Nel 2019 in Italia i rifiuti da imballaggio complessivamente avviati a recupero sono stati pari a oltre 11 milioni di tonnellate, di cui il 70% riciclati meccanicamente, l’11% bruciati con recupero di energia, e il 19% finiti in discarica. Il 50% di tutti gli imballaggi avviati a recupero è stato gestito dal sistema consortile CONAI, che ha filiere specifiche per il recupero per gli imballaggi in acciaio (CNA), alluminio (CIAL), carta (COMIECO), legno (RILEGNO), plastica (COREPLA), vetro (COREVE).
Secondo il rapporto CONAI Green Economy Report 2019 pubblicato il 3 dicembre 2020, il materiale avviato a riciclo dal sistema consortile ha permesso di risparmiare quasi 4,5 milioni di tonnellate di materia vergine per un valore economico di 402 milioni di euro, mentre l’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti ha un valore economico di 27 milioni di euro.
Con riferimento ai singoli materiali da imballaggio, il sistema di gestione CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) rappresenta la maggioranza dei quantitativi avviati a riciclo a livello nazionale per vetro, plastica e acciaio, mentre per legno, alluminio e carta più della metà del riciclo passa dalla gestione indipendente, responsabile dell’avvio a riciclo del 48% dei rifiuti di imballaggio nel 2019. Il restante 2% dei rifiuti d’imballaggio è gestito invece dai sistemi autonomi attivi sulla filiera degli imballaggi in plastica (CONIP – CORIPET – PARI).
Obiettivi europei di riciclo al 2025 raggiunti per tutti gli imballaggi, ma non per le plastiche
Con la Direttiva rifiuti, l’Europa ha stabilito una gerarchia ben precisa della gestione dei rifiuti: prevenzione, preparazione al riutilizzo, riciclo, recupero di energia e smaltimento dei rifiuti in discarica. Per promuovere una corretta gestione dei rifiuti, tramite il pacchetto economia circolare, ha inoltre individuato alcuni obiettivi minimi di riciclo da raggiungere. L’Italia ha recepito due delle direttive europee del pacchetto economia circolare (direttiva rifiuti EU/2018/851 e direttiva imballaggi e rifiuti da imballaggio EU/2018/852) con il d.lgs. 116/2020 – cosiddetto Decreto Rifiuti - che prevede di raggiungere entro il 2025 il 55% del riciclo dei rifiuti urbani, mentre già nel 2030 per i soli imballaggi si dovrà aver raggiunto il 70% del riciclo.
Il rapporto CONAI mostra che, ad eccezione della plastica, i tassi di riciclo per i rifiuti da imballaggio hanno già raggiunto i target europei al 2025, e tutti, meno la carta, hanno già raggiunto anche gli obiettivi al 2030. Per la plastica invece, solo il 45,5 % dei rifiuti recuperati è stato riciclato nel 2019. Secondo vari osservatori raggiungere gli obiettivi europei fissati per questa categoria d’imballaggi (50% al 2025 e 55% al 2030) sarà difficile, anche perché la nuova direttiva europea sugli imballaggi ha introdotto dei nuovi sistemi di rendicontazione più rigorosi cambiando il punto di misura. “Nel mondo della plastica anche in Italia ci sarà ancora da lavorare” dice a Materia Rinnovabile Luca Ruini, presidente di CONAI, portando poi l’attenzione sul fatto che sarebbe corretto parlare di plastiche e non di plastica, visto la molteplicità di materiali che ricadono in questa categoria. Un recente rapporto della corte dei conti europea ha mostrato che per gli imballaggi in plastica i nuovi metodi di calcolo faranno scendere le percentuali riciclate in tutti i paesi europei, portando la media europea dall’attuale 41% al 30% circa.
Rafforzamento della responsabilità estesa del produttore
Nel sistema CONAI, i produttori e gli utilizzatori di imballaggi versano al consorzio un Contributo Ambientale CONAI (CAC) che serve a coprire le spese di raccolta, recupero, smaltimento dei rifiuti generati. Una parte di queste risorse è poi riversata da CONAI ai comuni come rimborso dei costi sostenuti per la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio. Questo sistema permette di mettere in atto il principio della Responsabilità Estesa del Produttore (Extended Producer Responsability, EPR) in base al quale chiunque professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti è ritenuto responsabile dei rifiuti da questi derivanti. In ottemperanza alle direttive europee, il decreto rifiuti (116/2020) prevede inoltre un rafforzamento dell’EPR, che nel 2025 dovrà coprire l’80% dei costi necessari alla gestione dei rifiuti da imballaggi.
