Parte la Fondazione Re Soil che ha tra gli obiettivi quello di trasformare in un asset di valore la reimmissione del carbonio nel suolo. Si tratta di porre attenzione al suolo. Una risorsa difficilmente rinnovabile che è sotto attacco da anni, sia da parte dell’edilizia, sia dell’agricoltura fossile, e che è indispensabile per il funzionamento di tutti gli ecosistemi. La riflessione circa la difesa e la rigenerazione di questa risorsa parte dalla determinazione del valore delle attività di tutela e ripristino che deve entrare a pieno titolo nelle economie delle filiere.
Una risorsa sottovalutata
Suolo. Ultima frontiera. Parafrasando Star Trek si potrebbe definire il suolo come una delle ultime risorse, se non proprio l’ultima, a essere analizzata sotto il profilo ambientale. Eppure questa risorsa è una di quelle fondamentali sebbene molto sottovalutata circa la sua importanza per la biosfera.
Il suolo è una risorsa che svolge funzioni vitali, scarsa e difficilmente rinnovabile. Basti pensare che produce tutti quelli che chiamiamo beni pubblici indispensabili all’ecosistema. L’acqua pulita, il ciclo dei nutrienti, lo stoccaggio del carbonio, una parte della produzione d’ossigeno e la produzione di cibo: tutte risorse che dipendono dal suolo e dal suo stato di salute. E quello del suolo è un ecosistema fragile che ha un tasso di rinnovabilità dell’ordine dei secoli. In media per formare uno strato di cinque centimetri di suolo nuovo e vitale servono 1.000 anni e si tratta di un patrimonio sotto attacco a tutte le latitudini.
A livello mondiale il 30% dei suoli è degradato e ogni anno perdiamo 1.000 chilometri quadrati di suolo pregiato e produttivo a causa della cementificazione, processo irreversibile. Per fare esempi a noi più vicini, in Europa il suolo a rischio di degradazione è il 30% in Romania, il 50% in Portogallo, 59% in Italia e 74% in Spagna. In pratica il Sahara, complici i cambiamenti climatici, sta attraversando il Mar Mediterraneo. E non ci si potrà opporre come si tenta di fare con gli immigrati.
Ma la desertificazione non è l’unico lato della medaglia, negativo, nella relazione tra clima e suolo. Il suolo è anche uno straordinario attore nel sequestro del carbonio. Il suolo fertile dell’intero pianeta, infatti, sarebbe in grado di assorbire tutte le emissioni di CO2 dell’Europa ogni anno. Il degrado del suolo, quindi, influisce sulla capacità di mitigazione delle emissioni, innescando un processo a catena, senza contare il fatto che il suo deterioramento innesca il rilascio del carbonio sequestrato nei secoli. In pratica il suolo se non correttamente gestito diventa come una risorsa fossile ed emette carbonio, mentre potrebbe assorbirlo.
Suolo ignoto
E sullo studio sistemico della risorsa suolo, con le relative ricadute politiche, a oggi siamo ancora in alto mare. E proprio per rimediare a ciò è nata il 27 gennaio 2020, con un appuntamento a Roma, la Fondazione Re Soil (https://resoilfoundation.org/ ), voluta da Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont e membro della Mission Board sul suolo dell’Unione europea, dal Rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco e dal Rettore dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna Francesco Ubertini.
“Dobbiamo partire dal suolo, non possiamo lavorare solo estraendo, senza rigenerarlo” spiega Catia Bastioli. “Qualsiasi attività noi facciamo dobbiamo occuparci prima di mantenere in funzione i servizi ecosistemici legati al suolo. Si tratta di una questione fondamentale e penso che ciò sia la priorità assoluta e che venga prima di qualsiasi altro interesse. È anche una questione di responsabilità individuale e collettiva che abbiamo nei confronti di ecosistemi che si stanno degradando a una velocità impressionante. Una velocità che stiamo registrando nell’ordine degli anni e non dei decenni. Riportare materia organica nel suolo è fondamentale ed è prioritario rispetto a qualsiasi altra cosa.”
