Presentata la dodicesima edizione del rapporto “L’Italia del Riciclo” di Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Fise Unicircular. Al centro del confronto: gap infrastrutturale, caro prezzi, incentivi all’uso e all’acquisto di materie prime seconde, affastellamento norme.

I numeri dell’Italia del riciclo

In attesa della Strategia nazionale per l'economia circolare, l’Italia fa i conti con il riciclo. L’industria italiana si conferma all’avanguardia in ambito europeo: nel 2020 i flussi della raccolta differenziata hanno resistito allo shock dettato dalla pandemia di Covid-19, il Paese può guardare con fiducia al raggiungimento del target del 77 % entro il 2025. La frazione organica è cresciuta del 7,5 % e i rifiuti tessili dell’8 %, in vista anche dell’obbligo per la differenziata che partirà col nuovo anno. Buone prestazioni per gli inerti che nel 2019 hanno superato, con un anno di anticipo, il tasso di recupero di materia toccando quota 78 %. Prima in Europa per riciclo dei rifiuti speciali, l’Italia è al secondo posto per quelli urbani. Il tasso del riciclo degli imballaggi è salito dal 70 al 73 % dell’immesso al consumo, con soglie record per molti materiali: tra tutti, carta all’87 %, acciaio all’80 % e vetro al 79 %. Un numero più di tutti fotografa la prestazione del paese: il tasso di circolarità che nel 2020 ha raggiunto il 21,6 %, 12,8 punti percentuali sopra la media del resto d’UE.

Luci e ombre delle novità normative

Numeri alla mano, il rapporto “L’Italia del riciclo”, curato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Fise Unicircular, mette a fuoco le aree di luce e ombra del settore. “Questo modo di procedere a strati, aggiungere una norma senza integrare quella vigente, crea problemi anche di attuazione”, ha evidenziato il presidente della Fondazione Edo Ronchi nel corso della presentazione, svoltasi a Roma lo scorso 14 dicembre. Il riferimento è alle novità normative, come l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2023 della cosiddetta plastic tax, l’imposta di 0,45 euro per chilogrammo sui manufatti di plastica con singolo impiego (Macsi). E ancora, il tributo nazionale di 0,80 centesimi di euro per ogni chilogrammo di plastica contenuto in imballaggi non riciclati fissato dalla Commissione europea, in vigore solo quando tutti e 27 gli Stati Membri l’approveranno, che raccoglierà annualmente 800 milioni di euro confluenti in “risorse finanziarie per il Next Generation Eu (…). L’Italia sarà il maggior beneficiario”. Infine, il deposito cauzionale per gli imballaggi in plastica riutilizzabili, la cui attuazione è rimandata all’emanazione del regolamento del ministero della Transizione ecologica.

Riciclo e PNRR

La tenuta del settore durante la pandemia ne ha dimostrato il dinamismo e la potenzialità in termini di ripresa economica del Paese. Forza, quelle delle imprese, che rischia di non essere valorizzata: il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha spiegato il presidente di Fise Unicircular Paolo Barberi, ha stanziato complessivamente per le attività di riciclo 2,1 miliardi di euro. Di questi, 1,5 miliardi con la Linea d’investimento 1.1 a Comuni ed Enti d’ambito destinati per la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento di quelli esistenti; altri 600 milioni con la Linea d’investimento 1.2 per i progetti faro dell’economia circolare. “Posto che questi finanziamenti hanno come primo obiettivo di colmare il gap infrastrutturale tra le Regioni del Nord e quelle del Sud, perché sono destinati ai Comuni e agli Enti d’ambito?”. “Se l’Italia è leader europeo nella gestione dei rifiuti è grazie ai soggetti privati”, ecco perché bisognerebbe aiutarli sburocratizzando i processi di autorizzazione e modernizzazione degli impianti così da evitare che “nel mentre la tecnologia sia superata”.

