È la prima tecnologia in grado di riciclare al 100% i materiali che compongono i pannolini e i prodotti assorbenti. Un impianto costruito ex-novo a Lovadina di Spresiano (Treviso), che trasforma rifiuti altrimenti destinati alla discarica in nuove materie prime seconde: plastica, cellulosa e un polimero super assorbente, pronte per rientrare nel ciclo produttivo.
Il sistema è stato sviluppato da Fater Spa, azienda italiana nata da una joint venture fra Procter & Gamble e il Gruppo Angelini, e realizzato all’interno del sito produttivo di Contarina Spa, società che si occupa della raccolta dei rifiuti nei 50 Comuni facenti parte del Bacino Priula, nella provincia di Treviso. “Grazie alla partnership instaurata con Fater abbiamo preso parte alla sperimentazione di quello che è il primo impianto a livello mondiale per il riciclo dei prodotti assorbenti usati”, ha dichiarato Franco Zanata, presidente di Contarina Spa. “Da questa collaborazione è nata una tecnologia nuova, che rappresenta un fondamentale passo in avanti nella sfida che ci siamo posti di riciclare il non–riciclabile, trasformando ciò che era rifiuto in risorsa”.
L’impianto oggi operativo è frutto di quasi 10 anni di ricerca e sviluppo, a partire dalla prima sperimentazione iniziata nel 2008. La tecnologia si basa sull’impiego del vapore e della pressione per sterilizzare e separare meccanicamente i componenti del pannolino, secondo diversi passaggi. Dal prototipo iniziale, nel 2015 Fater ha sviluppato un primo impianto pilota per comprendere la fattibilità su scala industriale del progetto, fino ad arrivare a oggi, con l’impianto di Lovadina che a pieno regime potrà trattare 10.000 tonnellate di pannolini e prodotti assorbenti l’anno (durante la fase di test il macchinario ha lavorato circa 1.500 kg di rifiuti l’anno). Secondo le stime fornite da Fater, da una tonnellata di rifiuto differenziato si possono ricavare 300 chilogrammi di materiale secco che, una volta trattato, viene trasformato in 150 kg di cellulosa, 75 kg di plastica e 75 kg di polimero super assorbente. A loro volta questi materiali possono trovare nuovi sbocchi applicativi: con la cellulosa vengono realizzati prodotti assorbenti per animali domestici, carta riciclata e, in un prossimo futuro, imballaggi. La plastica può invece essere utilizzata nei vari cicli di lavorazione, con un plus: i colori pastello tipici dei pannolini; per quanto riguarda il polimero, può essere reintrodotto per la realizzare nuovi prodotti assorbenti. In termini ambientali l’impianto eviterà il conferimento in discarica di 13.000 metri cubi di rifiuti, riducendo l’emissione di 3.000 tonnellate di CO2 l’anno.
Contarina Spa, un’eccellenza europea
È una società a partecipazione interamente pubblica, attiva dal 1989, che svolge il servizio di raccolta rifiuti in 50 Comuni della provincia di Treviso, appartenenti al Consiglio di Bacino Priula: serve circa 554.000 abitanti su un territorio di 1.300 chilometri quadrati. La società ha raggiunto oltre l’85% di raccolta differenziata con una tariffa che si attesta ben al di sotto della media nazionale, e l’obiettivo è di raggiungere il 96,7% entro il 2022. Grazie ai 60 milioni di euro investiti in attività di sensibilizzazione, formazione e in progetti di ricerca e sviluppo Contarina Spa ha potenziato le proprie strutture, gli impianti industriali di compostaggio e di selezione del rifiuto riciclabile. Sta inoltre convertendo il proprio parco mezzi verso sistemi di trazione a basso impatto e con motorizzazioni a gas, ibride ed elettriche.
Vapore e pressione
La raccolta dei pannolini usati funziona all’interno del già collaudato “porta a porta” gestito da Contarina Spa. Possono fare richiesta per un contenitore dedicato sia le utenze domestiche sia strutture come ospedali, asili nido, scuole materne e case per anziani. Si tratta di un bacino composto da 220.000 utenze, pari a oltre 500.000 persone. Il rifiuto così raccolto arriva all’impianto gestito da Contarina Spa che lo avvia a recupero. Qui la fase principale è rappresentata dalla sanificazione del rifiuto, tramite vapore e movimento meccanico all’interno di un autoclave. Si tratta del cuore del processo, una fase che dura all’incirca 45 minuti, durante la quale viene eliminata la componente organica dai pannolini. Successivamente, durante altri tre distinti passaggi, le materie prime seconde vengono ulteriormente differenziate: grazie alla lettura all’infrarosso i polimeri sono separati dalla cellulosa, e successivamente divisi in plastica e polimeri assorbenti. Il tutto avviene senza processi chimici o combustione di sorta. Secondo i dati forniti nell’ambito del progetto europeo RECALL ogni anno sarebbero più di 900.000 le tonnellate di pannolini e prodotti assorbenti conferiti in discarica o inceneriti in Italia, 8,5 milioni in Europa e fino a 30 milioni di tonnellate nel mondo. Milioni di tonnellate di materie prime seconde che in un prossimo futuro si spera possano essere recuperate, in un’ottica di economia circolare.
