Armando Testa, L’elefante Pirelli, 1954 ©Pirelli |
Per cercare di capire cosa sta accadendo bisogna fare un passo indietro. E ricordare con l’aiuto di Corbetta che Bruxelles sta spingendo con forza per lo sviluppo dell’economia circolare che propone un modello economico diverso dal passato, un modello in cui le materie prime non sono più estratte, utilizzate una sola volta e gettate via. Nel nuovo paradigma i rifiuti spariscono e il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio diventano la norma. Certo, la nuova Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker ha rinviato l’esame di tutta la partita all’estate di quest’anno fermando la proposta della nuova direttiva rifiuti (che contiene il tema dell’economia circolare) voluta da José Manuel Barroso. E questo ha creato un certo allarme, anche se Juncker ha annunciato che alla fine dell’anno sarà presentata una direttiva più ambiziosa di quella precedentemente allo studio: le anticipazioni sul nuovo testo promettono obiettivi sfidanti lasciando intendere che potrebbe esserci un target di riciclo del 50% dei Pfu a partire dal 2020. Che riflessi può avere questa vicenda nel settore degli pneumatici?Ne ha fatta di strada in meno di tre anni Ecopneus, la società consortile senza scopo di lucro costituita da produttori e importatori di pneumatici allo scopo di garantire la raccolta, il recupero e il tracciamento degli pneumatici fuori uso (Pfu). Entrata in attività nel settembre del 2011, già nel 2013 – l’ultimo esercizio di cui sono disponibili i dati ufficiali – Ecopneus ha recuperato 247.000 tonnellate di Pfu, pari a circa il 70% del mercato nazionale degli pneumatici fuori uso immessi. “Eppure si potrebbe fare meglio”, sostiene Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus, “per esempio sarebbe auspicabile la crescita percentuale di Pfu destinati al recupero di materia rispetto a quelli indirizzati al recupero energetico. A chiedercelo con insistenza è l’Unione europea, convinta com’è che prolungare l’uso produttivo dei materiali, riutilizzandoli, serva a rafforzare la competitività dell’Ue sulla scena mondiale. Purtroppo in Italia ci sono una serie di ostacoli burocratici, normativi e culturali che rallentano la crescita del mercato della gomma recuperata”.
Intanto va precisato che i vantaggi ambientali già ottenuti grazie all’impegno di Ecopneus sono sensibili. Lo conferma il Rapporto di Sostenibilità 2013 della stessa società consortile che evidenzia come il recupero complessivo abbia evitato, grazie all’utilizzo di gomma riciclata invece che di gomma vergine, l’immissione nell’atmosfera di 347 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. Ma non basta. Perché, come ricorda sempre il Rapporto, l’impegno di Ecopneus ha consentito di risparmiare energia per 3,2 miliardi di kWh, senza dimenticare gli 1,3 milioni di metri cubi d’acqua economizzati riducendo il ricorso al ciclo produttivo della gomma vergine.
Tutto bene, dunque? Sì, ma fino a un certo punto. Spiega Corbetta: “Basta esaminare attentamente la composizione delle 247.000 tonnellate di Pfu recuperate nel 2013 per scoprire che, di queste, 152.000 sono andate al recupero energetico nei cementifici e solo 62.000 al mercato del riciclo. Ecopneus non si oppone all’utilizzo da parte dei cementifici delle cosiddette ‘ciabatte’, le pezzature grandi da frantumazione di pneumatici: il combustibile ottenuto dai Pfu ha un valore energetico superiore a quello del pet coke o di un carbone di ottima qualità. Senza contare che le emissioni di CO2 sono inferiori a quelle delle fonti fossili perché una quota rilevante dei Pfu proviene da fonti rinnovabili come la gomma naturale e una parte del rinforzo tessile deriva dalla cellulosa. Ma oggi l’Ue ci chiede qualcosa di diverso. E spinge per preferire il riciclo rispetto all’utilizzo come fonte energetica. Si tratta di un obiettivo condiviso anche da Ecopneus che opera con convinzione a favore dell’uso della gomma riciclata nei settori più diversi: dai manti stradali ‘silenziosi’ ai campi di calcio artificiali, dalle pavimentazioni sportive alle aree da gioco per bambini”.
