Il professor Antonello Pezzini, rappresentante di Confindustria presso il Comitato economico e sociale europeo – CESE, traccia per Materia Rinnovabile una panoramica sui futuri sviluppi dell’economia circolare in Europa. Partendo dall’importanza dell’ecodesign e dal ruolo delle istituzioni per arrivare al Green Deal e alle prospettive dell’Italia.
L'economia circolare: una necessità e un'opportunità per l'Europa
Secondo gli antropologi, circa 10 milioni di anni fa, alla vigilia della rivoluzione neolitica, cioè quando l’uomo ha smesso di cacciare e di raccogliere, nelle zone abitate della Terra potevano esserci tra i 2 e i 20 milioni di persone. Intorno al 1750 la stima è di 750 milioni di persone. Un secolo dopo, nel 1850, la popolazione mondiale poteva essere intorno agli 1,2 miliardi di persone. La produzione industriale dei generi alimentari ha creato possibilità di crescita sempre nuove. All'inizio del 1900 vivevano 1,6 miliardi di persone. Nell’anno 1950, secondo le Nazioni Unite, la popolazione era di 2,5 miliardi, per poi salire velocemente a 4 miliardi nel 1975. Nel 2000 la popolazione ha raggiunto i 6 miliardi. Oggi superiamo i 7,5 miliardi. Le Nazioni Unite prevedono la cifra di 9 miliardi verso il 2040.
In un futuro prossimo le risorse del pianeta non basteranno a sostenere l’incremento della popolazione mondiale e non sarà più possibile mantenere un modello di crescita economica lineare, fondato sul presupposto che le risorse siano abbondanti, disponibili, accessibili ed eliminabili a basso costo. L'aumento smisurato di beni, che sono il risultato dei prodotti che estraiamo o coltiviamo nella terra, sta riducendo il capitale che il pianeta ha messo a nostra disposizione. Ci dobbiamo porre un problema di responsabilità per le generazioni future. E, forse, è già troppo tardi.
Le iniziative dell’Unione Europea in tema di rispetto dell'ambiente e di attenzione verso un'economia circolare hanno lo scopo di guidare la transizione verso un'economia che, oltre ad apportare benefici economici, faccia emergere la propensione all’uso efficiente delle risorse (metalli, minerali, combustibili, acqua, terra, legno, suolo fertile, aria pulita, biodiversità), perché sia consentito ai prodotti di mantenere il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e si produca una minor quantità di rifiuti da smaltire in discarica. Il raggiungimento di questi obiettivi presuppone la rivisitazione della produttività lungo tutta la catena del valore. Se si procede alla misurazione delle performance di ogni singola componente, è possibile delineare una strategia che orienti le decisioni verso la costruzione di un sistema più sostenibile dei beni e che, nel contempo, garantisca interessanti margini di redditività.
Per le imprese non è semplice passare a un'economia circolare, perché questo richiede delle conoscenze specialistiche e spesso complesse, ma soprattutto perché l’innovazione dei processi e dell’organizzazione richiede nuovi atteggiamenti culturali, notevoli investimenti, il ricorso a consulenti e, soprattutto, il continuo aggiornamento degli obblighi normativi. L’ecoinnovazione può dare avvio a nuove attività imprenditoriali collegate al riutilizzo, alla riparazione, alla manutenzione, al riciclaggio, al compostaggio e all’ecodesign, contribuendo alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Il ruolo del Comitato economico e sociale europeo
Affinché l’economia europea possa diventare realmente circolare, è necessario coinvolgere tutti i soggetti interessati: le autorità pubbliche, le imprese (comprese le PMI), i sindacati, i consumatori e la società civile nel suo complesso. Creata nel 2017 a seguito delle raccomandazioni formulate dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) nel parere in merito al pacchetto sull'economia circolare la Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare è un’iniziativa congiunta della Commissione europea e del CESE. Le due istituzioni collaborano strettamente per promuovere la piattaforma in quanto spazio per lo scambio di idee e di un corpus crescente di informazioni e per realizzare più rapidamente l’economia circolare a beneficio di tutti. La piattaforma è coadiuvata da un gruppo di coordinamento, costituito da 24 rappresentanti di organizzazioni della società civile provenienti da tutta Europa, i quali fungono da ambasciatori dell'economia circolare a nome della piattaforma.
Il CESE ha sottolineato a più riprese che, per essere inclusiva, la transizione verso un'economia circolare va ora incentivata a livello nazionale, regionale e locale. È importante che le attività siano adattate alle problematiche locali e che si avvalgano delle forze locali. Un approccio decentrato può essere particolarmente utile per analizzare il ruolo dell'economia circolare nel contribuire ad una vita migliore per i cittadini, integrando indicatori sociali per misurare la riuscita delle attività di economia circolare a livello locale.