Info
Intervista a Marcello Somma, Direttore associato Fater AHP-Recycling BU
di R. B.
La chiave è l’interazione
Un impianto del genere ha senso nel caso di una raccolta differenziata spinta? Può questa tecnologia fare da volano per migliorare ulteriormente le percentuali di raccolta?
“Assolutamente sì. Più sono spinte le raccolte differenziate, maggiore rilevanza assume l’impianto di riciclo dei pannolini. Laddove si raggiungono percentuali di raccolta differenziata superiori al 70-80%, i prodotti assorbenti per la persona (pannolini e pannoloni – PAP in breve) costituiscono fino al 20-25% del rifiuto residuo indifferenziato che viene avviato a smaltimento finale. In questi contesti, proprio per incentivare la raccolta differenziata spinta, le frequenze di raccolta del rifiuto residuo vengono ridotte a non più di 1 volta a settimana ed esistono già molte esperienze con frequenze di raccolta inferiori, fino a 1 sola volta al mese. Molti comuni (oltre 700 in Italia, per una popolazione complessiva di 11 milioni di abitanti), anche senza avere poi la possibilità di avviare a riciclo i rifiuti raccolti, stanno già introducendo servizi di raccolta differenziata dedicati a questa tipologia di rifiuto per offrire un servizio ai cittadini che avrebbero difficoltà a tenere in casa per lunghi periodi questa tipologia di rifiuto. L’introduzione di un impianto di riciclo di pannolini in questi contesti consente, non solo di incrementare ulteriormente le percentuali di raccolta differenziata, ma soprattutto di aumentare i tassi di riciclo e la valorizzazione dei preziosi materiali contenuti nei PAP post-consumo.”
Con un progetto di questo tipo è possibile andare incontro ai cittadini e ridurre le tariffe?
“Grazie al recupero di materie prime seconde di elevata qualità, l’avvio a riciclo dei PAP post consumo può portare a una riduzione del costo di trattamento fino al 35% rispetto al costo di smaltimento in discarica o inceneritore del rifiuto residuo. Questo si traduce in un risparmio per i Comuni sul costo complessivo di gestione dei rifiuti urbani e conseguentemente una potenziale riduzione delle tariffe rifiuti per i cittadini. La raccolta differenziata specifica sui PAP sottrae inoltre volume e peso al totale della frazione residua delle singole famiglie sulla quale i cittadini versano la TARI nei comuni con sistemi di tariffazione puntuale.”
In un’ottica di economia circolare i materiali recuperati trovano effettivamente impiego, ovvero c’è già un mercato? Sono economicamente sostenibili?
“Sì certamente. Si consideri che da una tonnellata di pannolini usati riciclati si ottengono quasi 75 kg di plastica, più di 150 kg di materia organico-cellulosica e 75 kg di polimero superassorbente. Dei tre materiali recuperati dal processo di riciclo, due (cellulosa e plastica) confluiscono in mercati già esistenti e possono già essere utilizzati in numerose applicazioni, per le quali abbiamo già vari clienti. Per quanto riguarda il polimero super assorbente, anche se al momento non esiste un mercato post-consumo, abbiamo individuato alcune potenziali applicazioni industriali che al momento usano polimero vergine. In ogni caso, le nostre materie prime seconde sono in genere di più elevata qualità rispetto agli omologhi materiali riciclati. Il che ne giustifica una valorizzazione nella realizzazione di prodotti a più alto valore aggiunto e rinforza la sostenibilità economica del progetto nel suo complesso.”
Quali sono gli sviluppi di questa tecnologia?
“La tecnologia di riciclo dei PAP ha già raggiunto il livello di applicazione a scala industriale e le nostre attività di ricerca sono ora focalizzate sull’individuazione di applicazioni ad alto valore aggiunto per le materie prime seconde che si ottengono dal processo di riciclo. Un focus particolare lo stiamo dedicando alla valorizzazione della frazione organico-cellulosica, attraverso la messa a punto di processi di bioraffinazione per la sua trasformazione in biopolimeri e prodotti fertilizzanti. In quest’ambito abbiamo ottenuto un riconoscimento dalla Commissione europea e da BBI (Bio-Based Industries public-private partnership), che hanno finanziato un importante progetto di innovazione, l’EMBRACED (H2020-BBI-JTI-2016 – Grant Agreement n. 745746), di cui siamo capofila e che prevede lo sviluppo di questa attività di ricerca con la realizzazione di un primo impianto dimostrativo di bioraffineria ad Amsterdam.”