Energivoro, divoratore di materie prime, produttore di quantità colossali di rifiuti e di emissioni. L’elenco delle colpe del settore delle costruzioni è lunghissimo, ma per fortuna l’economia circolare, applicata dal singolo componente edilizio fino alle città, può abbattere i suoi impatti su clima e ambiente.

Una strategia molto promettente per ridurre consumi ed emissioni dell’edilizia consiste nell’applicare i principi dell’economia circolare a più livelli, dal singolo edificio fino al contesto urbano nella sua globalità. L’approccio circolare può inoltre informare la fase progettuale e quella della demolizione, e modalità di utilizzo come lo sharing e il riutilizzo possono dare un contributo importante alla riduzione degli impatti ambientali dell’edilizia.

Circolarità ed emissioni in edilizia

Secondo quanto si può leggere nel Circularity Gap Report 2021, pubblicato dalla Platform for Accelerating the Circular Economy, a livello globale si consumano ogni anno circa 100 Gt (una Gigatonnellata, Gt, equivale a un miliardo di tonnellate, ndr) di materiali, corrispondenti a circa 59 Gt di CO2 equivalente. Il settore delle costruzioni consuma da solo circa 39 Gt di materiali, corrispondenti a 13,5 Gt di CO2 equivalente. Economia circolare e neutralità climatica sono quindi strettamente correlate, e la lotta al cambiamento climatico passa anche dall’evoluzione, in senso circolare, dell’attuale modello economico.
Per il settore delle costruzioni, in caso di implementazione di adeguate misure di circolarità, il rapporto individua un potenziale di riduzione del consumo di materiali pari circa 12,7 Gt, a cui corrisponderebbe un taglio delle emissioni pari a circa 11 Gt CO2 equivalente.

Economia circolare a più livelli

Se si vuole che il settore delle costruzioni realizzi appieno il suo potenziale in termini di riduzioni degli impatti ambientali, è necessario mettere in atto soluzioni di circolarità a scale differenti (dalla città fino all’edificio e ai componenti), a cui devono affiancarsi modalità (sharing, riuso/riutilizzo, riciclo) e strategie di applicazione diverse (sia dal punto di vista dell’end-of-life sia da quello del progetto).
Un primo livello di applicazione è quello della
scala urbana. Per soddisfare le richieste di energia e di materiali associate ai fenomeni di urbanizzazione, è necessario un flusso costante e programmabile di materie prime e scarti. In questo senso, le città possono essere viste come depositi di risorse e residui di origine antropica (anthropogenic stocks), immagazzinati nel corso degli anni nel tessuto urbano. Si parla così di urban mining, una serie di pratiche che favoriscono la gestione sistematica delle risorse antropogeniche (come prodotti, edifici e spazi) e dei rifiuti, così da conservare nel lungo termine le risorse stesse.
Passando dalla scala della città a quella dell’
edificio, l’uso efficiente delle risorse è correlato al prolungamento della vita dell’edificio stesso.
La maggiore
durabilità dei materiali e delle soluzioni costruttive, la manutenzione e la riparazione dell’immobile diventano perciò centrali nel processo edilizio. Se a scala di città vale il concetto di urban mining, a livello di edificio si è affermato quello di building as material bank. L’edificio può essere concepito come una sorta di stoccaggio temporaneo di materiali e prodotti da costruzione che, grazie ai processi di manutenzione, possono assumere nuovo valore.
Il recupero e il riuso degli edifici, anche per nuove destinazioni d’uso, possono essere considerati una forma di economia circolare, permettendo di evitare gli interventi di nuova costruzione o di sostituzione edilizia (a cui sono associati le demolizioni, il recupero di materiali e il loro riutilizzo, riuso o riciclaggio): gli immobili non si trasformano in rifiuti ma vengono rigenerati. Inoltre, possono essere considerati come spazi condivisibili, riducendo così il consumo delle risorse necessarie per la costruzione e la gestione di volumi e superfici più ampi.
Dalla scala dell’edificio si arriva a quella dei
prodotti e dei materiali. A questo livello, i criteri di circolarità più facili da delineare sono quelli che riguardano i materiali e i prodotti da costruzione con contenuto di riciclato, pre e post consumo. Il flusso di scarti più importante è quello che arriva al settore edilizio dagli altri settori produttivi, mentre è trascurabile quello che procede in direzione contraria.
A questa scala, la circolarità prevede anche l’applicazione del concetto di prodotto/servizio con l’estensione della responsabilità del produttore, che mantiene la proprietà del prodotto e si occupa della sua gestione e del fine vita.

