Le nuove elezioni non portano solo un cambiamento nei volti dei componenti delle assemblee elette, ma spesso anche un mutamento delle politiche e degli obiettivi, in coerenza con lo schieramento politico risultato vincitore.
Le elezioni del Parlamento europeo della primavera 2014 hanno spostato un po’ più verso centro-destra l’asse politica delle istituzioni europee ed era lecito attendersi anche dei cambiamenti nella politica ambientale.
Il rinnovo del Parlamento europeo ha naturalmente determinato un rinnovo della Commissione europea, l’organismo che ha il compito di proporre le leggi al Parlamento che poi le dovrà votare, spesso in tandem con il Consiglio dell’Unione europea, l’altro organo dell’Ue che negozia e adotta la normativa europea insieme al Parlamento europeo (procedimento di co-decisione).
Il Presidente della Commissione europea viene nominato dal Consiglio europeo (l’organo che comprende tutti i capi di stato e governo della Ue e che non va confuso con il Consiglio dell’Unione europea), mentre il Consiglio d’accordo con il Presidente eletto designa gli altri Commissari. La designazione di tutti i Commissari, compreso il Presidente, è soggetta all’approvazione del Parlamento europeo. E il Parlamento europeo il 22 ottobre 2014 ha approvato la nuova Commissione targata Juncker che si è insediata il 1° novembre 2014.
Questo piccolo promemoria su cosa accade quando i cittadini europei eleggono i loro nuovi rappresentanti è utile sia per capire quanto il mutato assetto politico post elezioni influenzi la composizione della Commissione europea (e le sue politiche) sia per comprendere l’importanza della Commissione come motore propulsore del diritto europeo e quindi delle nuove regole che l’Unione decide di darsi.
La Commissione infatti propone atti legislativi al Parlamento e al Consiglio, gestisce il bilancio dell’Unione europea, attribuisce i finanziamenti e vigila sull’applicazione del diritto europeo.
Insomma, sapere cosa vuole fare, quale sarà l’agenda politica della Commissione europea è una delle prime cose che cittadini e imprese europei si chiedono dopo nuove elezioni.
Erano pertanto molto attese le priorità della nuova Commissione europea. Il 16 dicembre 2014 la Commissione ha annunciato il programma di lavoro per il 2015, nel quale ha esposto le azioni che intende adottare nell’anno “per cambiare realmente le cose in termini di occupazione, crescita e investimenti e portare vantaggi concreti ai cittadini. È un programma di cambiamento”.
La nuova Commissione Juncker ha sottolineato la discontinuità politica rispetto alla Commissione Barroso che l’ha preceduta e ha marcato tale discontinuità cassando 80 proposte legislative sulle 450 che attendono una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio.
Tra queste proposte legislative, come si accennava c’è la direttiva sull’economia circolare che rinnovando le direttive su rifiuti, imballaggi, discariche, veicoli fuori uso e pile e accumulatori, disegnava obiettivi di recupero e riciclo ambiziosi (forse troppo).
Secondo la precedente Commissione europea il conseguimento degli obiettivi in materia di rifiuti fissato dalla direttiva sull’economia circolare avrebbe portato 580.000 nuovi posti di lavoro, rendendo l’Europa più competitiva e riducendo la domanda di risorse scarse e costose.
In particolare la direttiva prevedeva il riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani e dell’80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e dal 2025 il divieto di collocare in discarica i rifiuti riciclabili.
Il modello economico proposto dalla direttiva è un modello dove le materie prime non vengono più estratte, utilizzate una sola volta e gettate via. In un’economia circolare i rifiuti spariscono e il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio diventano la norma.
La proposta di direttiva si inseriva nella “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” (comunicazione della Commissione 20 settembre 2011, n. COM(2011) 0571) rientrando nell’iniziativa faro sull’impiego efficace delle risorse della Strategia Europa 2020.
Perché la nuova Commissione europea presieduta da Juncker ha deciso il ritiro?
Secondo il comunicato stampa della Commissione le proposte di legge varate dal precedente esecutivo presieduto da Barroso sono state ritirate per tre ragioni alternative:
1. non in linea con le priorità della nuova Commissione; o
2. giacenti da troppo tempo sul tavolo delle trattative tra Parlamento e Consiglio Ue; o
3. la proposta originaria è stata talmente “annacquata” durante i negoziati da non potere più raggiungere lo scopo iniziale.
Non possiamo pensare che la proposta di direttiva sull’economia circolare del 2 luglio 2014 fosse da troppo tempo sul tavolo delle trattative, né che ci fosse stata una grande discussione politica sul testo tale da annacquarlo (la proposta non ha avuto il tempo di essere discussa da Parlamento e Consiglio).
Rimane la terza ipotesi: la direttiva sull’economia circolare non è in linea con le priorità della Commissione per il 2015.
La Commissione Juncker ha sottolineato che entro fine 2015 sarà presentata una nuova proposta di direttiva, ancora più ambiziosa della precedente. Ma già il fatto che almeno per tutto il 2015 non si parlerà di economia circolare nelle aule del Parlamento europeo la dice lunga sulla reale volontà della nuova Commissione di perseguire determinati obiettivi ambientali.
Insomma, quel che pare aspettarci nel 2015 è una Commissione europea che spinge sulle rinnovabili, sulla decarbonizzazione dell’economia, sulla riduzione della dipendenza energetica da paesi extra Ue, ma che sul riciclo, recupero e riutilizzo dei materiali vuole prendersi una pausa di riflessione. Speriamo non sia troppo lunga.