Primo: non bruciare. Secondo: ottieni il maggior valore aggiunto dal suo impiego. Sembrano semplici i principi che sono alla base dell’impiego della biomassa legnosa per sviluppare la bioeconomia circolare, quell’economia che impiega le risorse biologiche e i flussi di rifiuti come input per la produzione industriale ed energetica. Con una espressione riassuntiva si potrebbe dire che è necessario adottare un approccio che gli esperti definiscono a cascata.
Di questo si è parlato lo scorso 25 febbraio in una conferenza online organizzata dalla Società italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale e dall’istituto per la Bioeconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Cellulosa per i biocarburanti
Negli ultimi anni le foreste hanno trovato un impiego molto diffuso per la produzione di carburanti rinnovabili e bioenergie, consentendo di creare valore per gli attori locali e rilevanti benefici ambientali a livello globale, in un contesto globale dove l’80% dell’energia è ancora prodotta da combustibili fossili. Quando consideriamo la sicurezza energetica, l’impatto sull’ambiente e la disponibilità di risorse, i biocarburanti lignocellulosici sono un’alternativa molto competitiva per le aree ricche di foreste, come l’Europa del Nord o gli Stati Uniti d’America. La cellulosa, la componente principale del legno, è il più abbondante polimero sulla Terra e non fa parte della catena alimentare, quindi consente di avere una materia prima che non va in conflitto con l’offerta di cibo. Inoltre, i carburanti ricavati dal legno creano minori emissioni di gas a effetto serra durante il loro ciclo di vita e richiedono meno acqua per la loro produzione rispetto ai biocarburanti convenzionali. Oggi, proprio per soddisfare il principio dell’impiego a cascata, per quanto riguarda il legno si fa ricorso soprattutto ai cosiddetti residui forestali per la produzione di biocarburanti, si utilizzano perciò scarti derivati da altre attività principali.
Secondo Marino Berton, dell’Associazione italiana energie agroforestali, “l’approccio a cascata è il principio fondamentale da seguire. Dal legno va ottenuto il maggior valore aggiunto possibile, destinando solo gli scarti alle bioenergie. In Italia, inoltre, non c’è spazio per i grandi impianti”.
La gestione sostenibile delle foreste
“Il punto cruciale – ha dichiarato Gaetano Benedetto di WWF Italia nel corso della conferenza – è la gestione sostenibile delle foreste, che significa anche dove si utilizza la biomassa che ne viene ricavata. Senza politica di conservazione non si possono evitare grandi rischi e la tutela della biodiversità resta una priorità”.
Il tema centrale nell’impiego del legno ricavato dalle foreste come materia prima per i biocarburanti e le bioenergie riguarda proprio la gestione sostenibile delle stesse foreste. La definizione corrente di gestione forestale sostenibile, adottata nel 1993 dalla Conferenza Ministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa, consiste “nell’uso delle foreste e dei terreni forestali nelle forme e a un tasso di utilizzo che consentano di mantenerne la biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e potenzialità di adempiere, ora e nel futuro, a rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale, senza comportare danni ad altri ecosistemi”.
In poche parole: va evitato l’abbattimento indiscriminato degli alberi. La gestione delle foreste è una responsabilità nazionale, anche se l’Unione europea ha definito criteri e linee guida sul modo migliore per prendersene cura. Bruxelles, infatti, intende sostenere e attuare sempre di più una gestione sostenibile proteggendone e preservandone le molteplici funzioni.
“La certificazione forestale è fondamentale”, hanno sottolineato all’unisono Antonio Brunori di PEFC Italia e Diego Florian di FSC Italia. Tra le certificazioni più diffuse vi sono proprio FSC (Forest Stewardship Council) e PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification). Si tratta di standard internazionali rivolti alle imprese che operano nel settore del legno e dei suoi derivati. Questi schemi sono stati sviluppati con l’obiettivo di diffondere nella società civile e industriale principi di corretta gestione forestale. Per ognuno dei due schemi (FSC e PEFC) si possono identificare due standard di certificazione: il primo è rivolto a chi opera nell’ambito della gestione delle foreste (imprese, consorzi enti pubblici) e ha la finalità di assicurare che le stesse siano gestite nel rispetto di rigorosi standard ambientali sociali ed economici; il secondo è basato sul principio della rintracciabilità dei materiali provenienti da foreste certificate ed è rivolto alle imprese che trasformano i prodotti derivati dal legno. Interessa quindi, segherie, mobilifici, aziende che producono imballaggi in legno e chi produce prodotti contenenti legno per l’edilizia e l’arredo ma anche cartiere, tipografie, cartotecniche e simili.
Biomassa legnosa e decarbonizzazione
Gli scenari energetici dell’Unione europea al 2050 si basano sulla premessa che la biomassa sarà fondamentale per la decarbonizzazione. La direttiva sulle energie rinnovabili dell’Ue favorisce i biocarburanti avanzati, che sono prodotti da lignocellulosa, rifiuti e materie prime a base di residui.
I residui e i flussi di rifiuti di un’industria esistente, come le foreste, offrono materie prime fattibili e sostenibili per la produzione di biocarburanti. Un recente rapporto della Fondazione europea per il clima, in collaborazione con l’industria dei biocarburanti e alcune Ong, ha concluso che la conversione in biocarburanti di tutti i rifiuti e residui forestali, agricoli e urbani sostenibili nell’Ue potrebbe coprire fino al 16% del carburante per il trasporto su strada entro il 2030.
I biocarburanti consentono di superare la dipendenza dal petrolio del settore dei trasporti, che è una delle questioni più gravi che incidono sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Europa. La domanda di biocarburanti avanzati è destinata ad aumentare nei prossimi anni poiché l'obiettivo fissato dall’Unione europea non può essere raggiunto solo con gli attuali biocarburanti di prima generazione, il cui sviluppo è stato di fatto bloccato a livello comunitario. Il legno quindi potrà sempre di più ritagliarsi un ruolo da protagonista, anche tenendo conto che una parte significativa delle risorse forestali europee non viene utilizzato e l’area forestale continua ad espandersi.
La tecnologia per produrre biocarburanti rinnovabili dal legno esiste e, con le pratiche di gestione e gli strumenti sviluppati da anni, la sostenibilità della materia prima a base di legno è ormai garantita.
“Le biomasse lignocellulosiche – ci ha detto a margine della conferenza David Chiaramonti, docente di Sistemi per l’energia e l’ambiente al Politecnico di Torino - offrono mediamente elevate produttività per unità di superficie, e questo anche in terreni mediamente difficili per coltivazioni agricole convenzionali, e richiedendo bassi livelli di input (energia, fertilizzanti, ecc). Nei contesti agroclimatici opportuni e nelle modalità corrette, sono quindi una opzione possibile e importante verso la riduzione delle emissioni di gas serra, in una ottica comunque di biorefining e utilizzo a cascata delle risorse. In particolare, quando non è possibile intervenire con soluzioni alternative quali rotazioni colturali innovative e sostenibili, in grado di riportare carbonio e nutrienti nel suolo, e favorire la fertilità e la salute dello stessi. Quindi, un contributo potenzialmente significativo, se le filiere sono ben progettate e dimensionate, correttamente gestite e monitorate."