Poche settimane fa – il 2 dicembre scorso – la Commissione europea ha presentato il suo nuovo pacchetto sull’economia circolare che comprende oltre alla comunicazione, un elenco di misure e quattro proposte legislative sui rifiuti (www.reteambiente.it/normativa/23203/).
Quando si parla di economia circolare generalmente si intende un sistema in cui i prodotti – e i materiali che li compongono – hanno un valore elevato, al contrario dei prodotti caratteristici del modello economico tradizionale lineare basato sullo schema “prendi-produci-consuma-getta”. Il modello di produzione e consumo dell’economia circolare si basa su due circuiti complementari, che si ispirano ai cicli organici: uno per i materiali “biologici” (quelli che possono essere decomposti da organismi viventi) e uno per i materiali “tecnici”. In entrambi i casi però l’obiettivo è limitare il più possibile la dispersione di risorse.
Mentre la maggior parte degli stakeholder continua a occuparsi dei dettagli del testo, dalle quattro proposte legislative, invece, emergono diversi punti salienti. Tra questi, la definizione dei nuovi obiettivi sulla gestione dei rifiuti da raggiungere entro il 2030. In particolare: portare al 65% la percentuale di riutilizzo e riciclo dei rifiuti urbani; riciclare il 75% dei rifiuti da imballaggi già creati per essere riutilizzati e riciclati (con obiettivi specifici per i diversi materiali utilizzati nell’imballaggio), ridurre gradualmente la percentuale dei rifiuti urbani destinati a finire in discarica, puntando a scendere al 10%.
La Commissione, inoltre, ha proposto di stabilire requisiti minimi per gli schemi di responsabilità estesa del produttore (Epr), e di differenziare i contributi pagati dai produttori sulla base dei costi necessari a trattare i prodotti alla fine del loro ciclo di vita. Infine, sono stati delineati gli strumenti attraverso cui contribuire a chiudere il cerchio delle risorse, in linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs) adottati nel 2015: ovvero il monitoraggio del rispetto degli obiettivi da parte degli Stati membri attraverso sistemi quali l’allerta precoce, una particolare attenzione al riuso e alla prevenzione e la revisione della definizione stessa di rifiuto.
Da quando la Commissione europea ha proposto un primo pacchetto di economia circolare nel luglio del 2014, e successivamente ha ritirato la proposta legislativa sui rifiuti inclusa nel pacchetto del febbraio 2015, le speranze e le aspettative hanno avuto molto tempo per alimentarsi, nell’attesa di una proposta pioneristica e trasformativa. Molti erano anche ottimisti sul fatto che la nuova proposta si sarebbe concentrata su un approccio “dalla culla alla culla” indirizzato al design circolare dei prodotti, oltre che sulla fine del loro ciclo vitale.
Le differenze tra il pacchetto di economia circolare originario del luglio del 2014 e quello nuovo presentato nel dicembre 2015 hanno portato ad alcune polemiche all’interno della comunità degli stakeholder dell’Unione europea. E, sia a Bruxelles sia altrove, a seconda delle persone interpellate il giudizio su tali modifiche andava da un cauto ottimismo a un deciso disappunto.
È vero, infatti, che gli obiettivi sulla gestione dei rifiuti sono stati rivisti al ribasso, sono state introdotte deroghe per cinque Stati membri ed è stato abbandonato l’obiettivo trasversale di aumentare la produttività delle risorse del 30% entro il 2030. Così come è scomparso dalle proposte legislative l’obiettivo di ridurre i rifiuti alimentari di almeno il 30% entro il 2025. D’altra parte, però, il piano di azione contiene molte nuove iniziative che riguardano aspetti non direttamente collegati alla gestione dei rifiuti, ma comunque essenziali per la transizione verso un’economia circolare: quali la produzione, il consumo, le materie prime secondarie o l’innovazione.
In cinque settori prioritari – tra cui le plastiche, i rifiuti alimentari, le materie prime critiche, la costruzione e la demolizione, la biomassa e i prodotti biobased – il piano d’azione presenta misure. Per quanto riguarda i rifiuti marini, viene mantenuto l’ambizioso obiettivo stabilito nel 2014, ovvero di ridurli del 30% entro il 2030. Sui rifiuti alimentari, invece, la Commissione indica il proprio impegno a mantenere per il 2030 il target stabilito negli Obiettivi di sviluppo sostenibile: “dimezzare i rifiuti alimentari pro capite a livello di rivenditori e di consumatori”, sviluppando tra l’altro una metodologia comune per misurare tali rifiuti e rendere più chiara la legislazione europea su rifiuti, cibo e mangimi.
