È un patto tra l’agricoltura e la chimica, tra il territorio e i mercati globali, tra le ragioni dell’ambiente e quelle della produzione. Un patto, non un compromesso perché la sfida di Matrìca, la joint venture tra Versalis (gruppo Eni) e Novamont (leader nel mercato delle bioplastiche) rovescia la prospettiva di buona parte dell’industrializzazione del dopoguerra (più lavoro, meno tutela del paesaggio e dell’ambiente) proponendo una logica opposta: l’individuazione di una filiera pensata in una logica ecosistemica, cioè in una logica in cui – come in natura – ogni parte trae un vantaggio dall’interazione. In termini economici si chiama prospettiva win-win.
Silybum marianum, Prof. Dr. Otto Wilhelm Thomé Flora von Deutschland, Österreich und der Schweiz 1885, Gera, Germania |
A Porto Torres l’idea si è tradotta nella nascita della prima bioraffineria integrata nel territorio attraverso il coinvolgimento di agricoltori, università, centri di ricerca e comunità locali: un’alleanza che sta contribuendo a rafforzare la capacità competitiva e di innovazione del territorio e a massimizzare su più fronti le sue potenzialità di crescita. Con vantaggi per il settore primario (agricoltura e allevamento), secondario (mezzi e attrezzi agricoli, logistica, trasformazione a valle), terziario (collaborazioni con le università ed enti di ricerca locali).
Il progetto Matrìca prevede l’uso di varie risorse da fonte vegetale come materia di alimentazione della bioraffineria. Tra queste il cardo, una pianta rustica che cresce anche su terreni marginali e non irrigui e richiede pochi input. Si tratta dunque di una coltivazione a ridotto impatto, che non sottrae risorse idriche o zone fertili che potrebbero essere destinate all’agricoltura. Inoltre è molto versatile: è fonte di proteine per i mangimi; fornisce, grazie alla bioraffineria, olio, cellulosa e lignina.
L’intesa è stata rafforzata dall’accordo tra Coldiretti, Consorzi agrari d’Italia e Novamont che ha definito i benefici per tutti gli attori della filiera. Al produttore viene garantito un prezzo sicuro del seme di cardo e della biomassa per i primi 3 anni (con meccanismi di ridefinizione della cifra a partire dal quarto anno). Questo modello permette sia agli agricoltori di pianificare a lungo termine i propri investimenti, sia a Matrìca di offrire intermedi chimici a prezzi stabili nel tempo, e quindi non soggetti alle variazioni speculative che l’industria legata a prodotti petrolchimici ha dovuto subire negli ultimi 40 anni. E c’è l’impegno a raggiungere obiettivi che portano vantaggi per tutto il territorio: recupero dei terreni abbandonati; sviluppo di nuove filiere agroindustriali capaci di garantire redditi anche nelle aree marginali; tutela della biodiversità e del paesaggio; valorizzazione della qualità dei prodotti; utilizzo di materie prime rinnovabili a basso impatto ambientale.
“Questa collaborazione offre una nuova opportunità di reddito per gli agricoltori che operano anche nei terreni più difficili con l’introduzione di una coltura che consente di ridurre la dipendenza dall’estero delle proteine vegetali destinate all’alimentazione animale e nello stesso tempo di ottenere prodotti innovativi a basso impatto ambientale, che confermano le grandi potenzialità creative del nostro paese”, commenta il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo. “La diffusione di tecnologie rispettose del territorio è la strada maestra da seguire per garantire uno sviluppo sostenibile capace di farci uscire dalla crisi.”
Alla base della nuova filiera c’è, come abbiamo visto, una pianta che cresce su terreni aridi e poco adatti a colture tradizionali. Del cardo (Cynara cardunculus L. var. Altilis) si utilizza sia il seme, che fornisce un olio simile a quello del girasole, sia la biomassa, da cui si ricavano cellulosa ed emicellulosa. Dall’estrazione dell’olio si ottiene poi una farina altamente proteica che può sostituire la soia utilizzata per alimentare gli animali da latte. E con gli scarti vegetali derivanti dalla trasformazione si fa fronte al fabbisogno energetico dell’intero processo industriale, rendendolo autosufficiente.
Non è una prospettiva da declinare al futuro. Sono già attivi tre impianti. Il primo trasforma gli oli vegetali in biomonomeri e biointermedi chimici (come l’acido azelaico e l’acido pelargonico). Il secondo produce oli estensori per il mercato degli pneumatici e plastificanti possibili sostituti degli ftalati. Il terzo è dedicato alla produzione di specialties per diversi settori applicativi, tutte di matrice rinnovabile. L’investimento totale prevede anche un Centro di ricerca (avviato nel 2012) con laboratorio di analisi e sette impianti pilota che si sviluppano su un’area di oltre 3.500 metri quadrati.
