Strano a dirsi ma il ciclo di vita dell’Expo 2015 non si è ancora concluso. Certo non riguarda più le centinaia di partecipanti (paesi, società civile e partner) e i milioni di visitatori, bensì “gli oggetti” che hanno permesso di vivere al semestre espositivo e che continueranno a farlo in altri contesti e per altre finalità.
Dalla fine dell’evento, Expo 2015 SpA, società oggi in liquidazione, ha infatti avviato il progetto Riuso con l’obiettivo di valorizzare tutti gli asset materiali ancora nelle sue disponibilità promuovendo i principi dell’economia circolare, uno dei messaggi chiave legato alla sostenibilità, quale importante legacy immateriale della stessa esposizione.
Dal punto di vista legislativo, l’attività è stata di raccolta e smistamento di “beni non rifiuto” messi a disposizione per il loro riutilizzo, così come definito dall’articolo 183 comma 1, lettera r) del Dlgs 152 “riutilizzo: qualsiasi operazione attraverso la quale i prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per cui erano concepiti”. Come tale non ha avuto necessità di autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del Dlgs 152/06, né è fattispecie regolata dal Dm 8 aprile 2008.
Arredi interni ed esterni, installazioni e attrezzature, cucine per la ristorazione collettiva, piante in vaso, strumentazione di uffici incluso materiale IT, patrimonio vegetale, cestini per raccolta differenziata, oggetti di rappresentanza e gadget, divise di volontari o operatori, sono le principali tipologie di beni inclusi nel progetto Riuso.
Alla fine di Expo Milano 2015, sono state oltre 300 le richieste per un utilizzo a scopo sociale di tali beni inviate da vari soggetti: per esempio enti che avevano prestato gratuitamente il loro servizio durante il periodo dell’evento, parrocchie, comuni e numerosissime organizzazioni del terzo settore. E anche singoli cittadini volontari di associazioni di Milano e non solo.
Per gestire l’operazione, la Società ha definito alcune regole per consentire la “seconda vita” di tali beni di sua proprietà, con l’obiettivo di svolgere con il minor impatto economico possibile le operazioni di conservazione e di cessione a terzi, evitare la formazione di rifiuti da destinare a smaltimento e privilegiando gli accordi intercorsi con Arexpo per il riutilizzo dei beni direttamente sul sito espositivo anche nell’ambito delle prime iniziative di riuso degli spazi nell’estate 2016.
La procedura ha previsto per prima cosa la verifica della “storia” delle diverse tipologie di beni: dal costo di acquisto all’uso effettuato, dallo stato di conservazione ai costi di imballaggio, stoccaggio e trasporto nonché ai costi delle eventuali attività necessarie a rendere i beni in questione pronti per la cessione a terzi. Per esempio il ripristino funzionale quali la pulizia delle cucine, la bonifica dei computer, l’espianto di piante a terra o il cambio delle infografiche dei contenitori dei rifiuti. Inoltre, sono stati analizzati i vincoli normativi/contrattuali riguardanti i beni oggetto di sponsorizzazioni, l’interesse del mercato per l’acquisto del bene specifico, attivando procedure di vendita oppure di cessione a titolo gratuito. Le manifestazioni di interesse ricevute, pur non attribuendo alcun diritto di prelazione ai fini della cessione gratuita o onerosa, hanno sicuramente aiutato a identificare i bisogni, le disponibilità a sostenere i costi prevedibili e le diverse opzioni di cessione.
Per i beni mobili più appetibili per il mercato sono state attivate procedure di cessione, sia tramite aste pubbliche, sia sulla base delle manifestazioni d’interesse provenienti dagli enti pubblici e dai soci, e – qualora fattibile alla fine delle procedure pubbliche – attraverso trattative private. L’obiettivo è stato chiaro fin da subito: la trasparenza delle procedure e la possibilità di recuperare entrate per il bilancio societario (circa 1.000.000 euro Iva esclusa), nel quadro della normativa del Codice degli Appalti.
