L’Istituto forestale europeo (www.efi.int) è un’organizzazione internazionale costituita da 29 paesi europei. Ha il proprio quartier generale a Joensuu, in Finlandia, e sedi distaccate a Barcellona, Bordeaux, Bonn e Bruxelles. La sua attività consiste nel realizzare ricerche e proporre politiche di supporto al sistema forestale europeo. In questa chiave gioca un ruolo di primo piano nelle politiche a favore della bioeconomia circolare stabilite a Bruxelles. Per parlare del ruolo che ha in questo scenario l’industria cartaria, abbiamo intervistato il suo Vice Direttore Lauri Hetemäki, Professore aggiunto alla Facoltà di Agricoltura e Foresta dell’Università di Helsinki, e membro della Royal Swedish Academy of Agricolture and Forestry.
Che ruolo svolge l’industria cartaria nella bioeconomia circolare dell’UE?
L’industria della carta ha già un ruolo fondamentale nel contribuire al passaggio dell’UE alla bioeconomia circolare (BC). Per esempio, i prodotti di carta si basano su materie prime rinnovabili, possono sostituire i materiali di origine fossile e i prodotti come la plastica, e la carta viene riciclata e riutilizzata. Ma la sfida del settore è fare ancora di più per la BC. Questo si può ottenere sostituendo completamente l’energia fossile nei processi logistici e produttivi e aumentando l’efficienza nell’impiego delle risorse. Ci sono già esempi promettenti di come ciò potrebbe essere realizzato.
D’altro canto, poiché la produzione della carta si basa sulla pasta di legno, con la lavorazione della pasta si possono creare nello stesso tempo molti prodotti non cartacei. Come tessuti, calore ed energia, biocarburanti e altri numerosi bioprodotti. In effetti, i tradizionali prodotti cartacei si sposano in molti modi con lo sviluppo di nuovi bioprodotti innovativi. Gli scarti di lavorazione della polpa forniscono le materie prime per altri bioprodotti; il fatturato generato dai prodotti di carta è usato per finanziare gli investimenti per nuovi bioprodotti, ecc.
Oggi quali sono le principali applicazioni della carta nella bioeconomia?
L’industria della carta comprende la produzione di beni e materie prime per il packaging di beni industriali e di consumo, come i computer che ordinate su Amazon. Produce anche imballaggi per il settore alimentare come il cartone per il latte e i succhi di frutta o le scatole per i cereali. Per scopi igienici e sanitari, come la carta igienica e i pannolini. Infine, crea prodotti per la comunicazione per esempio libri, carta da ufficio, giornali, riviste ed etichette.
Come si collega la carta al concetto di biocity?
È chiaro che le città e i cittadini delle aree urbane devono passare da materiali e prodotti fossili e non rinnovabili a prodotti bio-based rinnovabili e sostenibili. Pensate alla tipica giornata di una persona che vive a Berlino, Parigi o Roma. Lei/Lui userà molto probabilmente prodotti cartacei come carta igienica e tissue, pannolini e cartoni alimentari. Se non li stesse usando, questo si tradurrebbe molto probabilmente in un aumento significativo della domanda di acqua dolce o potabile, della plastica, ecc. In città simili o in altre aree urbane riuscire ad avere tutto questo cibo fresco non confezionato, o beni di consumo che arrivano via posta o consegna DHL non imballati, non è realistico.
Cosa significa esattamente gestione sostenibile e certificata delle foreste?
La gestione sostenibile delle foreste ha tre dimensioni: ecologica, economica e socioculturale. Nella pratica significa per esempio proteggere la biodiversità e il capitale naturale, creare posti di lavoro e fonti di reddito, mantenere le condizioni e i benefici culturali delle foreste. È un equilibrio di molte cose, dunque. Implica anche che non usiamo più legno dalle foreste di quanto ne cresce. La certificazione forestale è uno strumento per aiutare le terze parti, come le industrie che comprano prodotti della foresta o a base di legno, a essere certi che la materia prima proviene da foreste gestite in modo sostenibile. Vale a dire, non da foreste che stanno perdendo la biodiversità, che vengono disboscate o deforestate illegalmente.
Il settore forestale scandinavo è protagonista di una vera transizione alla bioeconomia circolare. Questo modello è replicabile in altri paesi? Quali sono secondo lei le ragioni che hanno spinto grandi aziende come Stora Enso, Metsa e UPM a investire così tanto nello sviluppo dei biomateriali?
In linea di principio, ciò che sta accadendo nella bioeconomia forestale in Finlandia, Norvegia e Svezia potrebbe avvenire anche in altri paesi. Ma nella pratica, sono necessarie alcune precondizioni che finora sembra siano state forse più facili da raggiungere nei paesi nordici. Queste comprendono istruzione e ricerca idonee e di alta qualità, significativi investimenti in R&D per lo sviluppo di nuovi prodotti, mercato del legname e infrastruttura industriale ben funzionanti, e il supporto dalle politiche governative per lo sviluppo della bioeconomia.
Tuttavia, va detto che lo sviluppo di nuovi bioprodotti innovativi è iniziato nei paesi nordici perché era necessario farlo, e anche piuttosto tardi. Per esempio, all’inizio di questo secolo Metsa (allora Metsä Serla e M-real), Stora Enso e UPM stavano ancora facendo ingenti investimenti nell’acquisto di una maggiore capacità di carta per la comunicazione, anche se stava già diventando sempre più evidente che iniziava a non essere più un buon business. Successivamente, nel 2005-2010 stavano tutti soffrendo pesantemente gli impatti della riduzione della domanda di carta per la comunicazione per l’avanzamento dei media digitali. Quando se ne sono resi conto, hanno deciso di vendere la capacità produttiva per la carta da comunicazione e investire piuttosto nello sviluppo di nuovi prodotti e innovativi bioprodotti, biocarburanti di seconda generazione, e si sono concentrati sul packaging e sulla carta tissue. Questo sviluppo è stato fortemente sostenuto anche dalla comprensione del fatto che i driver globali avrebbero supportato il mercato di prodotti rinnovabili bio-based nella sostituzione di prodotti a base fossile. In breve dunque, è stato un mix di forza maggiore e nuove opportunità.