Nell’economia circolare uno dei nodi più controversi rimane l’approvvigionamento della materia da riciclare o rigenerare.

Come racconta William McDonough in questo numero di Materia Rinnovabile, il rifiuto non va considerato necessariamente e solo come un’esternalità negativa con forti impatti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Piuttosto, deve essere visto come una materia “prima” di grande valore, scarsa (in senso economico) e soggetta a una forte competizione per il suo utilizzo. 

Dunque, l’approvvigionamento è un fattore chiave e richiede un design intelligente dell’intera filiera. Spesso, però, raccogliere un rifiuto “di qualità” in maniera efficace è tutt’altro che semplice.

Per questo Materia Rinnovabile ha voluto analizzare alcuni casi studio al fine di evidenziare come, in diversi settori, le imprese si attrezzino per creare una filiera industrializzata. Un modello di successo è rappresentato dalla filiera della rigenerazione degli oli usati.

L’Italia è una nazione all’avanguardia in questo settore. Nel nostro paese oltre il 90% degli oli lubrificanti raccolti è utilizzato per produrre basi rigenerate che vengono re-immesse nel mercato. I prodotti delle raffinerie di rigenerazione sono posti sullo stesso piano dei prodotti provenienti dalle raffinerie primarie, creando una positiva competizione tra i due mondi. Il restante 10% non è oggetto di rigenerazione e viene utilizzato come combustibile nei cementifici, mentre una quota minima è termodistrutta. Gli oli lubrificanti avviati a combustione sono “materia non rinnovabile”, il cui livello di inquinamento non consente cioè di rientrare negli stringenti parametri di legge riferiti alle qualità chimiche che l’olio usato deve rispettare per essere recuperato.

La rigenerazione è un processo che opera una forte riduzione dell’impatto ambientale, fa diminuire il consumo di materia prima (petrolio greggio) e quindi abbatte le emissioni prodotte in fase di estrazione, trasporto e raffinazione dello stesso. Una tonnellata di base lubrificante rigenerata, prodotta grazie a una tecnologia avanzata, permette infatti di ridurre di almeno il 40% le emissioni di CO2 rispetto alla prima raffinazione. 

I dati relativi ad alcuni paesi europei danno un’idea della dimensione assunta dalla filiera della rigenerazione degli oli usati, rivelando nel contempo diversità di performance molto significative. In Francia è rigenerato circa il 70% del totale degli oli usati, il 60% circa in Spagna, mentre la Germania, culla dell’industria pesante e dell’automobile, rigenera solo la metà dell’olio usato raccolto. In Italia nel 2013, su 171.000 tonnellate di rifiuto, ben 155.000 sono state reimmesse sul mercato sotto forma di basi rigenerate. Un’eccellenza all-italian poco nota.

 

Sicuramente un elemento che ha favorito questi risultati è la legge sulla rigenerazione: secondo Coou, il Consorzio obbligatorio degli oli usati, si tratta di una delle leve fondamentali per questo settore dell’economia circolare. Il quadro normativo nazionale in materia di gestione degli oli usati deriva dal recepimento delle direttive comunitarie. Tutto l’olio lubrificante raccolto è analizzato e la normativa italiana stabilisce con puntualità i criteri che determinano le diverse destinazioni. In Italia, quindi, la legge che regola il settore determina anche la destinazione d’uso. 

Un fattore senza dubbio positivo, ma che da solo non basta a determinare il successo della raccolta. “In circa 20 anni il mercato dei lubrificanti si è contratto del 40%. Effetto di questo trend è stata la sostanziale riduzione nella disponibilità di olio usato”, spiega l’ingegner Marco Codognola, direttore della Divisione Ambiente, Acquisti e Business Development di Viscolube, azienda leader in Italia nella raffinazione degli oli lubrificanti usati. Questa riduzione degli approvvigionamenti ha spostato l’attenzione sulla filiera del rifiuto per una ragione fondamentale: il flusso di olio usato rigenerabile verso le raffinerie deve essere costante.

“La stabilità di approvvigionamento in termini di caratteristiche e di quantità”, commenta Codognola, “è uno dei fattori chiave per ottimizzare il funzionamento del processo di rigenerazione degli oli usati e massimizzare l’efficienza e la qualità dei prodotti riciclati”.

La congiuntura industriale ed economica è un elemento che può influire sul sistema di approvvigionamento del rifiuto: a un calo della produzione industriale nazionale corrisponde una proporzionale diminuzione nella disponibilità di oli lubrificanti usati.

