Poche settimane fa sono tornata in Francia dopo diversi anni. E ho scelto due tappe: l’immancabile Parigi (dove fa sempre piacere tornare) e Bordeaux (dove non ero ancora stata) e di cui vorrei raccontarvi alcune impressioni non casuali e connesse alla gestione ecosostenibile delle risorse.

Dai centri del riuso agli atelier di reimpiego dei materiali

Già parecchi anni fa a Parigi visitai la recyclerie nel XVIII arrondissement, semplice da raggiungere e prossima al loro quartiere vintage, aperto tutto l’anno. E già allora, quando in Italia i centri del riuso erano ancora favole da raccontare per calmare gli animi, mi sembrò un’operazione invidiabile. Un mega centro dove regnava (e regna) l’allegria tra chi mangia e beve, chi ripara, chi vende oggetti second hand e arredi vintage o rigenerati.
Ma in questa estate 2022 le mie scoperte a riguardo sono aumentate.
Grazie alle segnalazioni delle amiche di SpazioMeta, sono andata a visitare L’Atelier des Art. È un sito che si colloca a Pantin, appena fuori Parigi, perfettamente raggiungibile con RER o Metro, che impiega 35 persone e intercetta, presso privati o anche pubbliche amministrazioni, materiali diversissimi che lì vengono organizzati, esposti e venduti a peso. Stiamo parlando di allestimenti, imballaggi, pelli e tessuti, abiti, mattonelle, mattoni di argilla, articoli da cancelleria/ufficio, parquet, moquette, assi di legno, scaffalature, componentistica metallica. Ed è incredibile vedere come tra corridoi ordinati, tutti questi materiali sono esposti con prezzi al kg. Non stiamo parlando di un centro del riuso. L’Atelier des Art va ben oltre il riuso perché non si limita a vendere oggetti usati. Il lavoro che sottende quest’esposizione commerciale prevede uno smontaggio, ripulitura e distribuzione tassonomica del materiale esistente per renderne possibile davvero il reimpiego. È un lavoro da designer e creativi che nasce dalla volontà e intraprendenza di due donne, Jeanne Granger e Sylvie Betard, che vengono da quel mondo e tra il 2008 e 2009 iniziano a dare forma a un duplice obiettivo: ridurre i rifiuti; costruire, per chi fa un lavoro creativo, delle possibilità di accesso a materiali che altrimenti finirebbero in discarica o riciclo. Nel 2021 ne hanno intercettato 722 tonnellate e il 90% ha trovato nuovo impiego. È inutile aggiungere che qui si svolgono anche atelier formativi.

CiteFertile Ivoi

La Cité Fertile

Un ettaro per la sostenibilità urbana

Nell’area confinante all’Atelier des Art, c’è poi da quattro anni la Cité Fertile.
Mi appare con la sua grafica confortante e familiare in un giorno di fine luglio, parecchio caldo per quella latitudine, e così decido di esplorare questo ettaro di allegria.
Ebbene sì!! La parola allegria dipinge bene questo affresco di
upcycling che occupa una ex stazione merci non più in uso. Tutto qui nasce dal reimpiego di qualcosa: le traverse dei treni sono panche e tavoli, ma anche vasche per intercettare acqua pluviale reimpiegata per innaffiare, ci sono spazi nelle vecchie scuderie dove si vendono oggetti che nascono dal riuso, si coltivano piante, si fa autocompostaggio, si mangia cibo solo bio e vegetariano, si riparano le bici, il ristorante sembra un immenso vagone ferroviario arredato con tavoli e sedie di carrozze del treno. E i vari spazi vengono anche affittati per eventi o altro.
Il loro slogan è: La cité fertile, 1 hectar dédié à la ville durable. (La città fertile, un ettaro dedicato alla sostenibilità urbana). Un motto che è tutt’un programma e vi invitiamo a leggere il loro programma di attività perché è davvero sorprendente. La società Sinny&ooko la gestisce ma con (anche) sponsorizzazioni private.
E qui finalmente vedo, nell’area ristoro, i loro bicchieri in plastica semitrasparente riutilizzabili. Li usano solo quando c’è molta folla, diversamente si beve nel vetro. Il cliente paga una cauzione all’atto di acquisto della bevanda e poi c’è una macchinetta che li inghiotte e restituisce la cauzione a fine serata.
Bicchieri riutilizzabili di simil fattura, ma senza cauzione perché free, sono anche disponibili nel nuovo museo La bourse di Henry Pinualt all’ultimo piano, per chi cerca solo un bicchier d’acqua e non vuole andare nell’esclusivo e lussuosissimo cafè-ristorante di Tadao Ando in terrazza.

Bordeaux e il Darwin Ecosistéme

Esco da questo tour pensando: quanto sono avanti i parigini!
E invece questa febbre green è anche fuori dall’ Île de France perché mi ritrovo dopo pochi giorni a Bordeaux a visitare Darwin Ecosystéme che mi lascia senza parole.
Perché in questo spazio appena appena periferico, ma a due passi dalla Garonne si produce e vende pane, si produce e somministra cibo, si vendono verdure, si fa la birra, c’è un coworking, c’è una libreria che vende esclusivamente editoria dedicata ai nostri temi, ci sono due spazi commerciali dove si vendono prodotti fashion molto attenti al green (e così scopro questo brand di sneaker francesi, Veja), piste per skater, spazio concerti, un Bric à Brac Emmaüs di 800 m² dove tutto è di seconda mano.
Darwin Ecosistéme è uno dei luoghi più visitati della città e non nasce per caso, visto che questo sito era una caserma ristrutturata. Ma impiega 600 persone (lo dicono loro) ed è sostenuto dalla Regione, da Ademe e da fondi europei (Qui un po’ di info in italiano). Anche qui i bicchieri usa e getta, in materbi o carta, non esistono; tutto è SOLO riutilizzabile.
A questo punto del tour mi chiedo se si tratti solo di episodi che ho incrociato per caso oppure esiste davvero una voglia di partecipare e sentirsi parte attiva di una rete non solo di giovani ma di tanti capaci di riconoscersi in queste forme di convivialità e operatività. Che, attenzione, non sono digitali. Qui le esperienze che si conducono e si condividono sono fisiche, tangibili, terrestri e coraggiose. Quasi fin troppo, talvolta trascurando dettagli estetici che in Italia suonerebbero come bestemmie.
E comunque questo tema ce lo ha ricordato anche un articolo del 24 luglio sul Sole24ore di Giampaolo Colletti “Reti informali, così rinasce la cittadinanza” citando proprio la Francia.

Torno allora in Italia con un sogno in più da coltivare: che queste iniziative diventino sempre più vere e numerose anche da noi, con il sostegno di pubbliche amministrazioni e privati.
E infine, detto fra noi, nel fare la raccolta differenziata siamo moooolto più bravi di loro: trovare cassonetti della differenziata lì è un’operazione da Sherlock Holmes e nelle case in cui ho soggiornato non ho mai trovato più di una poubelle dove gettare i miei rifiuti.
Altro che porta a porta.

Foto di Irene Ivoi (in apertura: Darwin Ecosistéme)