Cambiare spesso significa anche evolvere, adattarsi ai tempi che cambiano. E ciò che sembrava pionieristico oltre trent’anni fa, quando è nato il Consorzio obbligatorio degli oli usati, oggi è una promessa realizzata. In questi tre decenni, infatti, i rifiuti sono finalmente diventati una risorsa: i dati stessi del Coou testimoniano questo passaggio. 

Nel 2015, infatti, secondo l’ultimo Green Economy Report del Consorzio sono state raccolte dalle imprese del sistema Coou, 166.700 tonnellate di oli usati: praticamente il 43% del volume totale di quanto immesso al consumo durante lo stesso anno. Una percentuale vicinissima al limite massimo teorico raggiungibile, considerando che più della metà dei lubrificanti si consumano durante l’uso.

Il destino degli oli raccolti è stato per il 99,7% dei casi, vale a dire 165.500 tonnellate, quello di essere avviato alla rigenerazione per il recupero di materiale. E solo una parte residuale, 465 tonnellate, sono state avviate alla termodistruzione. 

Un dato importantissimo che conferma un trend in atto da diversi anni, mancando di appena un soffio il 100%.

 

 

“Ciò è stato possibile – si legge nell’ultimo Green Economy Report di Coou – in virtù degli investimenti effettuati dalle imprese della rigenerazione in processi di pre-trattamento degli oli in ingresso alle raffinerie che, senza rischi per l’ambiente, consentono di assorbire nel processo di ri-raffinazione anche la quota parte di oli usati raccolti e classificati idonei al recupero come combustibile per la produzione di energia, in deroga alle norme tecniche per la gestione degli oli usati”.

Ma non sono solo le imprese ad aver migliorato le proprie performance. È stato anche il Coou ad aver cambiato il proprio modello di gestione: dalla metà del 2014 il suo ruolo è diventato da quello di operatore di mercato negli scambi commerciali degli oli usati tra le imprese della raccolta e quelle della rigenerazione a quello di operatore sussidiario al mercato. In questo modo Coou assicura e incentiva comunque la raccolta, ma lascia alla libera contrattazione tra gli operatori la definizione del prezzo di acquisto/cessione degli oli usati da avviare a rigenerazione.

“In questo cambiamento – spiegano dal Coou – il ruolo di sussidiarietà viene mantenuto a garanzia di un eventuale ‘fallimento del mercato’ stesso. Ossia nel caso in cui la gestione degli oli usati finalizzata alla rigenerazione risultasse antieconomica per le imprese del settore, per esempio a causa della volatilità del prezzo del petrolio, con il rischio di una gestione dannosa per l’ambiente di un rifiuto pericoloso.”

Dal punto di vista operativo, secondo il vecchio modello, il Coou aveva un contratto di servizio con le imprese di raccolta autorizzate che provvedevano a recuperare gli oli usati su tutto il territorio nazionale senza costi aggiuntivi per i detentori. In questa ottica, per evitare ogni rischio legato alla movimentazione del rifiuto, gli oli usati raccolti erano conferiti in impianti di stoccaggio coordinati dal consorzio e dislocati presso le imprese di rigenerazione o in aree limitrofe. E, per garantire un’equità di trattamento, i costi di trasporto dai serbatoi di stoccaggio temporaneo presso le imprese della raccolta fino ai centri di stoccaggio, venivano corrisposti dal Coou. Da qui, poi, gli oli venivano sottoposti ad analisi e classificati secondo le modalità più idonee di trattamento.

 

 

Con il nuovo modello gestionale, invece, il Coou per agevolare i rapporti diretti tra le imprese di rigenerazione e i raccoglitori ha modificato il quadro contrattuale con le imprese della raccolta proponendo due contratti diversi. 

Nel primo, indipendentemente dal fatto che gli oli usati raccolti vengano ceduti al consorzio o direttamente a una raffineria, il Coou riconosce ai raccoglitori un incentivo alla raccolta, inclusa la micro raccolta, nonché ulteriori compensi e indennizzi.

Il secondo contratto fissa, invece, un prezzo degli oli usati per l’acquisto di ultima istanza; uno strumento per le imprese della raccolta che consenta loro di cedere al consorzio gli oli usati a un prezzo equo, qualora non riuscissero a venderli a un prezzo soddisfacente per trattativa diretta con le imprese della rigenerazione.