“Gli allegati tecnici del nuovo accordo quadro ANCI-CONAI, così come i testi degli accordi adesso in chiusura, già tengono in conto dell’obiettivo di coprire l’80% dei costi sostenuti dai comuni – spiega Ruini. - Per alcuni materiali, come plastica, il contributo versato dal sistema consortile copre già l’80% dei costi, mentre per altri materiali come il vetro la copertura arriverà entro il 2025”. Il restante dei costi di gestione dei rifiuti da imballaggi sostenuto dai comuni è coperto dalla tassa comunale sui rifiuti urbani, la TARI, la quale copre anche i costi legati a tutti le altre tipologie di rifiuti urbani che non sono imballaggi.
Secondo un’indagine condotta nel 2016 dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, il contributo versato da CONAI per le spese legate gli imballaggi corrisponde al 20% delle spese globali sostenute dai comuni per la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani. “Gli imballaggi rappresentano solo il 30% in peso dei rifiuti urbani, ma sono gli unici rifiuti per i quali c’è un sistema di responsabilità estesa del produttore”, dice Ruini spiegando che l’UE raccomanda ormai da tempo la nascita e/o il potenziamento di sistemi di EPR per tutti i prodotti che entrano sul mercato, inclusi oli esausti, RAEE, pneumatici. Alcuni di questi altri tipi di rifiuti hanno un grande impatto sull’ambiente, come ad esempio gli pneumatici, che secondo un recente rapporto dell’Unione per la conservazione della Natura (IUCN) rappresentano una delle fonti principali di inquinamento da microplastiche nel Mediterraneo.
Contributi ambientali diversificati per favorire l’ecodesign
Il rapporto CONAI mostra che il tasso % di riciclo su quantità di imballaggi assoggettate dal sistema EPR è più basso in Italia rispetto a Spagna, Paesi Bassi, ma più alto rispetto a Francia e Germania. E questo a fronte di un contributo ambientale medio pagato da produttori e utilizzatori di imballaggi che in Italia è generalmente più basso che negli altri paesi. Ma il confronto delle performance tra i vari paesi è difficile, perché ci sono differenze nei sistemi di EPR, nella tipologia di materiale considerato nei calcoli, e anche nella definizione di riciclo. “Per quello che riguarda la plastica, in Germania considerano il ‘recupero energetico’ come riciclaggio mentre in Italia sono incluse nel calcolo solo le quantità di rifiuti che sono avviate a riciclo meccanico”, dice Ruini, spiegando che in Italia si riciclano molte più tipologie di plastica che negli altri paesi. Tuttavia anche in Italia meno della metà dei rifiuti da imballaggio raccolti sono riciclati, e la plastica rappresenta oltre il 69% in peso di tutti i rifiuti da imballaggi avviati a recupero energetico. Questi rifiuti, si legge nel rapporto, sono rappresentai da plastiche miste oggi difficilmente riciclabili.
Per incoraggiare l’ecodesign, cioè la produzione di imballaggi più facilmente riciclabili, nel 2018 COREPLA ha introdotto un contributo ambientale diversificato per gli imballaggi in plastica che prevede diversi valori contributivi in funzione dei criteri di selezionabilità, di riciclabilità e del circuito di destinazione prevalente (“Domestico” o “Commercio & Industria”). Rispetto al 2019, nel 2020 il valore del contributo ambientale per gli imballaggi in plastica è aumentato, passando da 263 a 330 €/t. Dal 1 gennaio 2019 anche COMIECO ha introdotto una diversificazione nel contributo ambientale per gli imballaggi in carta, prevedendo un contributo aggiuntivo per quelli poliaccoppiati atti a contenere liquidi e più difficilmente riciclabili. Il contributo servirà per creare una filiera del riciclo dedicata.
La sfida dei contenitori per bevande in PET
Il rapporto CONAI nota che solo il 2% di tutti gli imballaggi sono gestiti da sistemi autonomi, che operano di fatto solo sulla filiera della plastica: i Consorzi PARI e CONIP che si occupano dei rifiuti di imballaggio commerciali e industriali, e il Consorzio CORIPET (dal 2019) che si occupa delle bottiglie in PET presenti nei rifiuti urbani. Per i contenitori per bevande in PET la direttiva europea 2019/904 sulle plastiche monouso (SUP) ha introdotto l’obiettivo di intercettazione e riciclo del 77% al 2025 e del 90% al 2029. La direttiva SUP dovrà essere recepita nelle leggi nazionali entro il 3 luglio 2021.
Con 8 miliardi di bottiglie di plastica vendute ogni in anno in Italia, le sfide per raggiungere gli obiettivi di riciclo europei non mancano.