Economia circolare significa adottare un approccio rigenerativo all’uso delle risorse che consenta a più di 8 miliardi di abitanti sul pianeta di soddisfare i propri bisogni. Il diagramma a farfalla della Ellen Mac Arthur Foundation ci ricorda che è relativamente semplice adottare un approccio circolare con i materiali biologici grazie agli insegnamenti della natura, che in milioni di anni ha messo a punto processi e organismi che consentono la piena rigenerazione degli sprechi e la ricostituzione del capitale naturale. Viceversa, appare decisamente più complesso applicare l’economia circolare ai materiali “tecnici” creati dall’uomo, soprattutto a partire dalla seconda rivoluzione industriale con l’industria siderurgica e petrolchimica.

Nell’ambito dei prodotti chimici, la plastica è l’emblema del problema (“croce e delizia”) generato dallo sviluppo industriale e dei consumi nel XX secolo: un materiale straordinario, utilizzato pervasivamente nello sviluppo economico, che ha avuto un impatto estremamente rilevante sull’ambiente. Per gestirlo adeguatamente, occorrono opportune strategie che devono essere introdotte secondo un approccio che possiamo ordinare in sei progressive logiche circolari.
In primis, ridurre l’uso della plastica agli ambiti in cui è effettivamente necessaria, ovvero prestazionalmente ed economicamente non sostituibile da materiali più naturalmente circolari.

In secondo luogo, garantire la massima durata ai prodotti di cui è parte (durabilità). Quindi, quando un prodotto non vuole più essere utilizzato, stimolare il riuso. Se le prestazioni non risultano più adeguate perché una parte del prodotto è compromessa e non è possibile garantirne la rigenerazione, realizzare una sostituzione parziale e il remanufacturing. Solo come quinta opzione entra in gioco il riciclo, che è un’opzione importante, ma comunque subottimale rispetto a quelle precedenti, in ottica di circolarità. L’ultima opzione, per evitare la discarica (in terra o in mare) è la produzione di energia, molto praticata per le plastiche eterogenee. L’Italia ha alcuni esempi di riciclo di questa materia seconda a basso valore aggiunto, come ad esempio in Revet dove si è arrivati a produrre componentistica per la Piaggio, ma si tratta di esperienze relativamente isolate. Le prospettive per la plastica che abbiamo descritto possono essere applicate a qualunque prodotto chimico e caratterizzare le scelte strategiche e i modelli di business delle imprese.

Porsi in una prospettiva di circolarità significa partire dalle scelte delle materie prime, che nel caso della chimica riguardano soprattutto l’alternativa tra chimica verde (che utilizza materie prime di origine vegetale) e chimica tradizionale, che parte dal petrolio utilizzando le componenti più pregiate del processo di raffinazione. In Italia, abbiamo da molti anni un champion della chimica verde, come Novamont, ma negli ultimi anni molte imprese si sono orientate a riconvertire impianti per la lavorazione di materie prime di origine organica. Serve poi molta innovazione tecnologica per le soluzioni da adottare in produzione, ma anche in tutte le altre fasi del ciclo di vita, compreso il riciclo. Un esempio significativo a questo proposito è Itelyum, che, dopo aver raggiunto livelli elevati di circolarità negli oli industriali, ha sviluppato tecnologie avanzate per il recupero dei solventi e oggi si sta dedicando anche al riciclo chimico della plastica, che – come è noto – può consentire di raggiungere una piena chiusura del ciclo del PET.

Novamont e Itelyum sono due delle oltre 550 imprese che aderiscono all’UN Global Compact Network Italia. A loro, e anche oltre il perimetro dell’iniziativa dell’ONU, rivolgiamo un forte richiamo a un impegno sempre più ambizioso rispetto all’integrazione dell’approccio circolare nelle strategie aziendali, qualsiasi sia il settore produttivo di appartenenza. In uno scenario di scarsità di risorse, il modello di produzione in chiave circolare è imprescindibile per garantire la sostenibilità dei mercati e un’effettiva protezione degli ecosistemi naturali, oltre a caratterizzarsi come driver di innovazione, ricerca di nuove materie prime, miglioramento continuo per l’organizzazione.

 

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Immagine: Envato