Insomma, la partita da giocare sarà dura. Se nel 2014 possiamo stimare che poco meno di un terzo dei Pfu raccolti sia andato al recupero di materia e due terzi al recupero energetico, entro il 2020 queste percentuali andranno ribaltate. È dunque in questa cornice che vanno valutati gli “ostacoli burocratici” evidenziati da Corbetta. Una caratteristica del nostro paese, infatti, è la discrasia fra le enunciazioni di principio e la loro applicazione. Tutti d’accordo – politici, sindacalisti, alti burocrati ministeriali – con Janez Potočnik, l’ex commissario Ue per l’Ambiente quando proponeva “obiettivi di riciclaggio più ambiziosi per passare a un’economia circolare con più occupazione e crescita sostenibile”. Oppure quando dichiarava che “se vogliamo essere competitivi dobbiamo trarre il massimo dalle nostre risorse, reimmettendole nel ciclo produttivo invece di collocarle in discarica come rifiuti”. Passare dalle parole ai fatti, però, richiede tempo, anche quando di tempo disponibile ce n’è poco.
All’interno di questo scenario l’esempio offerto dal riciclo dei Pfu appare significativo. Il direttore generale di Ecopneus indica tre interventi da parte della pubblica amministrazione che potrebbero favorire il riutilizzo dei materiali derivati dal trattamento degli pneumatici fuori uso innescando un percorso virtuoso a vantaggio della comunità. E per cominciare cita l’istituzione di una corsia privilegiata da riservare ai materiali riciclati all’interno degli appalti della pubblica amministrazione. “Una scelta”, osserva Corbetta, “che avrebbe almeno tre ricadute positive. Le prime due sono quelle ecologiche e ambientali che si tradurrebbero nella riduzione delle emissioni di CO2 legata al mancato utilizzo di gomma vergine e al consolidamento della filiera di corretto trattamento dei rifiuti. La terza è economica: diminuirebbe l’import di materia prima con un vantaggio sensibile per la bilancia commerciale del nostro paese e si ridurrebbe la spesa energetica. Senza contare che l’Europa ci chiede giustamente di mantenere al suo interno le materie prime seconde considerate strategiche per lo sviluppo dell’Ue”.
Non c’è dubbio che la creazione di un robusto mercato interno della gomma riciclata avrebbe un impatto positivo anche per quanto riguarda l’occupazione schiudendo alle imprese nuove occasioni di mercato. “Inoltre una domanda più vivace”, sostiene il direttore generale di Ecopneus, “darebbe valore al riutilizzo dei granuli e del polverino da Pfu che oggi hanno un prezzo troppo basso che rischia di svilire il prodotto rendendo il business meno profittevole e attraente”. In questa cornice ogni intralcio allo sviluppo potrebbe essere negativo. Ecco perché il fatto che a livello ministeriale la gomma riciclata non sia ancora stata definita ufficialmente “materia prima seconda” o anche semplicemente “gomma” costituisce un problema. Una vicenda che al ministero dell’Ambiente è ben conosciuta: verrà affrontata con un provvedimento che verosimilmente comprenderà anche altri materiali.
Apparentemente la questione dell’inquadramento normativo potrebbe apparire secondaria. E invece no. Se la gomma riciclata non è esplicitamente una “materia prima seconda” rimane ufficialmente un rifiuto. “Si tratta di una questione importante”, afferma Corbetta, “che di fatto blocca lo sviluppo del mercato generando timori e incertezze. Pensiamo a un amministratore pubblico che voglia realizzare una strada utilizzando un asfalto con polverino di gomma: una soluzione che assicura un significativo abbattimento del rumore, una maggiore durata e ottime prestazioni per la sicurezza in caso di frenata improvvisa e migliore visibilità in caso di pioggia, con un forte abbattimento dei costi di manutenzione. Ebbene, quell’amministratore se la sentirà di approvare un’operazione del genere? Oppure per il timore che domani la sua decisione possa essere contestata da una qualche autorità a causa dell’impiego di materiale derivante da rifiuto preferirà utilizzare altri materiali più tradizionali e meno efficienti? Certo, la probabilità di un intervento di questo tipo è molto bassa, quasi inesistente. Tuttavia si tratta di una remora potente in grado di bloccare il mercato. Perché non dare una chance in più al nostro settore?”.
Info