Fino a qualche anno fa gli stessi effetti del cambiamento climatico potevano essere raccontati da tabelle e paper scientifici, ma era difficile darne chiara raffigurazione. Come si racconta un fenomeno globale su una scala temporale di un centinaio di anni? Il lavoro colossale “Sulle tracce dei ghiacciai” di Fabiano Ventura analizza le foto storiche di ghiacciai montani scattate sul Karakorum, in Caucaso, in Alaska, sulle Ande, in Himalaya e sulle Alpi confrontandole con le foto degli stessi luoghi come sono oggi, utilizzando lo stesso punto di ripresa (repeat photography).
Attraverso la comparazione, e grazie alla potenza visiva delle immagini, emerge in tutta la sua drammaticità la trasformazione dei ghiacciai legata ai cambiamenti climatici. Nella primavera del 2018 Fabiano Ventura ha ultimato la quinta spedizione sull’Himalaya, in compagnia del geologo Andrea Bollati e del regista documentarista Federico Santini. Il team – guidato da un nutrito gruppo di sherpa – ha esplorato la sezione della catena himalayana al confine tra il Nepal, l’India e la Cina, comparando lo stato attuale dei ghiacciai con le immagini scattate in passato durante alcune tra le più grandi imprese che hanno toccato la zona dell’Everest e del Kangchenjunga, rispettivamente la prima e la terza montagna più alta della Terra. Le foto storiche usate (ne trovate alcune in queste pagine) sono quelle della spedizione del 1899 dell’alpinista inglese Douglas W. Freshfield, alla quale partecipò anche il fotografo italiano Vittorio Sella, e di quelle a cui hanno preso parte negli anni ‘20 e ‘30 George Mallory e Edward Oliver Wheeler, tra i primi britannici a vedere dal vivo il monte Everest.
“Utilizziamo il confronto fotografico come strumento che coniuga la forza comunicativa delle immagini con il rigore della ricerca storica e scientifica”, spiega Fabiano Ventura. “Le immagini, che testimoniano l’arretramento dei più grandi ghiacciai montani della Terra, unite ai dati scientifici rilevati, forniscono un’idea immediata delle straordinarie variazioni climatiche che il nostro pianeta sta vivendo, e confermano quanto siano urgenti tutte le possibili azioni che ne limitino le conseguenze.”
“Sulle tracce dei ghiacciai”, sulletraccedeighiacciai.com
Nel 2020 si svolgerà la spedizione conclusiva del progetto “Alpi 2020”.
Caucaso
Ghiacciaio Adishi in Suanezia
Vista frontale del ghiacciaio Adishi, situato nella parte centrale della catena montuosa del Grande Caucaso nella regione di Svaneti, in Georgia. Dal confronto fotografico è ben evidente il collasso dell’intera superficie della fronte del ghiacciaio. La lunghezza del ghiacciaio Adishi è di 9 chilometri e la sua superficie è di 12,9 chilometri quadrati. La lingua del ghiacciaio scende fino a 2.298 metri sul livello del mare, con una caduta di oltre mille metri, uno dei più spettacolari della regione. Il ghiacciaio Adishi, che prende il nome dal vicino villaggio, è la sorgente del fiume Adishischala, un importante bacino idrico della zona.
Sopra: Mor von Dechy, 1884 – ©Royal Geographical Society
Sotto: Fabiano Ventura, 2011 – ©Archivio F. Ventura
Himalaya
Ghiacciaio Gyarag
Il ghiacciaio Gyarag e il monte Cho Oyu (8.201 m), la sesta montagna più alta della Terra. Grazie al punto di vista della fotografia particolarmente angolato dall’alto, il confronto mette in evidenza l’impressionante lago glaciale formatosi negli ultimi cinquant’anni a seguito dello scioglimento superficiale che oggi misura oltre 2 chilometri di lunghezza e 600 metri di larghezza. La formazione di questi laghi è ormai purtroppo una caratteristica dei ghiacciai himalayani che spesso rappresenta un pericolo per le popolazioni vallive. Infatti è successo più volte che a seguito della rottura delle dighe naturali che ne contengono le acque si siano create improvvise inondazioni.
Sopra: Major E.O. Wheeler, 1921 ©Royal Geographical Society
Sotto: Fabiano Ventura, 2018 – ©Archivio F. Ventura
Ande
Ghiacciaio Upsala e catena di confine tra il Cile e l’Argentina
A 85 anni di distanza il ghiacciaio Upsala nel Parco Nazionale Los Glaciares in Argentina si è ritirato di 15 chilometri. La valle ripresa nella fotografia è lunga 90 chilometri e larga più di 10.
Il suo nome deriva dall’Università svedese di Uppsala (riprende la vecchia ortografia, Upsala), che ha condotto la prima indagine glaciologica della regione nel 20 secolo. La parte settentrionale che scende dal campo di ghiaccio si trova nella zona di confine non demarcata colpita dal contenzioso del campo di ghiaccio Patagonico Sud tra Argentina e Cile, che continua ad allegare il ghiacciaio nelle proprie mappe ufficiali.
Sopra: Alberto Maria De Agostini, 1931 ©Museo Borgatello
Sotto: Fabiano Ventura, 2016 – ©Archivio F. Ventura
Alaska
Congiunzione tra il ghiacciaio Muir e il suo affluente Riggs nel fiordo Muir
L’immagine è stata scattata dalla stazione fotografica 4 dal White Thunder Ridge, nell’attuale Parco Nazionale di Glacier Bay, Alaska.
A 72 anni di distanza la parte terminale del ghiacciaio Muir nel Parco Nazionale di Glacier Bay si è ritirato di quasi 20 chilometri fino a scomparire dall’inquadratura. Il confronto fotografico documenta in modo molto evidente i significativi cambiamenti del paesaggio come per esempio la crescita di una fitta vegetazione sulle montagne circostanti del fiordo Muir. Si noti inoltre la corrispondenza tra la linea della trimline sulla montagna di sfondo e l’altezza del ghiacciaio nella fotografia storica che nella zona centrale superava i 700 metri di spessore.
Sopra: William Osgood Field, 1941 ©Alaska and Polar Regions Collections & Archives, Elmer E. Rasmuson Library, University of Alaska Fairbanks
Sotto: Fabiano Ventura, 2013 – ©Archivio F. Ventura