Strada difficile
L’impiego del compost e del materiale organico di qualità nel settore agricolo è una delle principali soluzioni per affrontare sia la rigenerazione e il mantenimento della fertilità del suolo, sia la decarbonizzazione. I numeri però ci dicono che questa è una strada in salita. Delle 96 milioni di tonnellate di rifiuti organici che si generano ogni anno in Europa 64 non sono recuperate. Nel mondo il 20% delle acque reflue non viene trattato, mentre invece i fosfati provenienti da liquami e letame possono essere riciclati producendo fertilizzanti per l’agricoltura o materie prime seconde per l’industria.
Il problema, per mettere a punto questo approccio sistemico, è rappresentato dalla difformità delle filiere che insistono sul suolo e sulla loro scarsa simbiosi. E anche su ciò Bastioli ha parecchio da dire. “È necessario, prima di tutto, pensare l’agricoltura in maniera nuova: si sta vedendo, cosa positiva, che una parte del mondo agricolo sta andando verso questa direzione. Ossia quella dove l’attività agricola non è più un’estrattrice di prodotti dalla terra, ma diventa il custode di questa terra. Oltre a ciò è necessario diminuire la pressione antropica sul suolo cambiando le abitudini alimentari, modificando nel frattempo la filiera del valore invertendola”.
Sul concetto di valore, e sulla sua “estrazione”, è necessario fare un passaggio importante. Da un lato, infatti, il lavoro di custodia della risorsa suolo deve essere pagato a chi lo svolge, mentre il valore dei comportamenti sostenibili deve poter affluire verso l’inizio della filiera. L’attività del riportare la materia organica nel suolo deve essere valorizzata come le bioenergie o con una metodologia comunque confrontabile per non “mandare in fumo” il carbonio organico, ma stoccandolo nel suolo, ottenendo così sia l’effetto positivo sulla fertilità sia quello d’accelerazione sulla decarbonizzazione.
Valore da definire
Si tratta di un approccio centrale che potrebbe fare da spartiacque all’interno dello scenario del movimento ambientalista che ha, in linea di massima e tranne pochi casi, evitato di riflettere in maniera profonda sul valore degli ecosistemi, e su come questi possano produrre valore in maniera sostenibile, inserendoli a pieno titolo nelle filiere produttive. Per Bastioli, inoltre, è necessario fare dei passi in avanti. L’ad di Novamont, ha insistito sul fatto che occorre rigenerare le terre marginali per cambiarne il destino periferico e farle diventare centri di sviluppo. E l’attività di rigenerazione è anche un’opportunità economica nella quale si può apprendere come si possa produrre più valore che quantità, riuscendo sul serio a rendere i prodotti circolari ridisegnandoli fin dall’origine e dando al riciclo un significato diverso da quello di oggi. “Oggi noi prendiamo prodotti che sono scartati e li ricicliamo” conclude Bastioli. “In realtà è necessario ripensare a tutto il ciclo in modo che il sistema sia totalmente sostenibile. È un discorso complesso da comporre. È necessario che la politica lasci uno spazio alla sperimentazione, con i progetti di territorio, testando sul campo i nuovi prodotti legati allo sviluppo della bioeconomia, monitorandoli in modo trasparente e cercando di accelerare includendo le comunità.”
Il ruolo della fondazione Re Soil, in questo quadro è quello di coprire attraverso un approccio sistemico, che sull’argomento manca, queste tematiche orientando lo sviluppo di queste pratiche, promuovendo progetti di rigenerazione territoriale, supportando la promozione della sostanza organica nel suolo con pari dignità rispetto alla bioenergia. Si tratta, quest’ultimo, di un obiettivo molto ambizioso, ma d’enorme importanza e che potrebbe far fare un salto di qualità enorme a tutta al riflessione sull’ecologia. Riuscire a tracciare un collegamento di valore netto tra il kWh immesso in rete e il chilogrammo di carbonio sotto terra, farebbe saltare la barriera culturale – ed economica – che impedisce di assegnare un valore alla CO2, intesa non solo come danno ma anche come risorsa. Un valore quindi contabilizzabile come un asset positivo. Approccio che, una volta dimostrato, potrebbe convincere non pochi decisori economici e politici a invertire la rotta a 360 gradi. In maniera circolare.