Così qualcuno definì Herman Daly, scomparso il 28 ottobre a 84 anni.
Che sia stato o meno il padre dell’economia ecologica poco importa. Ciò che ha rappresentato l’opera di Herman Daly lo si può comprendere anche, semplicemente, leggendo quanto pubblichiamo in questo sito e nella rivista ad esso collegata. I concetti che Daly mise a fuoco già nella sua prima opera, Steady State Economy, sono alla radice delle elaborazioni più attuali, come quelle che vedono collaborare scienziati ed economisti nella straordinaria iniziativa earth4all, lanciata dal Club di Roma.

L’eredità di Herman Daly

Se si parla di bioeconomia e di economia circolare, di innovazione nel rapporto tra le nostre attività e i servizi ecosistemici che le rendono possibili molto è dovuto a chi ha definito un ambito di ricerca in cui tutti questi concetti hanno trovato nutrimento. I suoi studi sono alla radice perfino di un rinnovato dibattito sulla decrescita, liberato da ingombranti aggettivi che ne hanno a lungo compromesso la credibilità e oggi confluito verso il più ampio dibattito sul post-growth e sull’economia del benessere. Il manuale Ecological Economics dovrebbe essere lettura propedeutica per chiunque inizi un percorso di studi universitari, tanto nelle materie economiche quanto in quelle progettuali o socio-politiche. In quel libro emerge infatti la necessaria interdisciplinarità con cui va radicalmente reimpostato lo studio (e la pratica) dell’economia.
Daly ha esercitato una enorme influenza, e lo ha fatto da “dietro le quinte”, rimanendo meno visibile - ma sistematicamente rintracciabile nei riferimenti - di molte tra le idee più incisive emerse in questi ultimi anni. Elencarle sarebbe lungo, ma figure come Bob Costanza, Tim Jackson, Kate Raworth, Peter Victor, Joan Martinez Alier e tanti altri hanno trovato nel lavoro dell’economista statunitense le basi su cui consolidare le proprie critiche al sistema economico dominante. E immaginare delle alternative.

L’attualità di Herman Daly

Mentre siamo ancora qui con politici e media che blaterano di crescita come se questo fosse l’obiettivo unico, desiderabile e soprattutto possibile per l’economia, e con un mondo della finanza che opera come se potesse realmente esistere una infinita Brave New World Economics, l’attualità del pensiero di Daly colpisce, ad esempio, per la puntuale critica della globalizzazione, un fenomeno che oggi, se ce ne fosse bisogno, dimostra tutta la sua fragilità e tutti i suoi effetti negativi.
Infine, se Materia Rinnovabile esiste è anche perché qualcuno, ancora negli anni Settanta del secolo scorso, ha iniziato a dubitare del fatto che orientare l’intero sistema economico sulla base di una falsa premessa avrebbe funzionato nel lungo periodo. Sostenere, come per primo ha fatto Herman Daly, che l’economia non esiste nel vuoto delle sue astrazioni ma all’interno dell’ecosistema della Terra ed è condizionata dai suoi limiti fisici spiega perché ancora molti economisti oppongono resistenza a questa banale verità: perché, come afferma Kate Raworth, “ha buttato giù dal trono i loro obsoleti strumenti e analisi”.

Immagine: Gael Gaborel (Unsplash)