Infine, secondo il nuovo modello, Coou mantiene il coordinamento dei centri di stoccaggio, attraverso il quale verifica i flussi e la qualità degli oli usati raccolti al fine della loro classificazione prima della cessione alle imprese della rigenerazione.

Gli oli usati, così controllati, possono poi essere liberamente commercializzati tra le imprese, mentre per quel che riguarda gli oli di “ultima istanza”, cioè quelli acquistati in maniera calmierata dal Coou stesso, vengono ripartiti alle imprese della rigenerazione in via amministrata o tramite gara. 

Ma non sempre cambiare è garanzia di immediato successo. A volte servono mesi se non anni prima di poter cominciare a fare i primi bilanci realmente positivi. Non è questo il caso. La trasformazione del sistema Coou ha subito confermato i trend di raccolta e riutilizzo degli anni precedenti. Non solo si è quasi giunti al limite teorico massimo di raccolta possibile, ma la percentuale di oli avviati alla rigenerazione ha raggiunto la quasi totalità. Un risultato mai visto prima.

“Questa performance di raccolta – si legge nel Green Economy Report – trova riscontro anche nei primi sei mesi di gestione del nuovo modello operativo nel 2014 e per tutti i 12 mesi del 2015, durante i quali gli scambi commerciali degli oli usati nella filiera sono avvenuti prevalentemente in riferimento ad accordi diretti tra le imprese della raccolta e quelle della rigenerazione: un chiaro segnale che il sistema di imprese della filiera degli oli usati in Italia ha saputo rispondere positivamente al cambiamento di modello operativo proposto dal Coou.”

Così come un altro segnale importante da cogliere, e da interpretare, è quello delle performance relative al controllo dei flussi e della qualità degli oli lubrificanti usati raccolti. Anche in questo caso non sono state registrate differenze apprezzabili fra un sistema di gestione e l’altro. Indice che la filiera era matura per il salto.

 

 

Un percorso durato anni, ovviamente, come dimostra la strada fatta nel riuscire a rigenerare una quantità sempre maggiore di oli. Nel tempo infatti ci sono stati andamenti altalenanti anche con trend negativi e instabili, almeno fino all’inizio degli anni Duemila, per poi riprendere un trend positivo e aumentare negli ultimi tre anni di gestione. 

“L’incremento dei quantitativi avviati a rigenerazione negli ultimi anni trova riscontro nel fatto che, diversamente dagli anni precedenti, una parte consistente degli oli usati raccolti e classificati dal Coou come idonei alla eliminazione per combustione con recupero energetico, sono invece stati assorbiti dalle imprese della rigenerazione, autorizzate al loro trattamento in deroga alle norme tecniche di gestione degli oli usati definite nel decreto ministeriale del 1996, nr. 392 ‘Regolamento recante norme tecniche relative alla eliminazione degli oli usati’, come previsto dall’articolo 216-bis, comma 7 del Dlgs 152/2006 e successive integrazioni” spiega con dovizia di dettagli il Green Economy Report 2015.

Non tralasciando di specificare che però si è trattato di una transizione, se non di un’opportunità vera e propria, attivata dalle imprese della rigenerazione del sistema prima dell’entrata in vigore del nuovo modello di gestione del Consorzio, contribuendo “in modo positivo al ciclo degli oli minerali usati in chiave di economia circolare, tanto più in una fase di contrazione della disponibilità di oli usati dovuta alla diminuzione, strutturale, dei consumi di lubrificanti”. 

In altre parole le imprese della rigenerazione hanno saputo investire in innovazione, adeguando le dotazioni impiantistiche per lo stoccaggio e il trattamento degli oli usati in ingresso al processo di distillazione (preflash) e consentendo, di conseguenza, il recupero di materia, senza rischi per l’ambiente, inclusi gli oli usati classificati “idonei alla combustione” “senza compromettere la resa finale di rigenerazione, che rimane ancorata a un valore prossimo al 65% degli oli usati lavorati e incrementando il quantitativo di basi rigenerate complessivamente prodotte”. 

 

 

Info

www.coou.it/it/