Nelle aree e settori prioritari diverse sono le misure proposte. Ci sono misure legislative, per esempio il nuovo Regolamento sui fertilizzanti, e misure più “soft”, quali il sostegno attraverso la comunicazione e la segnalazione di iniziative, e con l’attuazione, la guida, e la creazione di indicatori, standard e misure che possano rendere più semplice l’accesso ai finanziamenti. Oltre a ciò la Commissione intende prendere in considerazione sia il bisogno di assicurare la non-tossicità dei materiali riciclati sia il contributo della bioeconomia per la transizione verso un’economia circolare.
Ecco come gli stakeholder giudicano il pacchetto sull’economia circolare
Anche se le reazioni della comunità degli stakeholder al nuovo pacchetto sono state molto diverse, sono state soprattutto le Ong a schierarsi apertamente in modo critico.
Il gruppo ombrello di Ong European Environmental Bureau (Eeb), che rappresenta gli interessi di una serie di organizzazioni non governative, ha definito la proposta “uno specchietto per le allodole”. Il Direttore delle policy per il settore Prodotti e Rifiuti dell’organizzazione, Stéphane Arditi, ha dichiarato che “la Commissione non è stata in grado di tener fede alla promessa di arrivare a una proposta più ambiziosa. Il fatto che vi siano state aggiunte alcune buone iniziative non compensa l’evidenza che il nucleo giuridicamente vincolante del pacchetto, ossia gli obiettivi sui rifiuti, è più debole rispetto all’ultima proposta. Ci siamo ritrovati con un anno sprecato e una proposta meno ambiziosa. Abbassare gli obiettivi di riciclaggio rispetto all’anno scorso significa che più rifiuti finiranno nelle discariche o negli inceneritori. Questa è un’opportunità persa, perché il riciclaggio crea più posti di lavoro e porta a meno emissioni sia dalle discariche che dagli inceneritori”.
European Environmental Bureau (Eeb), www.eeb.org
Ancor più critica è stata l’organizzazione Friends of the Earth Europe, secondo cui la proposta della Commissione non tiene fede alle promesse, e suggerisce che sia stata vittima del progetto della Commissione noto come “Legiferare Meglio”. Magda Stoczkiewicz, Direttore di FoE Europe, ha commentato: “Questo è stato un anno di ritardo immotivato. Dietro alla maschera del Legiferare Meglio la Commissione ha totalmente minato qualsiasi pretesa di coraggio, annacquando le misure vincolanti e offrendo agli Stati membri una scusa per non affrontare la nostra crisi di sovraconsumo. Rispetto al precedente, questo pacchetto piuttosto che con il Legiferare Meglio ha a che fare con un miope Legiferare Male”.
Friends of the Earth Europe, www.foeeurope.org
Anche Zero Waste Europe ha lamentato il fatto che la proposta non ha affrontato il tema della prevenzione e del riutilizzo, spingendosi al punto di eliminare gli obiettivi sui rifiuti alimentari e sulla riduzione dei rifiuti marini. Inoltre, secondo questa organizzazione il pacchetto è ancor meno ambizioso nella separazione dei biorifiuti, e abbassa gli obiettivi sul riciclaggio.
Zero Waste Europe, www.zerowasteeurope.eu
Toni decisamente più concilianti, invece, sono stati mostrati dal settore industriale. Secondo Markus J. Beyrer, Direttore generale di Business Europe “il nuovo approccio è un buon passo in avanti per sostenere il mondo imprenditoriale nella sua agenda di transizione a lungo termine. L’accelerazione dell’economia circolare comporta un impegno maggiore e un approccio collaborativo tra governi, mondo imprenditoriale, scienza e consumatori, oltre a una maggiore cooperazione lungo tutta la catena del valore”.
Business Europe, www.businesseurope.eu
Anche Ben Butters, Direttore Affari Ue per Eurochambres, l’associazione delle Camere di commercio e industria europee, ha accolto positivamente il nuovo pacchetto. “Ci sono state – ha commentato – lunghe discussioni precedenti all’adozione del nuovo pacchetto sul grado di ambizione conseguente al ritiro dell’anno scorso. Ma fondamentalmente, se deve raggiungere i propri obiettivi la legislazione Ue deve essere praticabile, quindi all’ambizione deve unirsi il pragmatismo. Questa è la ragione per la quale il pacchetto sull’economia circolare deve tenere conto delle condizioni finanziarie e operative del business alle quali sarà obbligato a conformarsi, e anche delle previsioni economiche generali per l’Europa, che restano molto prudenti. Crediamo che nell’insieme la proposta della Commissione abbia raggiunto un buon equilibrio tra ambizione e pragmatismo, e adesso ci aspettiamo che il Parlamento si comporti analogamente”.