Riciclo, riuso e sharing

Le modalità di attuazione della circolarità alle diverse scale sono riconducibili al riciclo, al riuso/riutilizzo e allo sharing.
Nel caso del
riciclo, il prodotto (elemento/componente/edificio) arriva a “fine-vita”, ma deve essere concepito come materia prima seconda alla base di un altro processo. Si apre quindi il capitolo dell’“end-of-waste”: il materiale a fine vita non va considerato un rifiuto ma una risorsa.
Il riuso e il riutilizzo di un materiale aprono due questioni diverse. La prima si lega al concetto di fine vita (“end-of-life”), che deve invece essere concepito come fine-vita-utile (“end-of-service-life”). In questo modo, si sottolinea la possibilità che un materiale abbia più cicli di “vita-utile”. Le opzioni di riuso o riutilizzo di un prodotto dipendono dalle capacità dello stesso di soddisfare esigenze diverse, oltre che di poter essere facilmente ricollocato.
La seconda è invece legato alla “
durabilità”: per riusare/riutilizzare un prodotto, occorre che questo mantenga nel tempo le proprie caratteristiche.
Lo
sharing può aumentare sia la durata di servizio degli spazi costruiti (flessibilità e adattabilità), sia l’effettivo utilizzo degli stessi (desk-sharing ecc.). In più, i nuovi modelli di business, come per esempio il “prodotto come servizio”, potrebbero estendere la responsabilità del produttore lungo il ciclo di vita del prodotto (manutenzione e take-back), spostando l’attenzione sul valore intrinseco del materiale e prodotto (elemento/componente/edificio) a fine vita utile, valore che attualmente non viene considerato. In questo modo, si potrebbero attivare sinergie tra riuso/riutilizzo e riciclo.

Dalla progettazione all’End of Life

L’implementazione della circolarità a livello di ambiente avviene in prevalenza attraverso le strategie End-of-Life oppure di progetto.
Nell’
approccio End-of-Life rientrano la demolizione selettiva e la gestione a fine vita dei rifiuti da demolizione, anche sulla spinta anche della Direttiva 2008/98/UE modificata dalla Direttiva 2018/851/UE, che prevede che il 70% dei rifiuti da costruzione e demolizione venga riciclato. Per la maggior parte, però, le pratiche di riciclo di questi rifiuti sono ancora costituite da fenomeni di down-cycling (con perdita di valore): gli inerti riciclati vengono utilizzati soprattutto per riempimenti e sottofondi stradali.
L’End-of-Life privilegia anche la
riqualificazione al posto della demolizione, così da mantenere in uso i materiali, evitando sia il loro trattamento (o conferimento in discarica), sia la produzione di nuovi beni (e il relativo approvvigionamento di materie prime).
La
strategia di progetto contempla il Design for durability/flexibility e il Design for disassembling. L’adattabilità funzionale e la reversibilità spaziale degli edifici, che permettono per esempio di riposizionare senza difficoltà le partizioni interne e di rimuovere con facilità alcune parti dell’edificio, incrementano la durabilità nel tempo dell’immobile e dei materiali di cui è composto.
Il
Design for disassembling (o Design for deconstruction) è un approccio progettuale che, oltre a pianificare l’assemblaggio dei componenti e il loro disassemblaggio, definisce anche la destinazione di elementi e materiali, allungandone così la vita utile.

