Il trasporto marittimo è l’elefante nella stanza delle negoziazioni climatiche. Responsabile del 3,7% delle emissioni totali di CO2 in Europa e del 13% delle emissioni del settore dei trasporti, beneficia di almeno 24 miliardi di euro all’anno in sussidi fiscali sui combustibili fossili, oltre a vari tipi di esenzioni (REF) ed è l’unico settore per il quale non sono ancora stati stabiliti target di riduzione delle emissioni.
Oltre agli impatti sul clima, gli ossidi di zolfo (SOX), azoto (NOX) e particolato (PM10) emessi dai motori delle navi quando sostano in banchina con i motori accessi determinano in Europa 60 miliardi di euro di costi sanitari e 50mila morti premature all’anno. Secondo uno studio dell’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) le emissioni di CO2 del trasporto marittimo potrebbero aumentare, a livello mondiale, tra il 50% e il 250% entro il 2050 e compromettere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
A oggi non esistono ancora tecnologie mature a sufficienza ed economicamente sostenibili per decarbonizzare il trasporto marittimo nella fase di navigazione, ma è pronta invece la tecnologia del cold ironing per azzerare le emissioni durante le fasi di sosta nei porti. È quanto emerge dal rapporto “Porti Verdi: la rotta per uno sviluppo sostenibile” pubblicato a febbraio da Enel X e Legambiente e che traccia un piano per lo sviluppo del cold ironing e l’elettrificazione dei 39 porti italiani di rilevanza europea (Trans-European Network).
Un piano di sviluppo per il cold-ironing in Italia
Il cold ironing consiste nel collegare la nave alla banchina per mezzo di un cavo elettrico e nel fornire all’imbarcazione l’energia elettrica necessaria per le operazioni di carico/scarico della nave e il mantenimento di tutti i servizi per i passeggeri, nonostante l’unità si trovi in ormeggio a motori spenti. La tecnologia è già in uso nei porti di Gothenburg, Los Angeles, Marsiglia e gli autori del rapporto raccomandano la sua implementazione nei porti italiani di rilevanza europea da subito.
“Nella versione di gennaio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ci sono delle risorse destinate al cold ironing” dice a Materia Rinnovabile Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. “Noi ci auguriamo che nella versione finale del PNRR il suo ruolo sia ampliato per dare un segnale chiaro ai porti e agli armatori e che oltre alle risorse per la decarbonizzazione dei porti ci siano anche le riforme che ne facilitino l’attuazione. Oggi in Italia sussistono ancora i sussidi alle fonti fossili e le navi hanno degli sconti sulle accise. Il paradosso è che per una nave è più conveniente tenere accesi i motori perché costa meno che usare l’elettricità. Noi chiediamo al governo di eliminare i sussidi alle fonti fossili e ridurre gli oneri dell’elettrico, così da spostare il vantaggio economico dal gasolio all’elettrico.”
Secondo il rapporto l’investimento per la realizzazione dell’infrastruttura necessaria per il cold ironing è pari a circa 640 milioni di euro. Mentre per adeguare le navi (circa 2000 imbarcazioni) ci sarebbe un costo complessivo di 1.500 milioni di euro. Se il cold ironing fosse utilizzato per alimentare a energia elettrica il 40% della domanda energetica potenziale complessiva richiesta dalle imbarcazioni che hanno una maggiore permanenza nei porti (Ro-Ro e traghetti, navi cargo, navi container, navi da crociera) e se questa energia provenisse da fonti rinnovabili sarebbe possibile evitare la combustione di oltre 635 mila tonnellate di gasolio marino.
Elettrificare i porti per ridurre la CO2
“Circa l’8% delle emissioni globali del settore marittimo è emesso in porto. Si tratta di un valore medio che raggiunge anche il 17% per i segmenti d’imbarcazione con operazioni di carico-scarico più lunghe e laboriose” dice a Materia Rinnovabile Eliano Russo, Responsabile e-industries di Enel X. “Sviluppando subito il cold ironing e prelevando energia dalla rete elettrica attuale (che include sia fonti fossili che rinnovabili) si potrebbero ridurre già di quasi 2/3 le emissioni di gas serra nei porti considerando un fattore di emissione medio di circa 250 g CO2/kWh per l’energia prelevata dalla rete elettrica in confronto ai 610 g CO2 /kWh per l’energia prodotta bruciando il gasolio marino”. Un bel risultato, considerando che una nave da crociera attraccata in banchina per 10 ore produce la stessa quantità di CO2 di 25 automobili di media cilindrata in un anno.