I primi effetti dell’iniziativa cominciano già a misurarsi. Per esempio è nato il marchio Matrilox che identifica la nuova famiglia di bioprodotti per vari segmenti di mercato: bioplastiche, biolubrificanti, prodotti per la cura della casa e della persona, fitosanitari, additivi per l’industria della gomma e della plastica. Il marchio offre una serie di garanzie: origine vegetale (“feedstock da fonti rinnovabili nella direzione della non competizione con le colture alimentari, compatibilità con il territorio e coltivazione su terreni marginali senza incidere sulla catena alimentare né depauperare altre risorse”); filiera integrata europea (un modello locale, sistemico e circolare, facilmente trasferibile anche ad altri stati dell’Ue); processi produttivi sostenibili (non utilizza ozono nella reazione di scissione ossidativa dell’olio vegetale e permette di produrre attraverso un processo sicuro a basso impatto ambientale).
Matrìca guarda al futuro e alla capacità della nuova chimica italiana di inserirsi nei mercati globali con prodotti ad alto valore aggiunto, ma nello stesso tempo fa i conti con il passato, in un’ottica di riconversione e di rigenerazione territoriale: “Un caso di capitalismo che incorpora il limite ambientale nel suo processo di accumulazione e ne fa il motore di un nuovo ciclo”, ha scritto Aldo Bonomi in un recente libro.
Un ciclo basato su una pluralità di usi. Biolubrificanti per il settore agricolo, l’industria automobilistica e aeronavale, nonché per la produzione di oli idraulici e fluidi speciali per l’industria: si possono ideare “su misura” ed essendo biodegradabili possono essere utilizzati in contesti in cui avvengono micro dispersioni in ambienti naturali delicati. Plastificanti per polimeri: sono un’alternativa atossica, ecosostenibile e performante ai plastificanti tradizionali, gli ftalati, oggetto di molte critiche per il loro impatto ambientale e sanitario. Oli bioestensori per l’industria degli pneumatici in sostituzione di quelli di origine fossile: hanno una maggiore resistenza al rotolamento, contribuendo a ridurre i consumi di carburante, e una migliore aderenza sul bagnato.
Bioraffineria, Porto Torres |
“Matrìca ha costruito impianti primi al mondo, a partire da una tecnologia proprietaria sviluppata da Novamont, che utilizzano materie prime rinnovabili a basso impatto per ottenere bioprodotti ad alto valore aggiunto, in grado di trasformare problemi ambientali in opportunità di sviluppo sostenibile. Questi impianti creano ponti tra molti settori e catalizzano tecnologie integrate a crescente grado di innovatività. L’opportunità sta nel far diventare iniziative come questa progetti condivisi di rigenerazione territoriale, massimizzando il livello di integrazione e le ricadute”, spiega Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont. “La sfida per l’Italia è uscire dalla crisi facendo leva sui tanti casi virtuosi di economia circolare già presenti nel paese, promuovendo un nuovo modello di produzione e consumo orientato all’efficienza delle risorse, alla resilienza degli ecosistemi e al benessere delle persone. Il 2015, l’anno di Expo, del Green Act e della conferenza Onu di Parigi sul clima, è il momento giusto per lanciare questa sfida basata sulla saggia e proattiva valorizzazione delle risorse dei territori.”
Dai lubrificanti alla cosmesi ecco le mille vite del cardo
Acido azelaico
Si presenta come un solido cristallino bianco, è utilizzato in processi di polimerizzazione, nella produzione di lubrificanti e nell’utilizzo in prodotti di farmacosmesi (per esempio per il trattamento dell’acne). È tra i costituenti di base delle bioplastiche.
Acido pelargonico
È utilizzato nel settore cosmetico, nella produzione di biolubrificanti, in quella di candeggianti e fragranze per alimenti. È anche un erbicida di origine naturale a spettro totale e come tale è utilizzato nella formulazione di fitosanitari.
Glicerina
Si presenta come liquido inodore e incolore ed è caratterizzata da un’elevata purezza. Viene utilizzata nella cosmesi (per esempio per saponi, oli essenziali e creme), in campo farmaceutico, nella preparazione di liquidi antigelo.
Miscela acidi C5-C9
Può essere utilizzata nella sintesi degli esteri, permettendo di ottenere basi per la formulazione di lubrificanti a elevatissime prestazioni, indispensabili per l’utilizzo in applicazioni aeronautiche.
Miscela di acidi grassi saturi
È una miscela di acidi grassi saturi che si presenta come un materiale ceroso, solido a temperatura ambiente. Tra le applicazioni: detergenza, cosmesi, produzione di candele, accelerante nella vulcanizzazione della gomma.
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