Nel 2009, nel pieno della crisi economica e finanziaria, l’Europa si è resa conto di aver perso parte della propria capacità di traino industriale rispetto alle economie emergenti. Per reagire a questa situazione, la Commissione europea ha deciso di promuovere le Ket (Key Enabling Technologies), innovative tecnologie chiave in grado di stimolare una nuova industrializzazione del Vecchio Continente, stimolare la competitività e generare occupazione, crescita e ricchezza dell’economia. Sei le tecnologie selezionate e, tra quelle emergenti come la nanotecnologia e la micro-elettronica, la biotecnologia è stata riconosciuta come promotrice della bioindustria.
La valle della morte
Gli studi di valutazione delle Ket, condotti da un gruppo di esperti di alto livello per conto della Commissione europea, miravano a individuare i motivi di intralcio all’implementazione della biotecnologia industriale in settori quali quello energetico, chimico e alimentare. Tra i principali aspetti che il rapporto ha preso in considerazione, emergono la “valle della morte”, ovvero quella fase in cui finiscono molti processi o prodotti prototipo nel passaggio dalla ricerca all’entrata sul mercato, e la mancanza di finanziamenti pubblici per trasferire le attività dimostrative su una scala più ampia, impedendo quindi che finiscano affossate. A confronto con le due altre superpotenze economiche del mondo, Usa e Cina, l’Europa supportava a malapena questo tipo di attività dimostrative (figura 1).
Consapevole dei risultati della valutazione, la Commissione europea è passata all’azione. Ha creato molteplici strumenti di finanziamento, tra cui:
- Horizon2020, che rispetto al predecessore FP7 si focalizza di più sulla collaborazione tra mondo accademico e industria;
- nell’ambito di Horizon, ha istituito i fondi speciali Bbi (Bio-Based Industry) per partnership pubblico-privato e Spire (Sustainable Process Industry through Resource and Energy Efficiency), che concedono supporto finanziario per attività pilota e dimostrative;
- sempre in ambito Horizon, ha creato lo strumento per le Pmi, un programma che supporta le piccole e medie imprese affinché accelerino l’entrata sul mercato delle proprie innovazioni.
Finora, questo tipo di supporto finanziario alle attività pilota ha sempre dimostrato la sua validità e disponibilità. Cos’è allora che ancora impedisce alla biotecnologia industriale e più in generale alla bioeconomia di prendere il volo? Sebbene per le Pmi e le grandi imprese sia ora più facile ottenere supporto finanziario per far avanzare i propri progetti, molte di queste, soprattutto tra le piccole e medie imprese, non considerano le attività pilota un elemento strategico. È raro che dispongano di infrastrutture nelle quali implementare le linee pilota, né di personale competente per effettuare i test di collaudo. Per ottenere curve di apprendimento più rapide ed entrare in tempi brevi sul mercato, queste attività devono essere esternalizzate, ma a tal fine sono necessarie infrastrutture pilota sempre disponibili, alle quali le aziende possono accedere senza conflitti di interesse con l’organizzazione o l’azienda che gestisce gli impianti. Inoltre, l’infrastruttura deve essere diversificata e completa per adeguarsi a una vasta gamma di processi; infine, l’organizzazione dell’impianto pilota deve disporre di persone capaci di occuparsi dei molti aspetti dell’economia basata su fonti biologiche.
Celtic Renewables testerà i processi di trasformazione degli scarti di produzione del whisky in biocombustibile presso BBEPP
Celtic Renewables, una spin-out del Biofuel Research Centre dell’Università di Edimburgo ha sottoscritto lo scorso giugno un accordo con Bio Base Europe per passare alla fase successiva di test di un processo che consentirà di trasformare i residui della produzione di whisky in biocarburante per vetture. La partnership, che consentirà all’azienda di sviluppare questa nuova tecnologia presso l’impianto BBEPP, è stata consolidata grazie a finanziamenti complessivi pari a 1,5 milioni di euro, di cui oltre un milione concesso dal governo britannico, che punta a un nuovo settore di mercato nel Regno Unito con un fatturato stimato in 125 milioni di euro l’anno.