Eurochambres, www.eurochambres.eu
Hubert Mandery, Direttore generale di Cefic, l’associazione europea delle industrie chimiche, ha osservato: “Massimizzare l’efficienza e minimizzare i rifiuti sono buone pratiche per le imprese, ed è del tutto sensato considerare come questi principi si possano applicare all’economia nel suo insieme”. Mandery si è però detto scontento del fatto che la Commissione sembra non aver colto l’opportunità di chiarire la definizione di rifiuto, e ha auspicato che ciò sarà fatto per essere certi che risorse preziose per l’economia non vadano perse per colpa di barriere normative. Osservando poi che la comunicazione identifica il bisogno di facilitare la tracciabilità e la gestione del rischio delle sostanze chimiche nei processi di riciclaggio, Mandery ha aggiunto: “L’industria chimica europea si impegna ad assicurare un utilizzo sicuro delle sostanze chimiche. Saremo lieti di lavorare con la Commissione e altri stakeholders per fare in modo che gli stessi standard elevati si applichino a ciascuno stadio dell’economia circolare”.
Cefic, www.cefic.org
Tuttavia alcune preoccupazioni sono state sollevate dai pionieri del settore delle rinnovabili: mettono in dubbio il fatto che il pacchetto abbia riconosciuto le potenzialità e la necessità di premiare chi all’interno dell’Unione europea raggiunge migliori prestazioni nel campo dell’innovazione.
Kari Herlevi, responsabile senior per l’economia circolare di Sitra, il Fondo finlandese per l’innovazione, ha commentato: “Il nuovo programma sull’economia circolare della Commissione europea include importanti indirizzi di policy ed è più completo della prima versione, ma c’è bisogno di maggiori incentivi. Per esempio indicatori chiari, incentivi fiscali e strumenti di finanziamento per gli investimenti accelererebbero la transizione verso l’economia circolare. L’obiettivo comune del pacchetto sull’economia circolare è ovvio e benvenuto se si intende migliorare la competitività dell’Europa attraverso l’efficienza delle risorse. In più sono necessari in tempi rapidi incentivi e obblighi per dare impulso all’innovazione delle aziende, al comportamento dei consumatori e agli appalti pubblici”. Inoltre Herlevi mette in guardia sul fatto che “l’economia circolare e la sua importanza nella prevenzione dei cambiamenti climatici hanno attirato troppo poca attenzione. Questo denota la mancanza di volontà di comunicazione da parte della politica, anche se è evidente che non è possibile prevenire i cambiamenti climatici senza un utilizzo accorto delle risorse naturali. La bioeconomia (per esempio i bioprodotti quali le nuove forme di biocarburanti rinnovabili o le sostanze chimiche bio) e la digitalizzazione sono una parte rilevante dell’economia circolare. È molto importante passare alla sperimentazione e alle azioni concrete”.
Sitra, www.sitra.fi/en
EuropaBio, l’associazione europea delle bioindustrie, ha ben accolto l’attenzione rivolta dalla Commissione agli appalti pubblici, alle campagne di comunicazione e consapevolezza e agli incentivi per l’utilizzo di prodotti e processi rinnovabili e sempre più efficienti dal punto di vista delle risorse. Ma il Segretario generale Nathalie Moll ha anche sottolineato gli ostacoli che le industrie biobased si trovano ad affrontare nella creazione di un’economia circolare: “Stiamo cercando di emergere in un mercato in cui nel 2015 l’industria dei combustibili fossili ha ricevuto sussidi per una cifra stimata intorno ai 5,3 trilioni di dollari, che secondo il Fondo monetario internazionale corrispondono al 6,5% del Pil (riferiti ai Post-tax energy subsidies: Fmi Working Paper “How Large Are Global Energy Subsidies?”). A rendere la situazione ancora più sbilanciata, i prodotti da combustibili fossili sono raramente (se mai lo sono) costretti a dimostrare la propria sostenibilità, a differenza delle alternative rinnovabili biobased prodotte nell’Unione europea. Una strategia europea per l’economia circolare ha senso solo nel contesto di una seria presa di coscienza di questa situazione, e del bisogno di creare un sistema di supporto a lungo termine e misure che permettano ai suoi protagonisti migliori di emergere”.
