Per rendere sostenibile il presente in cui viviamo è indispensabile “rinnovare” innanzitutto i comportamenti quotidiani di noi tutti esseri umani. Nessuna transizione ecologica o decisione di governo – pur ben concepita – potrà davvero dirsi efficace se non sarà in grado di guadagnarsi l’adesione di tutti o almeno dei più. Un’adesione che, oltre a essere convinta dovrà diventare il “modo abituale” con il quale ognuno di noi agisce, si muove nel mondo e, in ultima istanza, vive.
Come è possibile accompagnare efficacemente questo cambiamento? Tre diverse strade sono possibili.
La via del nudge, o delle “spinte gentili”
La prima strada è quella degli obblighi e dei divieti (politiche di command&control), con un’imposizione dall’alto a cui segue l’inevitabile corollario di sanzioni in caso di mancato rispetto. Tutti sanno come funziona: “ubbidisco perché ho il timore della punizione che mi aspetta” (per esempio, una ammenda in denaro). Utile in molti casi, ma forse non in questo. Infatti, al di là del fatto che servirebbero moltissime energie e risorse per i controlli, il rischio è quello di trasformare quello che dovrebbe essere un percorso partecipato in una corsa ad ostacoli, una limitazione della libertà alla quale gli individui cercano di sfuggire.
Una seconda direzione fa leva su una serie di azioni che potremmo definire “culturali”. Percorsi di sensibilizzazione, di istruzione e di formazione, soprattutto nei confronti dei più giovani, che risultano decisivi nella costruzione di una coscienza del problema. Il punto debole, in questo caso, sta nel fattore tempo: infatti, l’effetto positivo di questa azione di “acculturamento” produce benefici sì duraturi, ma solo a distanza di diversi anni.
Esiste una terza via, che prevede di progettare politiche che orientino, sin da subito, l’agire dei cittadini in favore della sostenibilità. Iniziative mirate, di dimensioni anche piccole e limitate nel tempo ma da applicabili in tante situazioni, il cui obiettivo è incanalare le scelte verso una certa opzione, ritenuta preferibile.
Nel linguaggio dell’economia comportamentale queste azioni si definiscono nudge o “spinte gentili” che, per l’appunto, vengono date agli individui per guidarli – senza forzature o imposizioni. Ciò che avviene quando si crea un contesto favorevole alla scelta preferita, senza che sia negata la possibilità di scegliere diversamente.
L’esempio classico è quando ci si trova di fronte alla decisione se “stampare” o “non stampare” lo scontrino dopo un prelievo bancomat. Il messaggio che compare sullo schermo da un lato ci segnala l’opzione preferibile, per il benessere del Pianeta, fa leva sul nostro senso di responsabilità e ci incoraggia a “non stampare”, dall’altro la collocazione del tasto di stampa in un luogo distante dello schermo – scomodo per la maggior parte dei destrimani – ci induce a pigiare il pulsante più facilmente raggiungibile, che recita appunto “NON DESIDERO STAMPARE/OPERAZIONE CONCLUSA”. Il risultato? Più di uno. Innanzitutto, un vantaggio ambientale (minimo, se considerato come singolo gesto, ma grande se moltiplicato per tutti gli utenti dei servizi bancomat); poi, un beneficio economico e organizzativo per chi lo propone (la banca in questione spenderà meno risorse e tempo per comprare e sostituire i rotoli di carta esauriti) e infine, un avanzamento culturale (il cittadino è posto di fronte alla scelta se tutelare l’ambiente con un piccolo gesto non costoso).
Le azioni della quotidianità rappresentano uno dei campi di elezione del nudging. Così a partire dal nostro rapporto con il servizio idrico o con quello di gestione dei rifiuti, questi piccoli comportamenti sostenibili, armonici e coerenti, possono essere un tassello importante nel chiudere il cerchio dell’economia circolare.
Dall’acqua ai rifiuti. Alcuni esempi di nudging (di successo)
La volontà di tutelare l’ambiente dal basso, e cioè partendo dai singoli individui, sta alla base della progettazione di alcune “spinte gentili” pensate per promuovere una maggiore consapevolezza sul consumo di acqua.
