Dov’è che l’economia circolare si salda con l’economia etica? La domanda può sembrare peregrina a un osservatore distratto. A chi interpreta il recupero e il riciclo dei materiali esclusivamente dal punto di vista del saldo delle materie prime risparmiate. Ma si tratterebbe di un’interpretazione inesatta, incompleta. Sarebbe un bilancio che dimentica di calcolare tutti i dividendi possibili, le conseguenze dirette e indirette, sociali e ambientali. Come per molti anni ha cercato di spiegare uno dei padri dell’ecologia, Edward Goldsmith, non è possibile approcciarsi a qualunque evento o problema senza considerare la catena degli eventi e dei soggetti che sono a esso collegati.

La riduzione e quindi la scomparsa del rifiuto o, meglio, dello scarto ha implicazioni di gran lunga più durature e ampie che non il solo recupero della materia.

I dati e gli esempi che ci offre l’ultimo – in ordine di tempo – rapporto di Ecopneus ci aiutano a rispondere alla domanda iniziale, cioè dove l’economia circolare e quella etica coincidono.

Coincidono, appunto, quando parliamo di occupazione. La creazione di occupazione, sia che si tratti di occupazione ex-novo o di miglioramento qualitativo di una parte dell’occupazione esistente, è già un risultato sociale non indifferente. Ecopneus ci dice, a questo proposito, che se il 100% degli pneumatici fuori uso venisse avviato a recupero di materia oggi in Italia si creerebbero le condizioni per avere 6.000 nuovi occupati.

 

Oppure la storia di Scampia e della cosiddetta Terra dei fuochi. In questi luoghi devastati dalla criminalità e assunti nell’immaginario popolare a esempio di terre di confine dove legge e salute hanno abdicato di fronte alla violenza e all’inquinamento, proprio qui economia circolare e sociale si saldano come anelli di una stessa catena.

In questi luoghi Ecopneus ha raccolto oltre 16.000 tonnellate nell’ambito del “Protocollo col ministero Ambiente per interventi di prelievo straordinari dei pfu” e proprio nel quartiere di Scampia, a chiusura del cerchio del recupero dei pneumatici abbandonati nelle province di Napoli e Caserta, sta sorgendo un campo di calcio regolamentare, realizzato con i granuli di gomma riciclata dagli pneumatici fuori uso (pfu). “Segno della volontà di combattere il degrado dell’abbandono e dei roghi illegali, dando un nuovo futuro a materiali che erano rifiuti, e nuove opportunità ai giovani che di quella Terra sono il futuro” spiega il direttore generale di Ecopneus Giovanni Corbetta.

 

6.000 posti di lavoro dal riciclo degli pneumatici

Lo studio, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile per conto di Ecopneus, anche sui temi del lavoro si è confrontato coi due scenari, Full Energy Recovery e Full Recycling, per cercare di capire quale dei due è capace di generare maggiore occupazione. Non si spoilera nulla dicendo che anche in questo caso il confronto ha dimostrato che il riciclo offre un numero maggiore di posti di lavoro, ma certo si tratta di una transizione che necessita di un salto concettuale. Di comprendere, non su base ideologica ma scientifica, che la conservazione dell’ambiente è più vantaggiosa anche in termini sociali.

Per quanto riguarda il bilancio occupazionale ed economico lo studio ha analizzato gli effetti diretti, indiretti e indotti della spesa associata alla gestione delle filiere, ossia considerando sia gli effetti diretti di gestione sia gli effetti indiretti e indotti che questa spesa esercita a catena sul sistema economico attraverso l’acquisto di beni intermedi, semilavorati e servizi, e degli effetti prodotti dall’incremento del reddito dei soggetti coinvolti dalle attività sui consumi.

Lo studio ha anche considerato il tempo (alcuni anni) che sarà necessario per lo sviluppo delle infrastrutture e delle filiere per un completo riciclo o per un completo recupero energetico di 400.000 tonnellate di pfu. Una volta a regime, dicono le analisi, il nuovo valore aggiunto prodotto nello scenario Full Energy Recovery ammonterebbe a 91 milioni di euro, a fronte dei 110 milioni dello scenario Full Recycling. Allo stesso modo, l’occupazione aggiuntiva (calcolata in unità di lavoro standard) passerebbe da 1.433 unità con l’avvio degli pneumatici fuori uso a cementificio alle 1.727 con le stesse 400.000 tonnellate di pfu avviate a riciclo. Fra riciclo e recupero energetico, come si diceva, non c’è paragone: vince il primo con 19 milioni di euro di valore aggiunto e quasi 300 posti di lavoro in più.

Scendendo sul piano degli effetti diretti, indiretti e indotti derivanti dal risparmio per il paese associato alla riduzione delle importazioni di materie prime sostituite dal recupero dei pfu nei due scenari, i numeri si fanno più evidenti. La mancata spesa per materie prime di importazione, per gomma, acciaio, carbon coke ecc., consente, spiega lo studio, di rendere disponibili risorse economiche per liberare nuovi investimenti a scala nazionale e, a seguire, aumentare redditi disponibili e i consumi interni. Il reale beneficio in termini economici e occupazionali del riciclo risiederebbe, quindi, proprio qui. La differenza di valore aggiunto e nuova occupazione prodotta nei due scenari è di oltre un ordine di grandezza, con 30 milioni di euro per il Full Energy Recovery contro i 392 milioni del Full Recycling e 494 nuove unità lavorative contro oltre 6.000.

Realizzare il pieno riciclo degli pneumatici fuori uso rispetto al solo recupero energetico consentirebbe di generare oltre 360 milioni di euro di ulteriore valore aggiunto ogni anno e quasi 6.000 nuovi posti di lavoro. Una vera e propria rivoluzione.

