Del resto la crescente scarsità di molti elementi è evidenziata nell’immediatamente riconoscibile tabella periodica di Mendeleev, modificata in modo da visualizzare la cosiddetta “insostenibilità degli elementi” (figura 1).

 

Gli elementi non si “esauriscono” né vengono distrutti ma si disperdono nella tecnosfera, rendendone problematico e spesso proibitivamente costoso il recupero. Questi ostacoli vanno affrontati tramite l’istituzione di partnership multidisciplinari che adottino approcci sostenibili e olistici, coerenti con il recupero e il riutilizzo. 

Attualmente molti elementi presentano bassi livelli di riciclo a fine vita anche perché l’efficienza del processo di recupero è determinata soprattutto dalla raccolta dei metalli di scarto direttamente dopo l’uso. Per il platino e per il palladio esistono già percorsi di riciclo ben definiti: poiché sono impiegati nel settore dei catalizzatori per le auto, vengono recuperati dopo l’utilizzo e la raccolta è integrata nelle procedure per il trattamento a fine vita dei convertitori catalitici. Ma la vasta maggioranza degli altri elementi è molto più difficile da riciclare a causa delle basse concentrazioni e della dispersione in un gran numero di filiere dei rifiuti. Il problema è esacerbato dal fatto che le regioni economicamente privilegiate esportano grandi volumi di rifiuti ricchi in metalli verso i paesi più poveri aggravando il rischio perché la disponibilità limitata di tecnologie moderne e gli inesistenti standard di igiene e sicurezza si sommano al già imponente impatto ambientale dei flussi di rifiuti.

Tassi più elevati di riciclo potrebbero condurci verso un’economia circolare, limitando la necessità di estrarre e purificare gli elementi, senza dover vincolare in modo eccessivo l’impiego delle risorse. Per raggiungere questo obiettivo si può pensare a quote di elementi critici utilizzabili.

Nella figura 2 sono illustrati i diversi stadi del ciclo di vita del metallo. 

 

 

Troppo complesso per essere circolare?

Facciamo alcuni esempi. Si stima che circa 40 tonnellate di platino vadano perse ogni anno durante le fasi di estrazione, e altre 20 durante la lavorazione a valle e l’utilizzo dell’elemento. Malgrado il livello relativamente alto di riciclo e l’elevato valore del platino, ulteriori 50 tonnellate l’anno di materiale si perdono durante il processo di gestione dei rifiuti.

Un normale telefono cellulare contiene oltre 40 diversi elementi tra cui arsenico, rame, gallio, oro, indio, magnesio, palladio, platino, argento, stagno e tungsteno (tutti presenti nell’elenco degli elementi a rischio di esaurimento redatto dalla British Geological Survey). Le principali riserve di questi metalli sono ubicate al di fuori dell’Unione europea e ogni nuova generazione di telefoni sembra contenerne un numero maggiore. Inoltre si allunga ogni anno l’elenco degli elementi considerati a rischio: si scoprono costantemente nuovi giacimenti, diminuisce il numero delle scoperte, cresce il costo medio di estrazione. Secondo un’indagine di US Geological, la quantità annuale di nuovi giacimenti individuati si è dimezzata tra il 2005 e il 2010, mentre la spesa per l’esplorazione è raddoppiata rispetto a quella del 2010. Come accade con il petrolio, finora è stata utilizzata la maggior parte delle riserve di facile accesso; ciò che resta si troverà sempre più spesso in luoghi difficili da raggiungere, che potranno essere sfruttati solo a costi ambientali ed economici molto elevati.

La crescente complessità degli oggetti moderni inoltre non implica soltanto l’impiego di un numero maggiore di elementi: ne rende anche molto più complesso il recupero. Dopo aver investito tanto impegno per isolare i metalli (la concentrazione del platino nei giacimenti minerari è in genere di qualche grammo per tonnellata di roccia e deve essere separato da una serie di altri metalli tra cui rame, nickel, rodio, iridio, rutenio, stagno, piombo, arsenico e altri), non è quasi perverso dedicarne altrettanto a creare oggetti che, unendo più elementi, rendono nuovamente molto difficile il recupero di ognuno di loro?

