L’attuale versione del Decreto End of Waste degli inerti minaccerebbe seriamente anche le imprese della costruzione e manutenzione delle strade. È questo l’allarme lanciato il 7 febbraio 2023 da Associazione SITEB - Strade Italiane E Bitume. La normativa metterebbe a rischio la gestione e il riciclo dei rifiuti provenienti dai cantieri stradali: oltre 14 milioni di tonnellate ogni anno, una parte significativa dei quali, se la norma dovesse rimanere così com’è senza le necessarie modifiche, dovranno essere conferite in discarica, disperdendo le potenzialità economiche, ambientali e occupazionali legate al riciclo dell’asfalto.
Le osservazioni di SITEB sul Decreto End of Waste
L’allarme emerge dalla nota inviata dall’Associazione SITEB - Strade Italiane E Bitume al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica contenente le osservazioni e richieste di modifiche del Decreto ministeriale 152 del 27 settembre 2022, il cosiddetto Decreto sull’End of Waste dei rifiuti inerti.
Ogni anno la produzione annuale del rifiuto proveniente dalla demolizione di pavimentazioni stradali (noto anche come fresato d’asfalto) ammonta a circa 14.457.000 di tonnellate (secondo stime SITEB sarebbero addirittura 17 milioni). Tali rifiuti sono riciclati oggi, secondo la normativa vigente precedente al Decreto, in diverse produzioni: dal nuovo conglomerato bituminoso a caldo (circa 9.600.000 tonnellate) alla produzione di nuovo conglomerato bituminoso a freddo (circa 800.000 tonnellate) fino alla produzione di aggregati riciclati, per il restante quantitativo.
Stando all’attuale versione del testo del Decreto, il recupero nella produzione degli aggregati riciclati, così come lo conosciamo oggi, sarebbe impossibile in quanto tali aggregati, prodotti con miscele bituminose, non sarebbero conformi alle limitazioni di concentrazione di idrocarburi previste, in netto contrasto con la norma tecnica di riferimento che prevede un impiego di “fresato” anche del 30%.
“Secondo nostre stime - afferma Stefano Ravaioli, direttore SITEB - il riutilizzo del 30% del fresato, dato attualmente registrato in Italia, nella produzione di conglomerato bituminoso, comporta ogni anno il minor impiego di 380.000 tonnellate di bitume vergine (riduzione del fabbisogno di petrolio) e il recupero di 9.480.000 tonnellate di inerti, equivalenti in termini economici ad un risparmio di circa 370-380 milioni di euro di sole materie prime”.
Un potenziale enorme di inerti a rischio discarica
Quindi una quota consistente di conglomerato bituminoso demolito (4.100.000 tonnellate, se non addirittura 6.600.000 secondo stime SITEB) dovrebbe essere avviata non più a riciclo, ma a smaltimento finale in discarica, in palese contrasto con i principi dell’economia circolare, con gli obiettivi di riciclo fissati a livello europeo e, non ultimo, con la necessità di pianificare urgentemente nuove adeguate discariche (pena il blocco delle demolizioni). Ciò produrrebbe pesanti ricadute anche sull’intero settore delle costruzioni, dal recupero del fresato sino ai cantieri per la realizzazione del piano di opere strategiche previste nel PNRR.
“Producendo conglomerato con il 100% del fresato -ha concluso Ravaioli - il risparmio economico salirebbe fino a 1200 milioni di euro/anno di sole materie prime, senza considerare tutti i vantaggi ambientali dovuti a minori importazioni di petrolio, al minor ricorso alle cave, ai minori trasporti di materie, ai minori costi di lavorazione e alle minori emissioni in atmosfera. In questo modo si eviterebbe la produzione di bitume di 3 raffinerie di medie dimensioni. In Italia, se non si modificherà la normativa sull’End of waste dei rifiuti inerti, questo potenziale rischia di andare disperso”.
Sono tre le principali osservazioni e richieste sottoposte all’attenzione del Ministero nella nota tecnica inviata dall’Associazione. SITEB chiede di rivedere i limiti di concentrazione massima di sostanze legate agli idrocarburi, considerati eccessivamente restrittivi, un maggiore coordinamento con questa normativa e quella esistente sull’End of Waste per il fresato d’asfalto (DM 69/12) e la modifica della previsione secondo cui le attività di riciclo del fresato d’asfalto dovranno essere sottoposte a certificazione di qualità ISO9001, oltre alla marcatura CE. Tale nuovo obbligo, stando all’Associazione, produrrebbe un impatto burocratico sproporzionato, che rischierebbe di bloccare le attività e favorire il ricorso alla materia prime vergine.
Image: Lamar Penny (Unsplash)