Sono fenomeni ben noti a Viscolube, che ha dovuto affrontare la grave crisi economica e industriale del 2008-2014. Da un lato, la chiusura di molte aziende italiane e il calo generale della produzione industriale (in Italia si è ridotta quasi di un quarto dal 2008 al 2013) hanno fatto diminuire la quantità di olio usato disponibile. Dall’altro il settore automobilistico, altra fonte d’importanza strategica per re-refiner come Viscolube, ha visto l’introduzione di motori sempre più performanti, con consumi ridotti di lubrificante. Nello stesso tempo, si è assistito a una riduzione generale dell’uso dell’automobile. Si allungano i tempi dei cambi d’olio, diminuisce l’uso dell’auto e, infine, si utilizzano maggiormente mezzi con minor consumo di olio (come per esempio le auto elettriche). 

“Per noi, come per tante imprese che si avvalgono del rifiuto come materia prima, alla base di un processo industriale complesso ci deve essere un processo di acquisizione idoneo. Dunque abbiamo ritenuto strategico partecipare a questa fase della filiera”, aggiunge Codognola. “Forti dell’esperienza cinquantennale nella gestione e rigenerazione dell’olio usato – e grazie alla conoscenza delle società che lo raccolgono – è maturata la decisione di Viscolube di entrare nel settore della raccolta e gestione di rifiuti speciali”. Per raggiungere questo scopo Viscolube ha creato Viscoambiente, divisione aziendale dedicata alla raccolta, gestione e trattamento dei rifiuti speciali. L’obiettivo di Viscoambiente è integrare la gestione dei rifiuti pericolosi offrendo ai propri clienti la più ampia scelta di servizi ambientalmente sostenibili. 

“Il consolidamento del settore italiano dei rifiuti pericolosi attraverso la costruzione e l’ottimizzazione di un player nazionale, dotato di crescenti capacità operative di raccolta logistica e di riciclo rientra nei nostri progetti”, spiega Codognola. “In questa ottica, Viscoambiente assicura alle raffinerie del gruppo una parte del rifiuto a loro necessario: è partita nel 2013 e al momento ha acquisito cinque imprese, mentre per altre siamo in fase di negoziazione. Abbiamo aziende di raccolta in Piemonte (Settimo Torinese), in Veneto (Vittorio Veneto e Verona), in Friuli (Palmanova) ed Emilia Romagna (Bologna). Il quantitativo di olio usato così ottenuto rappresenta oggi circa il 12% del flusso totale in entrata. La parte rimanente viene acquistata da tutte le altre aziende operanti sul territorio nazionale”. 

Oggi Viscoambiente ha un fatturato aggregato di circa 25 milioni di euro. L’idea di base è avere una struttura industriale per la raccolta: senza questa efficienza il processo è meno integrato e più difficoltoso.

Infine, per ciò che riguarda le fonti di approvvigionamento, Codognola precisa: “Il quantitativo italiano di olio usato non è sempre sufficiente a garantire il funzionamento ottimale degli impianti. Pertanto recuperiamo qualcosa dalla Francia e da altri paesi. Circa il 10% dell’ammontare complessivo di olio usato rigenerato dalle nostre raffinerie proviene dall’estero, da aree in cui la capacità di rigenerazione è inferiore ai quantitativi di olio usato raccolto. Ogni stato membro della Ue ha però una legislazione specifica e dato che si tratta di un rifiuto pericoloso, in osservanza del principio di prossimità, preferiamo ottenere la materia prima localmente”. Privilegiare un approvvigionamento basato su risorse prodotte localmente è una strategia dalla doppia valenza, economica e ambientale: consente di ridurre i costi e le emissioni derivanti dal trasporto.

Quello della rigenerazione degli oli usati è un settore di eccellenza, dunque, ma con criticità ancora da superare.

“Di sicuro, una è la scarsa consapevolezza della priorità che la Commissione europea assegna alla rigenerazione e al riciclo nella gerarchia di smaltimento dei rifiuti stabilita con la Waste Directive. Si tratta di una gerarchia di uso che dovrebbe essere applicata in maniera rigorosa in tutti gli stati, senza deroghe che consentano la combustione indiscriminata di olio.” E per quanto riguarda il mercato italiano? “Riteniamo che, laddove ci siano eccellenze capaci di dimostrare che si può fare industria e prodotti di qualità con la rigenerazione, diffondere la cultura dell’economia circolare e del riciclo sia un dovere da parte di tutti, in primis da parte della pubblica amministrazione che potrebbe adempiere con maggior rigore alla direttiva sugli acquisti verdi.”

 

Info

www.viscolube.it

 

 

Immagine in alto: elaborazione grafica di illustrazioni tratte da freepick.com