Un nuovo approccio integrato: durabilità, adattabilità, decostruzione

La complessità del contesto rende evidente la necessità di implementare nuovi modelli di business, capaci di attivare strategie che, integrando i concetti sopra elencati, contribuiscano a mantenere la qualità dei prodotti (materiale/componente/edificio) nel corso dell’intero ciclo di vita, favorendone riuso e riutilizzo.
A livello europeo, l’iniziativa
Construction 2020 – e in particolare il Gruppo tematico 3, relativo all’“Uso sostenibile delle risorse naturali” – ha compiuto diversi passi in direzione della circolarità e di una maggiore efficienza nell’uso delle risorse nel settore edile. Tra questi, la definizione di una serie di principi per la progettazione sostenibile degli edifici, allo scopo di generare meno rifiuti da costruzione e demolizione, di facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di materiali da costruzione, prodotti ed elementi edilizi, e di contribuire a ridurre gli impatti ambientali e i costi del ciclo di vita dell’edificio.
È possibile raggiungere questi macro-obiettivi ponendo, alla base del processo di progettazione, alcuni obiettivi specifici, come la durabilità, l’adattabilità e la decostruzione.
La
durabilità si basa sulla pianificazione della vita utile di servizio dell’edificio e dei suoi elementi, e promuove una visione progettuale di medio-lungo termine dei principali elementi costruttivi e dei loro cicli di manutenzione e sostituzione.
L’
adattabilità punta a prolungare la durata utile dell’edificio, facilitando la continuazione dell’uso previsto, anche con l’utilizzo di sistemi costruttivi flessibili che permettano la trasformazione degli spazi in corso d’uso.
La
decostruzione deve consentire la riduzione e la valorizzazione dei rifiuti, e agevolare gli impieghi circolari di elementi, componenti e parti dell’edificio. Inoltre, deve porre particolare attenzione alla riduzione della produzione di rifiuti, oltre che al riutilizzo (o riciclo di alta qualità) degli elementi che risultano a seguito della decostruzione dell’edificio.
Tutti i soggetti della filiera dell’edilizia possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di durabilità, adattabilità e riduzione dei rifiuti. È pertanto essenziale un
approccio integrato lungo tutta la catena del valore, che consenta di introdurre la circolarità nella progettazione dei diversi ambiti di competenza (che si tratti di prodotto, di edificio, di processo o di normativa).

Edilizia circolare applicata: tre casi studio

A confermare la validità di questa evoluzione si possono portare alcuni edifici realizzati di recente, che hanno messo al centro del progetto e del processo edilizio proprio l’approccio circolare.
Un primo esempio è costituito dall’edificio
Circl, costruito da Abn Amro nel quartiere Zuidas di Amsterdam, con l’obiettivo di condividere le conoscenze acquisite sulla circolarità e consigliare efficacemente i propri clienti su queste tematiche.
L’edificio, di circa 3.400 metri quadrati di superficie, è stato progettato e costruito per poter essere decostruito in modo semplice e completo. I rivestimenti di alcune sale sono stati realizzati con tessuto ricavato da jeans riciclati, e le applicazioni a parete sono state effettuate con un sistema che rende possibile la rimozione a fine vita utilizzando solo acqua. Molti
componenti e materiali utilizzati sono stati ricavati da edifici in corso di demolizione ad Amsterdam. Le pareti mobili delle sale riunioni interne sono state per esempio realizzate con i moduli di una facciata continua smantellata da un edificio in fase di demolizione in un quartiere adiacente, e anche la maggior parte della pavimentazione in legno è stata ricavata dalla decostruzione di altri immobili. Questi passaggi sono stati resi possibili dallo sviluppo di una piattaforma digitale di interscambio di materiali e componenti provenienti da altri edifici in demolizione, in modo da consentire ai progettisti e alle imprese di applicare il principio del building as material bank.
L’edificio è inoltre uno spazio condiviso, che attua la circolarità mediante lo sharing di alcuni spazi. La proprietà utilizza infatti Circl per le proprie attività, ma lo mette a disposizione di altri soggetti esterni che possono prenotare sale riunioni e spazi per conferenze.
Circl ospita anche
un ristorante e un bar, che lavorano con un approccio circolare. La birra del bar è prodotta con l’acqua piovana recuperata dalla copertura dell’edifico, e il ristorante utilizza tecniche di conservazione del cibo che non necessitano di frigoriferi. Queste attività mirano a coinvolgere i visitatori e gli occupanti, così da aumentarne la consapevolezza sui temi della circolarità.