Un Green Deal europeo per una giusta transizione
L'11 dicembre 2019 la Commissione ha adottato una comunicazione sul Green Deal europeo, che ha delineato la sua tabella di marcia verso una nuova politica di crescita dell'Europa basata su ambiziosi obiettivi climatici e ambientali e su processi partecipativi che riuniscono i cittadini, le città e le regioni nella lotta ai cambiamenti climatici e nel sostegno alla tutela dell'ambiente.
In linea con l'obiettivo di conseguire la neutralità climatica dell'UE entro il 2050 in modo equo ed efficace, il Green Deal europeo ha proposto un Meccanismo e un Fondo per una "Transizione giusta". L'Europa è pienamente consapevole che i gruppi più vulnerabili sono maggiormente esposti agli effetti nocivi dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale. Le ripercussioni sui cittadini e sui lavoratori saranno differenti, e il CESE ha sottolineato a più riprese come il Green Deal debba essere un patto non solo verde ma anche sociale.
La prospettiva italiana
In Italia, in particolare, bisognerà tener conto delle regioni e dei settori maggiormente colpiti dalla transizione a causa della loro dipendenza dai combustibili fossili, compreso il carbone, o da processi industriali ad alta intensità di gas a effetto serra. Alcuni settori subiranno un declino, con un calo irreversibile della produzione economica e dei livelli di occupazione. I casi di Taranto e della zona del Sulcis, nell'Iglesiente, meritano un'attenzione particolare perché, essendo anelli deboli nel processo di trasformazione, potrebbero beneficiare di nuovi e importanti interventi sostenuti da appositi fondi, contenuti nel Programma per una transizione giusta.
Il Fondo per una transizione giusta si concentrerà sulla diversificazione economica dei territori maggiormente colpiti dalla transizione climatica nonché sulla riqualificazione professionale e sull'inclusione attiva dei loro lavoratori e delle persone in cerca di lavoro.
Nel programma della Commissione vi è l'impulso verso un quadro normativo coerente. In particolare verranno emanate norme settoriali sugli aiuti di Stato, che creeranno opportunità per agevolare il ricorso a fondi nazionali a favore di progetti coerenti con gli obiettivi della transizione giusta. Anche l'offerta di consulenza e assistenza tecnica alle regioni sarà parte integrante del meccanismo per una transizione giusta.
Il processo di programmazione, compresa l'individuazione dei territori ai fini dell'intervento e delle azioni corrispondenti, sarà concordato attraverso un dialogo tra la Commissione e ciascuno Stato membro. I territori devono essere quelli maggiormente danneggiati dagli effetti economici e sociali della transizione, in particolare per quanto riguarda le perdite occupazionali previste e la trasformazione dei processi produttivi degli impianti industriali a più alta intensità di gas a effetto serra.
Il sostegno fornito attraverso il Fondo per una transizione giusta sarà integrato da un regime specifico nell'ambito di InvestEU, che sosterrà una gamma più ampia di investimenti, in particolare contribuendo alla transizione attraverso il sostegno ad attività a basse emissioni di carbonio e resilienti ai cambiamenti climatici, come gli investimenti nelle energie rinnovabili e i regimi di efficienza energetica.
Tale regime sarà inoltre in grado di mobilitare finanziamenti a favore delle infrastrutture dell'energia e dei trasporti, comprese le infrastrutture del gas e il teleriscaldamento, ma anche a favore dei progetti di decarbonizzazione, della diversificazione economica delle regioni e delle infrastrutture sociali.
Un nuovo strumento di prestito per il settore pubblico istituito con la BEI fornirà inoltre finanziamenti sovvenzionati alle autorità locali a favore delle regioni interessate. Il sostegno dell'UE potrebbe assumere la forma, tra l'altro, di un abbuono di interesse o di una sovvenzione agli investimenti, finanziati dal bilancio dell'UE, che saranno abbinati a prestiti accordati dalla BEI alle autorità comunali e regionali e ad altre autorità pubbliche. Lo sviluppo delle infrastrutture per i combustibili alternativi, previste dalla Direttiva 2014/94/UE, potrà contribuire notevolmente a creare nuovi giacimenti occupazionali e a sostituire quelli che verranno abbandonati.
In questo quadro, che la Commissione sta delineando per dare concretezza e attuazione al processo legato all'Economia circolare e al Green Deal europeo, vanno inserite anche le opportunità previste dal Programma Horizon Europe. Il programma, attraverso il Sistema delle "Missioni" può fra l'altro individuare città o raggruppamenti territoriali che meritino particolari interventi, sia culturali sia finanziari, per gestire una transizione giusta.