Fine dei giochi e delle speranze. Alla fine di una settimana di accordi al ribasso, il 23 ottobre il Parlamento Europeo ha approvato una proposta legislativa che regolerà la Politica Agricola Comunitaria (PAC) che ha fatto l'effetto di una secchiata di acqua gelida su quanti confidavano nella svolta verde.

Così è stata approvata una PAC insostenibile

Il “trilogo”, ovvero il meccanismo di concertazione tra Commissione Europea, Parlamento Europeo e Consiglio dei Primi Ministri, funziona più o meno così: la Commissione Europea alza la palla, altissima. Green New Deal, Farm to Fork, sistemi alimentari sostenibili, fondi assegnati a condizione che le attività produttive rispettino ambiente, benessere animale, diritti delle future generazioni e dei paesi terzi. Il pubblico esulta, ringrazia, si commuove: sono trent'anni che chiediamo queste cose – dice - finalmente rallenteremo i cambiamenti climatici, miglioreremo la salute pubblica, avremo campagne più sane, sosterremo l'agricoltura biologica, gli sprechi diminuiranno, sarà tre volte Natale e festa tutto l'anno.
Il Parlamento Europeo schiaccia e, tra lo sgomento del pubblico (che lo ha eletto) approva una proposta legislativa per nulla sostenibile per la PAC, sulle modalità con cui quei fondi saranno assegnati (nel 2022). Un testo che dimentica le questioni ambientali o climatiche, fatto su misura per i grandi allevamenti e le produzioni massive, e che danneggerà le piccole e medie aziende dove si fa agricoltura per bene, per produrre cibo sano. Quelle che nei bei discorsi pubblici vengono elogiate perché tengono alto il nome del Made in Italy, costruiscono paesaggi che portano turismo, tutelano territori. Una proposta che spernacchia i milioni di giovani europei scesi in piazza come Fridays for Future, anche loro accolti a Bruxelles con tutti gli onori. Una proposta che fa il gesto dell'ombrello alla crescita dei consumi di prodotti biologici che una quota sempre maggiore di cittadini europei predilige al momento degli acquisti. Un testo che ignora l'appello dei 3600 scienziati che hanno chiesto una PAC indirizzata alla sostenibilità, il lavoro di associazioni ambientaliste e movimenti per una cultura del cibo più solida, i dati sulla crescita vertiginosa, in Europa, delle malattie cibo-correlate e – nelle zone rurali – di quelle correlate all'uso di agrofarmaci, i dati sullo sterminio di api e altri insetti impollinatori. Una proposta ignorante.
Il Consiglio dei Primi Ministri segna: con l'approvazione degli emendamenti del Parlamento chi esce vincitore sono ancora una volta le grandi lobbies di chi produce materie prime per il cibo industriale, nei campi e negli allevamenti. Quella filiera che ha già dato tante prove di insostenibilità, cancellando biodiversità, inquinando aria e acqua, impoverendo suoli e mettendo a rischio la salute pubblica. Quella filiera che è anche quella che spreca di più, alla faccia della Farm To Fork. Il Commissario Europeo per l'Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski, ha affermato che alcuni degli emendamenti concordati “non condividono la nostra ambizione per una PAC più verde ed equa”. Ambizione che peraltro finora ha ben celato, per esempio non presentandosi il 20 maggio, quando le strategie Biodiversità e Farm To Fork sono state varate.

La chiamata alle armi delle ONG

La delusione è forte, ma Carlo Triarico, presidente dell'Associazione per l'Agricoltura Biodinamica unisce l'amarezza alla chiamata alle armi: “Lo stop dei maggiori partiti europei al Green Deal in agricoltura testimonia che la lobby contro biologico e biodinamico è innanzitutto contro l'agroalimentare di qualità. Le strategie europee Farm to Fork e Biodiversità hanno indicato proprio nei criteri adottati da 96 anni dall'agricoltura biodinamica il nuovo corso: economia circolare, riciclo della sostanza organica, presenza e benessere animale per la fertilità del suolo, almeno 10% del suolo dedicato alla biodiversità, contenimento e abbandono dei pesticidi e degli antibiotici. Contro questa idea di futuro agiscono pochi ma ben insediati interessi. Quanto avvenuto è però anche una chiamata ai contadini e ai cittadini, per un unirsi a difesa di lavoro, salute, ambiente e futuro e fermare le azioni disperate di un sistema in crisi. Dobbiamo nutrirci meglio e sostenere le organizzazioni attive nel cambiamento. Il 12 novembre l'Associazione Biodinamica terrà un grande convegno di Biodinamica a Firenze, dal Salone dei Cinquecento, seguibile in streaming grazie a una rete di siti, in cui cittadini, agricoltori e scienziati faranno sentire la voce di un mondo nuovo. Gli industriali cercano di far saltare una svolta che tuttavia oggi si impone come urgente. Nemmeno questo momento drammatico li fa ragionare. Invece avrebbero da guadagnare anche loro da una riconversione, da una chimica verde e da un'economia circolare, prima che la crisi li mandi per aria”.
Il riferimento al “momento drammatico” è anche nelle parole di Monica di Sisto, vicepresidente Fairwatch, osservatorio su clima e commercio: “L'agribusiness piega la democrazia europea ai suoi interessi ancora una volta. Fa male vedere come, con i morti in casa, non si prenda sul serio la lezione del Covid con cui il pianeta ci chiede di accorciare e ripulire le filiere, ma ostinatamente si spinge verso una maggiore intensificazione, con più chimica e meno controlli. Da un lato ci raccontano la favola dell'agricoltura green di precisione, dall'altro quando chiediamo ecoschemi, indicatori sui nutrienti, sulle emissioni del bestiame, le grandi aziende si oppongono e il Parlamento le accontenta. Come denunciamo da troppi anni monitorando i trattati commerciali negoziati dall'Europa, la nuova frontiera dell'estrazione, dopo le risorse naturali in esaurimento, sono le regole: saltano standard e diritti e le aziende risparmiano. Così i grandi diventano sempre più competitivi mentre le piccole-medie aziende chiudono e sempre più persone muoiono di malattie, disastri ambientali e povertà. Complimenti Europa!”.
E ora? La Commissione potrebbe rialzare la palla, cestinando tutto e ribadendo ciò che la sua presidente Ursula von der Leyen ha più volte dichiarato: niente soldi senza sostenibilità. Ma perché questo accada c'è bisogno di una forte reazione dei cittadini, pressione da parte dei movimenti e molta consapevolezza tra i produttori. In un mondo perfetto si potrebbe contare anche su sindacati e organizzazioni di categoria; invece i sindacati si accontentano di poche righe in cui si dice che non verranno concessi sussidi a chi non rispetta le normative sul lavoro (come si applica questo emendamento? Con quali strumenti di controllo?), mentre le organizzazioni di categoria o si compiacciono per i bei risultati raggiunti o si stracciano le vesti perché si continuerà a chiamare hamburger i preparati vegani.
Il mondo dei consumatori e dei produttori consapevoli, invece, si chiede con quale coraggio si possa chiamare cibo quello che arriva in tavola dopo aver disseminato inquinamento, malessere e ingiustizia lungo tutto il suo percorso.