In Italia e nel perimetro della sostenibilità è ancora poco conosciuto. Dici nudge e pochi sanno di cosa parli.
È un metodo dell’economia comportamentale che si attua in forma di azioni, parole, oggetti in grado di spingere, senza imposizioni, il target verso comportamenti positivi. Nelle intenzioni di chi lo ha progettato e attuato.
Letteralmente tradotto significa “spinta gentile” e un libro uscito negli USA nel 2008 lo consacra: “La spinta gentile” di Richard Thaler e Cass Sunstein.
In Europa appare nelle politiche pubbliche nel 2010, sotto il governo Cameron nel Regno Unito, grazie al suo direttore strategico, Steve Hilton. Egli creò la Nudge UNIT - Behavioural Insights Team, che scommetteva sull’economia comportamentale per operare in ambiti di rilevanza sociale quali la lotta alla povertà.
Il nudge nasce dall’osservazione del funzionamento del cervello umano: pare infatti che i nostri meccanismi mentali siano più complessi di come alle volte ce li raccontiamo. In sostanza non è solo la razionalità che determina le nostre decisioni. Siamo permeabili a tante sollecitazioni esterne che agiscono sulle emozioni. Le componenti emotive spettinano la razionalità del nostro cervello e ci fanno prendere delle scorciatoie. Un meccanismo potente. Si chiama economia comportamentale ed è diventata così importante che anche gli economisti hanno capito che non siamo solo homo oeconomicus. Infatti nomi del calibro di Robert Shiller e Richard Thaler hanno vinto il Nobel per l’economia proprio grazie alle loro teorie sul tema.
Costruzione di un nudge
Il nudge si colloca quindi in quest’area ed è costituito di parole, azioni, prodotti (quindi modificazioni della realtà fisica) e opzioni di default: tutti possono agire in modo complementare o autonomo fra loro.
L’obiettivo è spingere dolcemente il ricevente a fare o pensare in modo diverso senza obblighi. Non è mai impositivo ma sempre volontario. Lascia sempre la facoltà di tirarsi indietro.
Serve comunque progettarlo e pare sia particolarmente efficace nelle politiche per la sostenibilità. È infatti risaputo che obblighi stringenti, regole dure, anche con sanzioni, non sempre determinano i risultati desiderati. Il nudge può essere davvero uno strumento alternativo o parallelo per generare il mood migliore. Si definisce anche un’architettura di scelte.
Facciamo degli esempi: una cucina attrezzata con contenitori per fare la raccolta distinta è una spinta silenziosa a fare la differenziata anche per chi non ci aveva ancora pensato. Seppur oggi obsoleto perché oramai quasi tutti facciamo la raccolta differenziata, questo è un caso di nudge applicato a un prodotto.
Esattamente come può esserlo un rubinetto che in tempo reale dice quanti litri si consumano. Quella informazione spinge al risparmio, lo facilita.
Design: Alessandra Rinaldi
La letteratura ci insegna che un nudge a base di comunicazione (e quindi parole) genera risparmi di energia elettrica: è stato sperimentato in facoltà universitarie apponendo cartelli nelle aule che spingono gli studenti a spegnere la luce ricordando loro che altri colleghi lo hanno fatto con risparmi eccellenti.
Quel tipo di comunicazione stimola comportamenti emulativi in positivo. Esattamente come il dare l’esempio, mettendosi in gioco direttamente, accresce l’autorevolezza e la credibilità di chi agisce e può determinare buone azioni conseguenti.
Se su una spiaggia ci sono troppi rifiuti abbandonati, iniziare a raccoglierli in silenzio e senza proclami ma in modo evidente, vale molto più di tanti cartelli di divieto o minacce di punizione. Gli ospiti di quella spiaggia potranno anche non accodarsi nella raccolta “improvvisata”, ma sicuramente dopo ci penseranno due volte prima di cadere nella tentazione di gettare rifiuti distrattamente.
Il nudge serve anche a creare nuove consapevolezze, ad arricchire il proprio guardaroba con visioni della realtà più critiche e quindi capaci di farci vivere in un mondo più ricco…soprattutto di futuro.
Di nudge e gentilezza si è parlato nel TEdxBaRLETTA del 5 settembre 2020.