Insieme agli ambiziosi obiettivi di recupero dei rifiuti urbani che impegneranno gli Stati membri fino al 2035, le direttive Ue costituenti il noto “Pacchetto economia circolare” prevedono anche dei meccanismi per la rimodulazione dei target in caso di difficoltà nel loro raggiungimento. Qui di seguito una panoramica delle disposizioni normative relative a obiettivi e connessi sistemi di scostamento/revisione.
Percentuali minime di preparazione per il riutilizzo e di riciclaggio
La direttiva 2018/851/Ue, uno dei quattro provvedimenti del citato “Pacchetto economia circolare”, ha sancito (mediante la modifica della direttiva madre sui rifiuti, la 2008/98/Ce) che preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani dovranno essere aumentati almeno: al 55% in peso entro il 2025; al 60% entro il 2030; al 65% entro il 2035. Tali obiettivi sono stati pedissequamente traslati sul piano nazionale dal Dlgs 116/2020, che li ha introdotti direttamente nel Dlgs 152/2006, il cd. “Codice ambientale”.
La direttiva 2018/851/Ue ha però parallelamente previsto dei meccanismi di rimodulazione dei suddetti obiettivi, sancendo che: 1) gli Stati membri possano, in casi di difficoltà prontamente comunicati, rinviare fino a cinque anni il loro conseguimento, purché garantiscano per ognuno dei tre step temporali uno scostamento non inferiore al 5% dei target previsti; 2) la Commissione Ue entro il 31/12/2024 valuti l’introduzione di nuovi obiettivi (anche) in relazione alle citate modalità di recupero dei rifiuti urbani ed entro il 31/12/2028 comunque riesamini l’obiettivo del 2035, in entrambi i casi trasmettendo a Parlamento e Consiglio Ue una relazione e, se del caso, una proposta legislativa.
Divieto progressivo di ammissibilità in discarica
La direttiva 2018/850/Ue, sempre parte del “Pacchetto economia circolare”, ha invece novellato il provvedimento madre in materia di discariche (la direttiva 1999/31/Ce), imponendo agli Stati membri di: 1) adoperarsi per garantire che entro il 2030 tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani, non siano ammessi in discarica, a eccezione di quelli per cui il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale; 2) adottare le misure necessarie per assicurare che entro il 2035 la quantità di rifiuti urbani collocati in discarica sia ridotta al 10%, o ad una percentuale inferiore, del totale dei rifiuti urbani prodotti (per peso).
Gli obiettivi in parola sono stati declinati sul piano nazionale dal Dlgs 121/2020, che ha sul punto modificato il provvedimento di riferimento sulle discariche (il Dlgs 36/2003) ed affidato ad un futuro decreto ministeriale la definizione dei criteri per l’individuazione dei rifiuti “in deroga” al divieto di avvio a discarica. Analogamente a quanto disposto dall’omonimo provvedimento in tema di recupero più sopra illustrato, la direttiva 2018/850/Ue ha poi introdotto dei meccanismi di rivisitazione degli ambiziosi obiettivi di “addio alla discarica”, stabilendo che: 1) gli Stati membri, sempre ricorrendo particolari condizioni, possano rinviare per un periodo massimo di cinque anni il raggiungimento del tetto massimo del 10% di collocamento dei rifiuti urbani in discarica previsto per il 2035, purché entro la stessa deadline non superino comunque il limite del 25%; 2) la Commissione Ue riesamini entro il 31/12/2024 l’obiettivo originario del 2035, anche al fine di ridurlo o di introdurre “obiettivi quantitativi pro capite” di rifiuti collocabili in discarica, sempre presentando, ove opportuno, una proposta normativa.
Tetto massimo ai rifiuti urbani residui
Da ultimo, con il nuovo Piano d'azione per l'economia circolare adottato nel 2020, l’Unione europea ha però annunciato che, nel contesto del futuro ed ulteriore riesame della citata direttiva 2008/98/Ce, la Commissione presenterà ulteriori obiettivi di riduzione dei rifiuti al fine di “dimezzare la quantità di rifiuti urbani residui (non riciclati) entro il 2030”.
Tutti i testi aggiornati e coordinati dei provvedimenti unionali e nazionali sono consultabili in modo ragionato nello “Speciale Economia circolare e Pnrr” di Reteambiente – Osservatorio di normativa ambientale.
Immagine: Christian Wiediger (Unsplash)