In questa direzione va la realizzazione delle cosiddette “casette dell’acqua”, nate – oltre venti anni fa – dalla collaborazione tra operatori del servizio idrico e amministrazioni locali. Versione aggiornata delle fontanelle pubbliche, le “casette” sono luoghi nei quali i cittadini possono approvvigionarsi di acqua, controllata e di qualità, naturale o frizzante: un’iniziativa pensata per spingere i cittadini verso la risorsa proveniente dall’acquedotto, certamente più ecologica ed economica rispetto a quella minerale imbottigliata. Diffuse su tutto il territorio nazionale, le casette devono una parte del loro successo a una strategia di nudge design. Cosa è accaduto? Senza nessun genere di imposizione, ma avendo capito che i bassi consumi derivano da scarsa fiducia nell’acqua che scende dal rubinetto casalingo, i gestori hanno trovato nelle “casette” un’alternativa concreta capace di generare la fiducia e modificare la scelta degli utenti.
Un altro esempio di nudging riguarda lo spreco alimentare e il suo legame con la prevenzione. In un esperimento condotto in Provincia di Torino e Rieti si è proposto agli avventori di un ristorante un messaggio con scritto: “Alla fine del pasto ti consegneremo la doggy bag con il cibo che non hai consumato. Se oggi non la vuoi, fallo sapere al tuo cameriere. Grazie!”. Lo scopo: ridurre il senso di disagio attraverso l’indicazione di come un numero crescente di persone si comporta nella stessa situazione.
Un altro esempio in area prevenzione mostra come sia possibile ridurre la quantità di volantini non desiderati che si ottiene apponendo un adesivo dissuasivo sulla propria cassetta postale. Il nudging, dunque, può dare un importante contributo anche alla prevenzione, come strumento per ridurre la produzione di rifiuto e incentivare la raccolta differenziata, costruendo politiche efficaci e a costo zero.
Un successo duraturo frutto di gentilezza e collaborazione
Il successo di queste iniziative di nudge è significativo e duraturo nel tempo.
Le “spinte gentili” sono uno strumento efficace per accompagnare il cambiamento nella popolazione ogni qual volta obblighi e divieti non sono gli strumenti opportuni e/o gli incentivi economici non possono essere utilizzati perché ad esempio i comportamenti non sono osservabili o la loro osservazione è molto costosa (i.e. come stabilire quanto impegno e accuratezza mettiamo nel separare i rifiuti nelle nostre case?).
Questo genere di politiche e di interventi, che si costruiscono innanzitutto sulla gentilezza e sulla collaborazione con i cittadini, possono – e devono- trovare ampio spazio nei Servizi Pubblici Locali del futuro. È solo riprogettando i servizi in modo che siano intrinsecamente sostenibili anche nei comportamenti dei cittadini, che è possibile rendere le città luoghi maggiormente orientati alla tutela dell’ambiente. Cioè è necessario che i SPL siano progettati in modo che il comportamento maggiormente sostenibile sia scelto in via prioritaria da tutti.
In tal senso risulta immediata l’applicazione di spinte gentili al mondo dei rifiuti e la loro gestione entro le mura domestiche, cioè la riduzione e la differenziazione. Costruire nudge in questo ambito non può accadere se non costruendo alleanze tra i gestori ed i cittadini: i primi depositari delle conoscenze tecniche e degli strumenti, i secondi, invece, come soggetti attivi del cambiamento. Infine preme sottolineare che i nudge non sono le “politiche del futuro”, ma sono piuttosto la piena concretizzazione della gerarchia dei rifiuti, promossa oggi dal quadro regolatorio, che spinge, in prima istanza, a favorire riduzione dei rifiuti prodotti e differenziazione degli stessi.
I cittadini giocano un ruolo decisivo per il successo delle politiche ambientali. Senza un loro coinvolgimento e quindi in assenza di comportamenti responsabili dei singoli, il successo è assai incerto.
Il nudge è un modo per trasformare le scelte di singoli in azione collettiva, figlia di comportamenti consapevoli e senza obbligare nessuno. Una riforma a costo zero.