“Il problema dell’elettrificazione dei porti è complesso perché ci sono differenze nelle infrastrutture esistenti, nel tipo di imbarcazioni, nella frequenza con cui approdano e nei tempi di sosta - spiega Eliano Russo - Dalla metà dell’anno scorso abbiamo iniziato a studiare il traffico esistente per capire qual è il potenziale di elettrificazione non solo in Italia, ma anche in Spagna, Grecia, Romania. Per promuovere il cold ironing è necessario adottare un approccio sistemico per far sì che le imbarcazioni abbiano la possibilità di connettersi alla rete elettrica in tutti i porti del Trans-European Network”. Serve quindi il coinvolgimento di tutti i settori chiave. A tal fine Enel X e Fincantieri hanno firmato una lettera d’intenti per collaborare alla realizzazione e alla gestione d’infrastrutture portuali di nuova generazione a basso impatto ambientale.
GNL: un vicolo cieco per la decarbonizzazione
Più complessa è la questione della decarbonizzazione durante la navigazione. Il rapporto Porti Verdi confronta Gas Naturale Liquefatto (GNL), batterie e completa elettrificazione imbarcazioni, idrogeno verde e ammoniaca e le valuta in base a maturità tecnologica e capacità di riduzione dell’inquinamento. Il GNL è l’unica tecnologia valutata con livello di maturità tecnologica “alta” (le altre hanno una maturità tecnologica “bassa” ma dovrebbero diventare economicamente e tecnologicamente sostenibili entro 10-15 anni) e a livello internazionale viene da alcuni indicato come una soluzione ponte in attesa che le altre tecnologie non inquinanti siano sviluppate. Tuttavia, notano gli autori del rapporto, la riduzione massima teorica di gas serra dall’utilizzo di GNL è solo del 20% rispetto all’olio combustibile pesante (usato in alto mare, più inquinante del gasolio marino usato nei porti). Inoltre, siccome non è possibile fare il retrofitting dei motori esistenti per usare il GNL, sarebbe necessario riequipaggiare la flotta due volte: adesso per bruciare GNL e poi cambiarli tra pochi anni quando le altre tecnologie saranno pronte.
“L’idea di considerare il GNL un ponte verso la decarbonizzazione è un tentativo estremo di tenere in vita il fossile, dopo che sono falliti i tentativi con il carbone e il petrolio comincia a subire la concorrenza dell’elettrico ” dice a Materia Rinnovabile Nicola Armaroli, chimico, dirigente di ricerca del CNR a Bologna. “L’80-90% del gas naturale è costituito da metano, un gas serra 28 volte più potente della CO2 nel medio periodo (100 anni). Le emissioni di metano sono in continuo aumento, e sappiamo che ci sono perdite di metano lungo tutta la filiera: estrazione, trasporto con i gasdotti, rifornimento delle navi, gassificazione prima dell’uso” spiega Armaroli citando anche una recente scoperta dell’Agenzia Spaziale Europea che tramite dati satellitari ha individuato ingenti perdite di metano prima sconosciute lungo gasdotti già esistenti. “La strategia chiave per la transizione energetica è aumentare drasticamente, cioè di almeno due o tre volte, la produzione di elettricità rinnovabile entro il 2050. Tecnicamente è la cosa più veloce e meno costosa.”
"Usare il GNL come soluzione ponte sarebbe come entrare in un vicolo cieco. Significherebbe investire un sacco di soldi oggi in infrastrutture per il gas naturale che sono già obsolete se l'obiettivo è ridurre l'impatto climatico del trasporto marittimo" dice Veronica Aneris, direttrice per l'Italia di Transport & Environment. "Molte barche che navigano entro 50 miglia nautiche possono essere elettrificate con l'uso di batterie che già esistono e funzionano per queste brevi distanze. L'Italia ha molte isole, e parte del trasporto verso queste ultime potrebbe già essere elettrificato. Per distanze più lunghe e per la riduzione dell'inquinamento atmosferico, si potrebbe passare immediatamente al gasolio marino che è compatibile con le navi e le infrastrutture portuali esistenti. Al fine di ridurre l'impatto sul clima, tuttavia, il dispiegamento d’idrogeno verde e ammoniaca sarà cruciale negli anni a venire."
Aspettando che le nuove tecnologie per la decarbonizzazione marittima siano tecnologicamente pronte, un’altra soluzione pronta all’uso per ridurre le emissioni del settore sarebbe quella di andare più piano: ridurre la velocità delle imbarcazioni del 10% permetterebbe di ridurre le emissioni dell’intero comparto del 19%.