Un altro esempio è The Edge, anche questo ubicato nel quartiere di Zuidas di Amsterdam.
L’edificio, che ha una superficie di 39.910 metri quadrati, è energeticamente neutro e può produrre fino al 102% del proprio consumo energetico.
The Edge ha ottenuto il
punteggio di sostenibilità più alto mai assegnato (98,4%) ai sensi del protocollo Breeam. Il 95% dei materiali utilizzati ha un’origine responsabile e dimostrabile e tutto il legno posato è certificato Fsc(Forest Stewardship Council).
Ma l’aspetto di circolarità più significativo è quello della condivisione degli spazi. I dipendenti della società
Deloitte, che attualmente utilizza l’edificio, non hanno scrivanie assegnate, cosa che gli consente di lavorare ovunque nell’edificio, scegliendo tra vari livelli di introspezione o di socialità: ci sono cabine di lavoro, stanze di concentrazione, scrivanie, scrivanie in piedi e da balcone, oltre a diverse postazioni di lavoro all’interno dell’atrio stesso.
Grazie ai vari sistemi di monitoraggio e automazione installati, la flessibilità degli spazi non crea disagi agli utilizzatori. Una app permette a ogni dipendente di impostare i livelli di illuminazione e riscaldamento, di localizzare i propri colleghi e trovare le scrivanie libere. Grazie a questa efficace condivisione dello spazio, la società Deloitte ha potuto
ridurre l’occupazione di altri edifici, risparmiando importanti risorse di gestione.

Un ultimo esempio è il padiglione temporaneo People’s Pavilion, realizzato nell’ambito della Dutch Design Week 2017 a Eindhoven.
L’edificio, progettato dalla società Arup, è un esperimento di riutilizzo spinto dei materiali. La struttura è stata costruita con materiali interamente presi in prestito. Le colonne, alte sette metri, sono state realizzate con pali di fondazione prefabbricati in calcestruzzo, con tondini di acciaio riutilizzati come controventatura provenienti da un edificio per uffici demolito.
Le travi in legno composito, le colonne in cemento e le traverse sono state legate insieme utilizzando cinghie a cricchetto ad alta capacità, per creare una struttura capace di resistere a condizioni di vento forte. Il tetto in vetro è stato preso in prestito da un fornitore di serre, mentre la facciata inferiore in vetro è stata recuperata da un edificio per uffici demolito.
A fine utilizzo, l’edificio è stato completamente decostruito, e ogni singolo componente è stato restituito al fornitore. Alcuni dei componenti smantellati sono stati riutilizzati per altri progetti di costruzione, in ossequio a uno dei principi cardine dell’economia circolare: garantire che i materiali siano mantenuti in uso, al loro valore, lungo tutta la catena di fornitura delle costruzioni.
Questi esempi dimostrano che già oggi è possibile perseguire con ottimi risultati la circolarità in edilizia, pur nella diversità delle sue forme e dei suoi approcci applicativi.

