Stiamo vivendo una crisi globale della sostenibilità che ha tre dimensioni: la crisi climatica, la crisi della biodiversità e la crisi causata dal sovrasfruttamento delle risorse naturali. Per contrastare tutto ciò una delle soluzioni più efficaci è l’economia circolare. Il World Circular Economy Forum 2019 di Helsinki svoltosi lo scorso giugno ha riunito oltre 2.000 esperti proprio per discutere di queste soluzioni.
Dopo l’allarmante rapporto dell’Ipcc pubblicato lo scorso ottobre, il dibattito su chi deve guidare la transizione è stato intenso. Protagonisti fondamentali saranno le aziende come fornitrici di soluzioni; gli individui come clienti esigenti; le città come piattaforme innovative che usano gli appalti pubblici come strumento strategico per favorire la commercializzazione delle innovazioni dell’economia circolare.
Però la responsabilità maggiore ricade sui governi. La crisi della sostenibilità, infatti, ci sta sfuggendo di mano e non c’è tempo da perdere.
Secondo il Resources Outlook delle Nazioni Unite, l’estrazione e la lavorazione delle risorse naturali causa il 50% delle emissioni totali in atmosfera e tra l’80 e il 90% della perdita di biodiversità: dobbiamo usare meglio i materiali esistenti.
Abbiamo inoltre urgente bisogno di strumenti fiscali forti – legislazione, responsabilità estesa del produttore, supporto e regolamentazione a Ricerca, Sviluppo e Innovazione – per rendere la transizione sufficientemente rapida. In questo ambito gli Stati e le istituzioni internazionali devono prendere il comando. Se i governi non prendono sul serio la crisi della sostenibilità e non smettono di sovvenzionare attività e modelli di business inquinanti e dispendiosi, le nostre chance di avere successo saranno misere e limitate.
I governi devono anche assicurare che le soluzioni sostenibili di uso quotidiano siano molto più convenienti e attrattive rispetto a quelle insostenibili e inquinanti.
Abbiamo tempo fino al 2030 per dimezzare le emissioni globali di CO2 ed entro il 2050 dobbiamo arrivare a una quota negativa di emissioni. Riguardo alla crisi della biodiversità abbiamo ancora meno tempo. A un certo punto il sistema naturale finirà per collassare: non possiamo consentire che accada.
Solo pochi governi illuminati sembrano comprendere quanto è rischiosa la situazione attuale. Nazioni Unite, Ipcc, Ipr, Ipbes lo hanno capito, ma dove sono i paesi che aprono la strada con azioni tangibili? Dov’è l’urgenza di sostenibilità globale?
Se le aziende con nuovi modelli di business devono competere con attività sovvenzionate, istituzionalmente riconosciute e inquinanti, queste nuove soluzioni avranno poche possibilità di avere successo. Serve molto tempo per applicare le soluzioni su grande scala, ma non possiamo permetterci il lusso di perdere tempo.
Ma c’è speranza, con l’onda Verde delle persone elette al Parlamento europeo e il nuovo governo finlandese che si sono impegnati a promuovere politiche coerenti con un aumento di 1,5°C della temperatura globale e che hanno messo l’economia circolare ai primi posti nell’agenda.
Dobbiamo convincere i governi, aiutarli e persino fare pressione perché intraprendano misure ambiziose per accelerare il passaggio all’economia circolare. Dobbiamo sviluppare nuove tecnologie e innovazioni e portarle a una scala adeguata, tenendo presente che la transizione deve essere al tempo stesso equa e inclusiva, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo.
Nessuno può portare a termine la transizione da solo. Abbiamo bisogno di una stretta collaborazione tra tutti i paesi e in tutti i settori della società.
Dobbiamo dare un’accelerata a speranze, innovazioni e tecnologie, equità e inclusività, in direzione dell’economia circolare e di un mondo migliore.
Sitra, www.sitra.fi/en
World Circular Economy Forum, www.sitra.fi/en/projects/world-circular-economy-forum-2019