Il panorama è tanto vasto da aver dato vita persino a tre riviste scientifiche dedicate all’Antropocene (vedi i risultati dei grandi programmi di ricerca sul Global Change coordinati nell’ambito del programma Future Earth, www.futureearth.org).

Più di tre quarti della biosfera terrestre sono stati già profondamente trasformati in biomi antropogenici. Questo – afferma Erle C. Ellis, ecologo dell’Università del Maryland nel saggio “Ecology in an Anthropogenic Biosphere” pubblicato sulla rivista scientifica Ecological Monographs – è avvenuto a causa di molteplici fattori. Tra cui, per esempio, la crescita della popolazione e le profonde modifiche dell’utilizzo dei suoli e della geomorfologia degli ambienti originali. 

I dati sui flussi di materia e di energia trasferiti dai sistemi naturali ai sistemi sociali, e quindi ai metabolismi industriali delle nostre società, sono ormai ben conosciuti (vedi www.materialflows.net) e incidono profondamente sul mantenimento del capitale naturale del sistema Terra. Intendendo per capitale naturale – come indicato dalla più recente letteratura scientifica – le componenti viventi e non viventi degli ecosistemi che contribuiscono a generare beni e servizi utilizzabili da parte dell’umanità.

In questi ambiti di ricerca e applicazione, sta suscitando un’attenzione particolare un indicatore molto importante e utile per comprendere le modifiche che l’uomo causa alle dinamiche evolutive dei sistemi naturali e dei flussi di materia ed energia che in essi circolano. Si tratta dell’appropriazione umana della produttività primaria netta (Human Appropriation of Net Primary Productivity, Hanpp) sulla quale hanno indagato per primi i grandi ecologi della Stanford University, come Peter Vitousek, Paul Ehrlich e Pamela Matson, con un lavoro pubblicato nel 1986 su Bioscience “Human appropriation of the products of the photosynthesis”. 

La produttività primaria netta (Npp, Net Primary Production) rende conto dell’ammontare netto dell’energia solare che viene trasformata dalle piante attraverso i processi di fotosintesi in materia organica e messo quindi a disposizione degli altri livelli delle catene alimentari in tutta la biosfera. Una parte significativa dell’Npp viene poi utilizzata dalla nostra specie, attraverso la conversione dei suoli e la produzione di biomassa (Hanpp). È questo dunque un indicatore molto significativo della scala delle attività umane ed è strettamente collegato al metabolismo socioeconomico misurato da altri indicatori come i flussi di materia.

Lo studioso Steven Running dell’Università del Montana, in un lavoro apparso su Science ha proposto che l’Hanpp venga considerato come un nuovo confine planetario nel dibattito e nelle azioni politiche internazionali per la sostenibilità. Da aggiungere ai planetary boundaries già indicati da diversi autorevoli scienziati nelle due pubblicazioni su Nature nel 2009 e su ScienceExpress nel 2015 e di cui si è già parlato sul numero 2 di Materia Rinnovabile nell’intervista a Johan Rockström, direttore dello Stockholm Resilience Centre. 

I dati più recenti documentano che l’appropriazione umana della Npp è passata dal 13% del 1910 al 23% del 2005. E nel 2050 potrebbe arrivare a una percentuale compresa tra il 29 e il 44%.

Oltre a sottrarre fondamentale materia organica al resto della vita sulla Terra, l’appropriazione umana della produttività primaria netta altera la composizione dell’atmosfera, la ricchezza della biodiversità, i flussi di energia attraverso le catene alimentari nonché l’approvvigionamento di importanti servizi degli ecosistemi. Ed è per questo che costituisce un indicatore prezioso per verificare il mantenimento del capitale naturale.

 

 

Running S.W., “A Measurable Planetary Boundary for the Biosphere”, Science, v. 337, 2012; doi: 10.1126/science.1227620

Krausmann F. et al., “Global human appropriation of net primary production doubled in the 20th century”, Proceedings of the National Academy of Sciences, v. 110, n. 25, 2013; doi: 10.1073/pnas.1211349110 

Haberl H. et al., “Human appropriation of net primary production: patterns, trends and planetary boundaries”, Annual Review of Environment and Resources, v. 39, 2014; doi: 10.1146/annurev-environ-121912-094620