Nuovi modelli di costruzione e sistemi di valutazione della circolarità

Il ciclo di vita degli edifici e la catena del valore dell’ambiente costruito sono però complessi. La circolarità dei materiali è tanto più facile da realizzare quanto più le due estremità del loop di processo sono vicine l’una all’altra. L’estensione del ciclo di vita degli edifici, e la natura frammentata dell’industria delle costruzioni, danno spesso l’impressione che le distanze tra le estremità del ciclo, in termini di tempo, spazio e responsabilità organizzativa, siano difficili da colmare.
Tale complessità avvantaggia ancora oggi il modello di economia lineare e non sempre favorisce la collaborazione di tutta la catena del valore, dato che
le imprese agiscono indipendentemente l’una dall’altra e raramente tengono in considerazione gli obiettivi degli altri soggetti coinvolti nel processo.

Per accelerare l’adozione di modelli di economia circolare è necessario adottare nuovi modelli di costruzione e di utilizzo dell’ambiente costruito, privilegiando:
il pensiero a lungo termine;
la progettazione per la decostruzione;
la flessibilità e la durata delle opere;
l’innovazione dei processi;
la collaborazione dell’intera filiera.

È necessario individuare e attuare le azioni che consentono la piena attuazione di questi principi.
I
progettisti dovranno lavorare a stretto contatto con i produttori e i fornitori di materiali e componenti per garantire che il progetto consenta, nel futuro, l’adattabilità e/o la decostruzione.
I
fornitori e i produttori potranno recuperare i materiali alla fine della vita del prodotto, e ottenere così, attraverso la rivendita o il ripristino, una seconda fonte di reddito.
Gli utenti e gli sviluppatori immobiliari dovranno implementare soluzioni di conduzione e manutenzione circolari, pensandole lungo tutto il ciclo di vita dell’edificio.

Fondamentale sarà anche la capacità di porre al centro di tutte queste azioni i consumatori, intesi come gli “attori principale di tutta l’economia”, che devono essere messi nelle condizioni di comprendere e valutare la circolarità di un edificio. Occorre perciò individuare dei metodi di quantificazione della circolarità che siano comprensibili e riconoscibili. Tra gli esempi, si possono menzionare quei sistemi di certificazione energetico-ambientale (Gbc, Leed, Breeam ecc.) che incorporano aspetti dell’economia circolare (utilizzo di prodotti e materiali riciclati e riciclabili, analisi di Lca ecc.), integrandoli con il concetto più generale di sostenibilità del costruito. Questi rating system costituiscono delle linee guida utili per la progettazione integrata, e sono fattori abilitanti per la progettazione circolare di edifici a elevate prestazioni energetiche e ambientali.
A supporto di questi protocolli è ora disponibile il
framework europeo Level(S) che, sulla base degli standard esistenti, propone un approccio comune per la valutazione delle prestazioni ambientali nell’ambiente costruito. Gli orientamenti e gli strumenti di scenario sul ciclo di vita proposti nel macro-obiettivo 2 – “Strumenti per il ciclo di vita” – di Level(S), sono incentrati sui seguenti aspetti: stimare la vita utile dell’immobile e degli elementi che lo compongono; valutare l’adattabilità (adaptability) dell’edificio rispetto alle potenziali esigenze future del mercato; valutare il potenziale di recupero, riutilizzo e riciclo dei principali elementi dell’edificio al termine della sua vita utile.
Negli ultimi 15 anni, la politica climatica dell’Unione europea ha inteso la sostenibilità del settore edilizio correlandola soprattutto all’uso dell’energia. Ora, con la definizione del Circular Economy Action Plan e la pubblicazione di Level(S), è emersa una forte
attenzione alla circolarità dell’ambiente costruito. Per molti sembra una novità, ma la verità è che gli edifici europei sono circolari da millenni. Miniere urbane, edifici come banche di materiali, design per la decostruzione: tutte idee che possono suonare inedite, ma in realtà le persone hanno sempre riutilizzato i materiali da costruzione nel corso della storia, e l’Italia, anche in questo caso, può essere un testimone e un protagonista.

Immagine: The Edge, Amsterdam

Scarica e leggi il numero 38 di Materia Rinnovabile sull'edilizia circolare.