Sbocchi nazionali e internazionali per materie riciclate e prodotti circolari

C’è poi il nodo degli sbocchi esteri e di quelli nazionali. Se nei primi mesi del 2020 il crollo della domanda ha determinato il calo generalizzato dei prezzi delle materie prime e, di conseguenza, quello dei materiali riciclati, oggi la difficoltà di reperimento delle materie vergini, soprattutto strategiche, sta provocando un aumento esponenziale dei prezzi. La recente proposta di revisione del regolamento europeo sulla spedizione dei rifiuti va calata “sull’analisi della realtà”, ha aggiunto Barberi, per “capire se e quali frazioni di rifiuti possono essere trasportati”. Un dato tra tutti: solo nel 2020 i Paesi UE hanno esportato 32,7 milioni di tonnellate di rifiuti verso Paesi non UE, principalmente ferro e acciaio seguiti da carta e cartone.
Sulla Strategia nazionale “se non troviamo uno sbocco di mercato ai prodotti circolari quello che ci diciamo rischia di rimanere lettera morta”, rimarca il presidente Fise Unicircular. Trattasi di 150 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno in Italia di cui 30 milioni di tonnellate urbani. “In molte regioni d’Italia i magazzini sono pieni di prodotti riciclati che non trovano collocazione sul mercato, non perché non sono conformi o idonei ma perché non ci sono incentivi e strumenti impositivi perché avvenga”. Le proposte sul tavolo sono diverse: “l’Iva agevolata, i certificati ambientali - iniziativa alla quale stiamo lavorando con Utilitalia ed Enea seguendo lo stesso principio di quelli energetici - il credito d‘imposta per chi usa prodotti certificati provenienti da attività di riciclo”.

Verso la Strategia nazionale per l’economia circolare

Sui tempi dell’approvazione e dell’emanazione di regolamenti e decreti su End of waste e Criteri ambientali minimi, cardini dell’economia circolare, l’ingegnere Laura D’Aprile, a capo del Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi del MITE, ha evidenziato: “Purtroppo la natura regolamentare dei provvedimenti EoW non consente di accorciare i tempi rispetto all’emanazione dei decreti ministeriali”. Invece, ha aggiunto, “una serie di azioni possono consentire di accelerare le procedure sul binario regionale. In questo senso la piattaforma lanciata sulla condivisione delle autorizzazioni riteniamo possa costituire un volano per i decreti EoW a livello regionale. Perché se la procedura autorizzativa che viene usata in ambito geografico può essere mutuata in altre amministrazioni questo facilita l’implementazione dell’EoW”.
Riferendosi ai bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza la “priorità assoluta” è attribuita “al recupero di materia piuttosto che a quello energetico, perché il riciclo produce nuove catene di valore”. Grande speranza è riversata sulle risorse del Pnrr, sia per colmare il gap infrastrutturale che per riuscire a traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione e “del 10% di conferimento in discarica, che speriamo di portare a percentuale ancora più bassa, soprattutto nel Centro Sud”, oltre a migliorare “la qualità più che la quantità” della differenziata. Parlando dei Cam, “laddove innestiamo e produciamo nuove materie prime dobbiamo creare un mercato e cercare di incentivarne uso in sostituzione di materie prime vergini”.
Confermata dalla D’Aprile l’emanazione entro il prossimo 30 giugno della Strategia nazionale per l’economia circolare, alla quale il MITE sta lavorando insieme all’Ispra e all’Enea, in fase di perfezionamento per i suggerimenti “soprattutto in forma associata” ricevuti nella consultazione pubblica dello scorso autunno. Destinata a favorire l’uso di materia prima seconda rispetto a quella vergine, prevede anche un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, incentivi fiscali per supportare l’uso di materiali riciclati, la revisione della fiscalità ambientale, la riforma dei sistemi di responsabilità estesa del produttore (Epr), il rafforzamento dell’End of Waste, Green public procurement (Gpp) e sottoprodotti, la spinta allo sviluppo della simbiosi industriale. Con l’auspicio che sia rispondente alle reali e concrete necessità del settore.