ha portata, grazie un centro di ricerca a Tolosa con 18.000 campioni di piante, a realizzare circa 300 nuovi estratti vegetali all’anno e a prestare la massima attenzione agli scarti di produzione, al ciclo di vita dei propri prodotti e quindi all’intera filiera. Per quanto riguarda gli scarti di produzione, un esempio riguarda il lino: un estratto di questa pianta viene utilizzato come film naturale per uno shampoo volumizzante, il fusto viene venduto a produttori di pannelli isolanti per edifici, mentre le parti inutilizzate forniscono nutrimenti ai terreni di proprietà dell’azienda (200 ettari di coltivazioni biologiche nella sola regione). Il procedimento inverso avviene, invece, con le mele, i cui estratti per le creme vengono ricavati da la polpa e le fibre risultanti dalla produzione di succhi di frutta delle cooperative locali. La Moringa oleifera viene invece coltivata per utilizzare i semi nella cosmetica, mentre le foglie sono convertite dall’azienda in alimento ad alto indice nutrizionale e usato per combattere la malnutrizione, soprattutto infantile, nelle stesse zone di coltivazione.
Non solo: gli scarti di alcune delle piante impiegate nella produzione vengono utilizzati nella caldaia a biomassa presente sul sito produttivo di Saoul e, insieme agli sfalci della potatura dei boschi locali, riescono a coprire il 60% del fabbisogno di riscaldamento degli impianti. Le ceneri che ne derivano, vengono poi conferite a un produttore locale di compost. Un ulteriore aspetto è dato dall’attenzione alla biodegradabilità dei prodotti: infatti la società garantisce per i cosmetici che riportano tale dicitura la biodegradabilità dell’intera formula e ha ridotto l’uso dei solventi del 98%, rivendendo quelli usati al consorzio locale di recupero. Infine, per quanto riguarda le confezioni dei prodotti, Pierre Fabre ha realizzato dei contenitori (bottiglie, tubi ecc.) in Pet riciclato di elevata qualità, acquistando la materia prima seconda dal mercato della plastica usata italiana.
Spostandoci all’interno del dipartimento del Tarn, troviamo Filatures du Parc, un’azienda di Brassac che si occupa di filati per conto terzi dal 1975, con una produzione che va dall’abbigliamento, all’arredamento, ai filati industriali. Ha iniziato la propria transizione verso l’economia circolare nel 2007 con il deposito del brevetto su un nuovo sistema di trasformazione dei materiali tessili (maglioni, jeans ecc.) in fibre lunghe al fine di ricrearne dei filati di qualità provenienti al 100% da materiale riciclato. Con tale tecnica, e con lo sviluppo di due macchinari appositamente progettati, diversamente da uno sfilacciamento classico che schiaccia e deteriora la fibra, la sfibratura così realizzata riesce a preservare la lunghezza delle fibre e quindi evita che si creino pelucchi e pallini sull’articolo finito.
La spinta in questa direzione è arrivata da due fattori principali: la collaborazione di lunga data con marchi di abbigliamento sportivo come Billabong, Element, Quicksilver e Patagonia che iniziavano a richiedere una certa attenzione a queste tematiche e il fatto che tradizionalmente la produzione di filati cardati è stata caratterizzata da un sistema di filatura atto a riciclare la materia prima. Ulteriori collaborazioni per l’azienda sono nate a seguito di questa transizione. In particolare con alcuni soggetti istituzionali, come l’azienda dei trasporti francese RATP, la Gendarmerie e i Vigili del fuoco, per i quali hanno sviluppato dei filati a partire dai capi d’abbigliamento di servizio post-consumo e con alcune aziende (tra cui Ralph Lauren, Zara, Volcom) che inviano loro capi usati e ritirati in negozio oppure difettosi perché vengano sfibrati e rifilati. Inoltre, Filatures du Parc è partner del sistema di recupero e riutilizzo della materia prima seconda del gruppo Renault, per i quali realizzano un filo riciclato al 100% a partire dalle cinture di sicurezza delle auto, che viene poi tessuto dalla società Adient Fabrics France, anch’essa situata nella regione.
Con il 45% del fatturato derivante dall’attività di filati riciclati, l’azienda considera che il mercato sia in espansione e che sia necessario investire in tale direzione: negli ultimi anni hanno infatti acquistato nuovi macchinari per introdurre la lycra nel filato denim, un’aggomitolatrice per le matasse e una macchina per sfibrare i materiali tessili di ultima generazione. La transizione ha anche creato posti di lavoro: attualmente la società occupa 45 persone, tutte residenti nella regione, e ha aperto nuovi mercati nel riciclo di diversi tipi di tessuti. Un ulteriore impegno viene dall’adesione al consorzio francese per il recupero dei tessuti e delle calzature, EcoTLC (Textiles, Linge de maison et Chaussures), in particolare per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo del riciclo di materiale tessile.
Se il Sudovest francese continuerà a favorire questa spinta al contempo tradizionale e innovativa, potrà realizzare il proprio obiettivo e divenire effettivamente una “Regione a energia positiva”.
Regione Occitania, www.laregion.fr
Laboratoires Pierre Fabre, www.pierre-fabre.com/fr
Filatures du Parc, www.filatures-du-parc.com