Parallelamente, a fine 2015, Expo 2015 e Fondazione Triulza hanno sottoscritto un protocollo finalizzato alla gestione dell’attività di cessione a titolo gratuito di quei beni identificati come privi di valore economico (per esempio le cucine dei cluster, le divise dei Field Operators e dei volontari, tablet, gadget e materiale promozionale con loghi di prestigio). Questi sono stati destinati a particolari soggetti beneficiari, quali enti pubblici ed enti senza scopo di lucro, da identificare attraverso una procedura pubblica e trasparente. Per la gestione condivisa della procedura, e in particolare della definizione dei soggetti beneficiari ammissibili e dei criteri per le assegnazioni, è stato istituito un comitato guida composto dai rappresentanti della Fondazione Triulza, di Expo 2015 e dei soci della stessa.
Per esempio il comitato guida ha ritenuto opportuno formulare dei lotti che fossero di dimensioni sufficienti (in termini di numero di pezzi per ciascuna categoria merceologica) a formare una “massa critica” per garantire una copertura sufficiente in caso di riutilizzo diretto o di vendita benefica per raccogliere fondi a scopi sociali. Nel caso dei tablet destinati alle scuole il numero minimo indicato è stato di 20 unità a istituto affinché fosse possibile l’uso in una classe e di 10 unità per le classi operanti presso le sezioni pediatriche ospedaliere. Inoltre, ha inteso bilanciare le assegnazioni, prevedendo un maggior numero di lotti da assegnare agli enti con sede entro un raggio di 350 chilometri dal sito Expo al fine di contenere le movimentazioni su lunghe distanze ed i relativi costi.
Nell’ambito di questa procedura di cessione a titolo gratuito, tra fine luglio e fine settembre 2016, sono state ricevute 3.501 domande che sono state analizzate per la verifica dell’ammissibilità dei richiedenti (ai quali è stata data assistenza puntuale per dubbi e difficoltà), e successivamente estratti i beneficiari per i gruppi di beni suddivisi in lotti, alla presenza di un notaio, in base ai criteri definiti dal comitato guida. Inoltre la Fondazione Triulza ha provveduto alla preparazione degli oltre 230 lotti e alla relativa consegna ai beneficiari, in collaborazione con Expo 2015. Un lavoro “mostruoso” ma ampiamente ripagato dai risultati e dalla soddisfazione dei beneficiari.
Il 35% delle domande pervenute era interessato alle cucine, il 28% ai tablet e il restante 37% a gadget, abbigliamento e accessori vari. I riusi previsti, ovvero “la seconda vita” di questi beni ha messo a frutto la creatività e la capacità di leggere i bisogni da parte delle organizzazioni della società civile che, da nord a sud, hanno attivato iniziative di moltiplicazione del valore di tali beni. Dall’utilizzo dei banchi frigo e degli scaffali presso l’emporio della solidarietà di Napoli da parte della Onlus Goccia di Rugiada; all’uso delle borse in tela trasformate in cartelle per le comunità dell’ associazione Archè Onlus che ha destinato gli shopper di cotone ai bambini di un villaggio in Zambia per essere utilizzati come zainetti per la scuola al posto dei sacchetti di plastica. E ancora le Associazioni volontari della Protezione Civile di Rozzano, di Pero e di Fano che con le cucine potranno preparare pasti in situazioni di emergenza, oppure le divise dei Field Operators riutilizzate dai giovani lavoratori della Comunità di San Patrignano.
Altre iniziative a scopo solidaristico hanno riguardato, per esempio, la cessione alla Regione Lombardia di tre moduli abitativi ubicati nell’area del campo base logistico di Expo 2015, richiesti per devolverli al Comune di Acquaviva Picena (AP) in aiuto alle popolazioni colpite dal sisma; e ancora la cessione gratuita, a fronte dei notevoli costi di gestione e logistica rimasti a carico del destinatario, dell’installazione Agorà al Comune di Monza e della Vertical Farm a Enea. Un ultimo lotto di attrezzature IT per le quali non è stato trovato acquirente nonostante il bando di gara, sarà ceduto a scuole ed altri soggetti del terzo settore attraverso Fondazione Triulza e Banco Informatico, destinandole ad usi sociali.
Il progetto Riuso di Expo 2015 può rappresentare – unico per dimensioni in Italia e, probabilmente in Europa, in base alle quantità di beni coinvolti, alla loro tipologia e alla complessità procedurale – un buon esempio per incentivare il riuso da parte delle pubbliche amministrazioni e società partecipate, al fine di rispondere alle sfide ambientali e sociali di lotta allo spreco e di preservazione delle risorse che si stanno affrontando, in maniera trasparente, efficiente, creativa, inclusiva e solidale.
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