L’azienda scozzese, che per prima ha collaudato una tecnologia al biobutanolo presso la struttura dimostrativa pilota in Belgio, ha già tentato di produrre biobutanolo dallo zucchero ottenuto dai semi di orzo, imbevuti di acqua per facilitare il processo di fermentazione necessario alla produzione del whisky e dalla borlanda, il liquido di lievitazione che viene scaldato durante la distillazione. I prossimi mesi vedranno l’azienda impegnata a replicare su scala industriale il lavoro svolto nel laboratorio scozzese.
L’impianto BBEPP
È esattamente questa la filosofia che avevano in mente i fondatori dell’impianto pilota di Bio Base Europe (BBEPP) quando nel 2008 lanciarono la loro iniziativa in Belgio, a Ghent. La scelta dell’ubicazione non deve sorprendere: proprio in questa città i biotecnologi e pionieri del settore Marc Van Montagu e Jeff Schell scoprirono il meccanismo di trasferimento dei geni tra l’agrobatterio e le piante, spianando la strada per l’ingegneria vegetale. Da allora, Ghent è diventato un importante polo per la biotecnologia verde e successivamente per quella rossa e bianca (rispettivamente biotecnologie agroalimentari, farmaceutiche e industriali, ndr). Nel corso degli anni, grazie al supporto finanziario del Porto di Ghent, della Provincia delle Fiandre orientali, delle Fiandre, dei Paesi Bassi e dell’Europa, nell’impianto pilota di Bio Base Europe sono stati investiti oltre 20 milioni di euro.
La funzione generale della struttura è quella di colmare il divario tra la fattibilità scientifica e l’applicazione industriale dei nuovi processi biotecnologici e/o basati su sostanze biologiche. L’impianto consente alle aziende di valutare gli effettivi costi operativi, gli specifici punti di forza o debolezza dei nuovi processi e tutto questo prima che vengano effettuati investimenti costosi e su larga scala.
Il BBEPP è situato nel porto di Ghent, e per la sua realizzazione è stato ristrutturato un edificio già esistente. Si tratta di una piattaforma pilota aperta, capace di accogliere sotto lo stesso tetto l’intera catena di valore, dalle risorse verdi al prodotto. Dotata di attrezzature per pretrattamento delle biomasse, fermentazione, biocatalisi, chimica verde e processazione a valle, è in grado di offrire una vasta gamma di servizi. La struttura è composta da tre grandi aree, laboratori e uno spazio per la manutenzione. La prima area pilota è dedicata al pretrattamento e alla biocatalisi; vi si trovano più reattori con dimensioni fino a 8 metri cubi; il secondo settore è dedicato alla biotecnologia industriale, con fermentatori fino a 15 metri cubi (figura 2) e la terza area, a prova di esplosione e conforme alle normative Atex, contiene reattori chimici e attrezzature di estrazione con dimensioni fino a 5 metri cubi (figura 3). Dotati di estrema flessibilità, i diversi moduli possono essere collegati per realizzare in modo diretto diverse linee di produzione.
Il BBEPP è coinvolto in progetti che prevedono fondi pubblici (per esempio quelli di Horizon2020 o finanziamenti nazionali) e in partnership con istituti di ricerca e aziende inclusi in consorzi di maggiori dimensioni, o in progetti con finanziamenti privati che collaborano bilateralmente con partner industriali. Nel 2013 e poi nel 2014, il BBEPP ha portato a termine rispettivamente 44 e 38 progetti pilota bilaterali per l’industria, offrendo un importante incentivo alle aziende per superare la “valle della morte”.
Premi e riconoscimenti
La crescita e il successo dell’impianto di Bio Base Europe sono stati notati dalla Commissione europea. La struttura è stata riconosciuta come importante linea pilota dimostrativa per le Ket in ambito di biotecnologia. È un esempio di come il carattere aperto all’innovazione e il concetto di struttura condivisa che lo caratterizzano vadano considerate come un modello di funzionamento per qualsiasi altro impianto pilota. Credo fermamente nella bioeconomia, e spero davvero che questo riconoscimento comprovi l’essenza dell’infrastruttura pilota così che, grazie a questo supporto, ci sia possibile promuovere ulteriormente lo sviluppo dei prodotti e dei processi biologici, incentivando il settore della bioeconomia nel suo complesso.
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