 

C’è poco da recuperare

Oggi la maggior parte di ciò che produciamo si trasforma in rifiuto. Il miracolo economico del 20° secolo, che ha portato circa un miliardo di persone a vivere in modo agiato e con un elevato dispendio di risorse, è stato alimentato da risorse non rinnovabili e basato su un modello di economia lineare che risponde allo schema estrazione-processazione-consumo-smaltimento (figura 3).

 

Alla luce dei dati raccolti nell’articolo e delle informazioni sul nostro atteggiamento verso le risorse, non sorprende affatto scoprire che durante questo periodo di crescita economica e dei consumi il riciclo di molti degli elementi più preziosi sia stato completamente trascurato (figura 4). 

 

Oggi però gli elementi critici facilmente accessibili sono in via di esaurimento e non recuperiamo ciò che utilizziamo: è evidente come non sia possibile continuare a sostenere la crescita dei consumi conseguente all’aumento della popolazione nei paesi sviluppati se persistiamo con questo modello di consumo. Possiamo sostituirlo con un modello lineare, basato su altri elementi che abbondano sul pianeta? La ricerca delle alternative si è di certo allargata.

Per quel che riguarda le sostanze organiche, la ricerca è promossa dalla combinazione di scarsità (le convenzionali risorse petrolifere, in esaurimento, vengono utilizzate per produrre oltre il 90% delle merci) e legislazione che limita l’impiego di troppi composti a causa dei crescenti timori sulla tossicità e sull’impatto ambientale delle sostanze chimiche comunemente utilizzate (tra cui solventi, agrochimici, ritardanti di fiamma, rivestimenti per superfici e additivi come gli ftalati). La ricerca sui minerali è invece stimolata principalmente dalla scarsità e dai timori delle regioni con poche risorse minerali vergini. In entrambi i casi, anche se per ragioni sostanzialmente differenti, l’Ue si sta muovendo. Sarà interessante vedere se riuscirà a introdurre una legislazione che limiti l’impiego degli elementi riconosciuti come critici. 

 

Le alternative

Ma quali sono i tempi di creazione di un sistema di recupero dei materiali? La probabilità di successo nell’individuazione di alternative ai metalli critici va esaminata in modo critico: i metalli del gruppo del platino (platino, palladio, rodio, rutenio, iridio e osmio) ne sono un esempio. Questi metalli, chiamati anche MGP, possiedono un’incredibile gamma di proprietà chimiche e fisiche che li rende idonei per molte applicazioni: convertitori catalitici, catalizzatori destinati alla produzione chimica e farmaceutica, affinazione petrolifera, elettronica, settore medicale e dentistico, gioielleria. Il loro valore e le varietà delle applicazioni possibili hanno incoraggiato la valutazione di possibili alternative (genericamente più economiche), anche se quasi sempre si tratta di altri metalli dello stesso gruppo. Per il platino per esempio sono state proposte le seguenti alternative:

  • catalizzatori per auto/ palladio;
  • elettronica/leghe di palladio;
  • medicina/alcune leghe di cromo per alcune applicazioni;
  • catalizzatori chimici/altri metalli del gruppo del platino; 
  • raffinazione petrolifera/molibdeno.

Laddove siano state proposte alternative diverse dagli MGP sono stati riscontrati problemi vari: scarse prestazioni o necessità di riprogettare le attrezzature associate. In altri casi non è stato possibile individuare sostituti adatti, per esempio nel settore dei catalizzatori per le automobili.

Ciò non significa che la ricerca di alternative ai metalli critici e ad altri importanti elementi in via di esaurimento sia vana. Nella catalisi per i settori chimico e farmaceutico, per esempio, si sono registrati alcuni interessanti sviluppi con l’impiego di metalli tuttora abbondanti al posto degli MGP e di altri metalli più rari. Si prospetta anche l’avvento dei cosiddetti organo-catalizzatori, completamente privi di metalli. Occorre tuttavia fare attenzione a non “buttare via il bambino con l’acqua sporca”, come accade nel caso dei crescenti timori relativi ad alcune sostanze organiche come i solventi. Sarà impossibile non utilizzare determinati metalli e solventi, indispensabili in tante applicazioni importanti per le quali in molti casi non ci sono sostituti adeguati. Esistono però settori e applicazioni molto meno rilevanti nei quali utilizzare le alternative è possibile anche con poco impegno economico e nessuna riduzione del valore dell’applicazione. Il numero dei successi ottenuti lo testimonia e ancora una volta conferma che davvero la necessità aguzza l’ingegno.