EuropaBio, www.europabio.org
Anche la European Bioplastics (Eubp), l’associazione europea che rappresenta l’industria delle bioplastiche lungo tutta la sua catena di valore, ha accolto positivamente la proposta della Commissione Ue che ha saputo riconoscere come “i materiali biobased presentano vantaggi in quanto rinnovabili, biodegradabili e compostabili. Il nucleo della proposta è stato ampliato se paragonato a quelle precedenti”, ha dichiarato Hasso von Pogrell, Amministratore delegato della Eubp. “Comunque il legame tra la bioeconomia e l’economia circolare deve essere ulteriormente approfondito. Devono essere identificati compiti concreti che possano guidare lo sviluppo di un’autentica economia circolare, un’economia circolare biobased”.
European Bioplastics, en.european-bioplastics.org/
In una prima reazione al testo della proposta della Commissione Martin Reynolds, Presidente dell’Europen, l’organizzazione europea per gli imballaggi e l’ambiente, ha affermato che “i membri di Europen sono impegnati nel continuo miglioramento delle performance ambientali dei prodotti confezionati in termini di sostenibilità. Potersi avvantaggiare del mercato interno dell’Unione europea è stato cruciale nello sbloccare gli investimenti nella filiera degli imballaggi e indirizzarli verso innovazioni efficienti dal punto di vista delle risorse. Perciò sosteniamo fortemente il perseguimento della salvaguardia del mercato interno, che resta di vitale importanza affinché la nostra industria possa raggiungere un’economia circolare competitiva ed efficiente dal punto di vista delle risorse”. Virginia Janssens, Direttore generale di Europen, ha aggiunto: “Accogliamo con soddisfazione l’intenzione della proposta di migliorare la trasparenza e la messa in atto dei programmi già esistenti di responsabilità estesa del produttore (Epr), oltre al principio di responsabilità dei diversi attori nell’applicazione della Epr. In linea con questa responsabilità estesa, valuteremo adesso le implicazione di alcuni dei testi proposti, in particolare quelli legati ai contributi finanziari dei produttori a questi schemi Epr”.
Europen, www.europen-packaging.eu
Dando voce al bisogno di misure relative alla domanda di mercato nell’economia circolare, il Presidente David Palmer Jones della Federazione europea per la gestione dei rifiuti e per i servizi ambientali, la Fead, ha dichiarato che “se l’Europa crede veramente nei vantaggi economici, sociali e ambientali di un’economia circolare deve riconoscere che le forze del mercato e le misure rivolte all’offerta da sole non saranno sufficienti”. Ha poi aggiunto che “l’economia europea può essere realmente circolare solo se sono disponibili mercati forti per le materie prime secondarie prodotte dai settori del riciclaggio e del ritrattamento. I mercati attuali sono instabili e disincentivano la produzione secondaria di materie prime e il loro assorbimento da parte dell’industria europea. Se i materiali secondari sono in diretta competizione con materiali vergini a basso costo, non potremmo garantire un’economia più circolare in Europa, anche quando nell’insieme la domanda di materie prime è forte, a meno che il costo ambientale legato all’uso di materie prime primarie si rifletta meglio nel loro prezzo”.
Fead, www.fead.be
Al momento a Bruxelles gli stakeholder stanno studiando attentamente i dettagli dei testi e formulando le loro liste di emendamenti, mentre il pacchetto passa al Consiglio europeo e al Parlamento. L’opinione più diffusa però, è che difficilmente verrà raggiunto un accordo politico in tempi rapidi, dato che probabilmente il Parlamento europeo cercherà di porre obiettivi più stringenti per i rifiuti, mentre alcuni Stati membri ritengono che gli obiettivi attuali siano già troppo ambiziosi. Nel frattempo si intensifica il dibattito fra coloro che pensano che il futuro è nelle mani di misure di “traino” del mercato che creino domanda per le materie prime secondarie, e coloro che invece vorrebbero che l’attenzione fosse posta alle misure di “spinta”, incentivando piuttosto la raccolta.
L’Olanda si sta attrezzando per fare dell’economia circolare uno dei fulcri della propria presidenza del Consiglio dell’Unione europea nella prima metà del 2016, e cercherà di presentare le conclusioni sul pacchetto del proprio Consiglio prima di passare la leadership alla Slovacchia nella seconda metà del 2016.
In generale era prevedibile che vi sarebbero state reazioni diverse, dato che la transizione verso un futuro circolare comporterà sconvolgimenti e trasformazioni, creando vincitori e vinti. Da lungo tempo Bruxelles è un campo di battaglia per le lotte fra i sostenitori dell’ambiente e dell’industria, ma nel nostro futuro circolare chi avrà successo dovrà necessariamente trovare un perfetto equilibrio fra i due.