 

“Ecopneus si è impegnata moltissimo in questi anni per massimizzare il recupero di materia, seguendo le indicazioni Ue e i principi dell’economia circolare” racconta Corbetta. “Il pieno riconoscimento della qualifica di non-rifiuto, a granuli e polverini di gomma, consentirebbe di fare un salto di qualità nel rapporto riciclo/energia, e ottenere maggiori benefici ambientali, occupazionali ed economici”. 

Anche perché, entrando più nel dettaglio, oltre i 6.000 occupati, da questa risorsa si potrebbero ricavare 400 milioni di valore aggiunto, oltre a un risparmio di CO2 pari alle emissioni di 300.000 auto, di risorse naturali pari a 106 Torri Eiffel e di acqua pari a 500 piscine olimpioniche.

Nell’ultimo anno, Ecopneus ha raccolto oltre 245.000 tonnellate di pneumatici fuori uso, un milione e 400.000 dall’inizio dell’attività. Gestisce mediamente 250.000 tonnellate di pfu ogni anno, per il 56% indirizzati al recupero di materia.

Il valore complessivo di questo sistema è di 63 milioni di euro di valore economico distribuito ogni anno a una filiera industriale in crescita e che già occupa circa 700 persone.

Ecopneus con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha inoltre realizzato uno studio per misurare il vantaggio potenziale del recupero dei pfu in termini ambientali, economici e occupazionali. Quella saldatura fra circolarità ed etica di cui parlavamo.

“Lo studio – spiega Andrea Barbabella, della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e responsabile dello studio – rivela come il principale beneficio in termini economici e occupazionali del recupero dei pfu risieda in primo luogo nel risparmio sulla spesa corrente associato alle importazioni di materie prime evitate, che renderebbe disponibili risorse economiche per nuovi investimenti a scala nazionale e, a seguire, aumenterebbe redditi e consumi interni consentendo un ingente vantaggio ‘di sistema’ per il paese”. 

La gestione degli pneumatici fuori uso in tutta l’Unione europea, Italia inclusa perciò, avviene attraverso due modalità di recupero: la prima riguarda il riciclo dei materiali, e in particolare del polimero di gomma, che può essere utilizzato come materia prima seconda in sostituzione di gomma vergine per la produzione di nuovi beni; la seconda indirizzata al recupero come combustibili derivati per la produzione di energia, in virtù dell’elevato potere calorifico della gomma.

 

 

Va da sé che la politica europea in fatto di economia circolare spinge verso la prima soluzione e, come dimostrano i numeri dello studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e di Ecopneus, è anche giusto che sia così, in termini di risultati ambientali ed economici ottenuti od ottenibili.

Se poi si analizza l’impatto sulla salute umana, il recupero delle 400.000 tonnellate di pfu tramite utilizzo in cementificio presenta un bilancio favorevole ma assai modesto, con circa 30 anni di vita preservati. Con lo scenario Full Recycling, invece, grazie alle emissioni evitate, salgono ad oltre 749 gli anni preservati, confermando – si legge nello studio – come il riciclo sia l’opzione di gran lunga preferibile, in ciclo di vita, anche dal punto di vista sanitario. 

È vero che la richiesta del cosiddetto ciabattato è alta e che 250.000 tonnellate di penumatici fuori uso fanno gola al mercato del recupero energetico dei cementifici. Si tratta di un mercato che, sebbene in Italia non abbia una capacità di assorbimento limitata, potrebbe invece guardare con grande interesse altre aree del mondo, come il nord Africa, la Corea, l’est Europa, paesi dai quali arrivano continuamente richieste. Non solo sarebbe facile, perché la domanda di pfu esiste già, ma anche efficiente dal punto di vista dei costi perché consentirebbe un risparmio sul fronte delle attività legate alla ricerca e alla promozione sui settori applicativi e sul fronte di tutto ciò che è connesso alla granulazione, dal personale alle certificazioni per fare un esempio.

Ma la convenienza immediata di questo processo si oppone ai vantaggi, economici, ambientali e sanitari di gran lunga maggiori e duraturi del modello proposto dall’economia circolare, come dimostra con molti esempi lo studio di Ecopneus,.

Numeri e analisi, che sono stati realizzati sul campione italiano ma validi per tutto il resto dell’Unione, confermano la direzione assunta dalla politica europea, la cui accettazione da alcuni Stati membri, incluso il nostro, incontra spesso difficoltà e ostacoli di carattere – il più delle volte – burocratico.

 

 

“Scegliere la strada del recupero di materia anziché quella apparentemente più facile del recupero energetico è la ragione fondante dell’attività del la nostra società consortile: ovvero il garantire, attraverso la raccolta e il recupero dei pfu, la massimizzazione del beneficio ambientale e sociale per la collettività, accanto alla minimizzazione del costo economico, per la collettività stessa, con una piena applicazione dei principi di etica, responsabilità e legalità e in risposta agli indirizzi istituzionali, europei e nazionali” spiega il direttore generale di Ecopneus Giovanni Corbetta. “L’economia circolare è possibile i vantaggi sono tangibili. Per attuarla – ammonisce, perciò, Corbetta – serve un cambio culturale che riguarda tutti, cittadini, imprese e Istituzioni. E serve una leadership, una leadership culturale, che oggi non c’è”. 

 

 

Ecopneus, Rapporto di sostenibilità 2016, tinyurl.com/ycr92me9

Fondazione per lo sviluppo sostenibile, www.fondazionesvilupposostenibile.org

Info

www.ecopneus.it