Tra le offerte di prodotti tecnologici con sconti più o meno grandi che ormai da qualche anno ruotano attorno al Black Friday, è molto probabile che in questo primo autunno con il Covid-19 si faccia largo una categoria (quasi) nuova: quella della tecnologia ricondizionata. Smartphone in particolare, ma anche (seppure in misura minore) personal computer, tablet, tastiere, consolle per videogiochi e altri apparecchi, reimmessi in commercio esteticamente identici, del tutto funzionanti a livello di software e con garanzia minima di un anno. Ma soprattutto, con un costo inferiore dal 30 al 60 per cento rispetto ai prodotti nuovi, e il vantaggio supplementare di contribuire a ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti elettronici – che nel 2019, come si legge nel Global E-Waste monitor delle Nazioni Unite, sono stati 53,6 milioni di tonnellate, oltre sette chili per ciascun abitante del pianeta.

Gli smartphone tirano il mercato della tecnologia ricondizionata

I prodotti ricondizionati o rigenerati possono avere origini diverse: magari sono stati esposti nei negozi, oppure usati per poco tempo, o ancora restituiti perché non funzionanti o danneggiati, o per qualche altro motivo. In tutti questi casi, prima di essere rimessi sul mercato vengono sottoposti a interventi di pulizia e riparazione e a dei test che ne certificano le condizioni. Anche se non esiste una classificazione unica, tutti i rivenditori utilizzano una scala basata sull’usura del dispositivo: ad esempio, un device con tutti i componenti pari al nuovo costerà di più rispetto a uno con qualche abrasione. Tra i grandi player del digitale, la prima ad aprirsi a questo mercato, avviando direttamente sul suo sito un programma di vendita di smartphone, pc e componenti rigenerati, è stata Apple nel 2016, seguita l’anno successivo da Amazon con la sua sezione Renewed.
Probabilmente perché il loro ciclo di sostituzione – viste le novità presentate ogni anno – è molto superiore a quella degli altri prodotti,
la parte del leone in questo mercato la fanno gli smartphone. Per questo motivo, la maggior parte delle cifre che danno un’idea del settore si riferiscono proprio ai telefoni cellulari. Ad esempio, la società di consulenza Counterpoint research ha stimato che nel 2019, negli Stati Uniti e in Europa sono stati venduti 137 milioni di cellulari ricondizionati: secondo l’head of research della società, Jeff Fieldhack, attualmente un decimo di tutti gli smartphone venduti sono usati o ricondizionati. Mentre un report del 2017 di Persistence Market Research stimava una crescita di questo mercato del 9 per cento l’anno fino al 2025, quando dovrebbe arrivare a valere in tutto 329 miliardi di euro.

Una spinta dalla pandemia al settore dei prodotti rigenerati

Stando alle percezioni degli operatori, proprio la pandemia di Covid, con l’aumento della necessità di dispositivi per il lavoro da remoto, sembra avere dato una spinta alla crescita del settore. Per Fabian Thobe, amministratore delegato di riCompro, una delle principali aziende del mercato italiano dei ricondizionati, nel nostro paese la crescita è stata del “30% nella prima parte del 2020 in confronto al 2019. Con un balzo avanti, tra tutti i dispositivi, dei tablet per via dell’aumento diffuso di smart worker”. Jon Godfrey, fondatore di un’analoga impresa britannica, Tech.Trade, ha spiegato alla BBC che, per la stessa ragione, solo lo scorso maggio il suo giro d’affari è cresciuto del 35% rispetto all’anno precedente.
Negli
Stati Uniti invece, goTRG, l’unica azienda che ricondiziona in modo certificato i devices di marchi come Apple, LG e Lenovo, ha visto raddoppiare le richieste e ha assunto duemila nuovi impiegati. Secondo un recente sondaggio commissionato dalla società, il 75% degli statunitensi si dice aperto all’idea di acquistare prodotti ricondizionati, e il 94% ne ha acquistato uno negli ultimi tre anni. “Il settore cresce di quasi il 10% ogni anno”, sostiene Sender Shamiss, ad di goTRG, “perché le persone diventano più attente all'ambiente e le organizzazioni come repair.org ottengono un seguito più ampio e continuano a fare progressi nel movimento per il diritto alla riparazione”.
A confermare la crescita del settore, poi, ci sono
i successi dei round di finanziamento completati da due piattaforme che mettono in vendita gli apparecchi rigenerati da venditori certificati, l’austriaca Refurbed e la francese Back Market, ambedue attive anche in Italia. La prima, che vanta 150 mila clienti e un giro d’affari da 45 milioni di euro, ha raccolto investimenti per 14,34 milioni, la seconda – le cui vendite lo scorso aprile, ha detto il direttore operativo per gli Usa, Serge Verdoux, “sono cresciute del 100 per cento rispetto a marzo” – addirittura per 110 milioni, sottoscritti tra gli altri dalla banca d’affari Goldman Sachs.

Il diritto alla riparazione

Resta però un problema: le difficoltà frapposte dai produttori alla riparazione, soprattutto per quanto riguarda il reperimento dei pezzi di ricambio. In Europa la disciplina del “diritto alla riparazione” attribuisce alle case produttrici l’esclusiva degli interventi di riparazione e rigenerazione dei dispositivi, che vengono effettuati in laboratori certificati. Vista la crescita della domanda, tuttavia, per trovare componenti gli intermediari del settore si affidano sempre più al mercato asiatico, dove circola il maggior numero di dispositivi rigenerati, ma dove in molti casi le lavorazioni sono al di sotto degli standard occidentali.
Per ovviare a questa situazione, all’interno del
Piano di azione per l’economia circolare che dovrebbe essere approvato l’anno prossimo, la Commissione Europea vuole “adottare nuove misure di regolamentazione per i telefoni cellulari, i tablet e i laptop nel quadro della direttiva sulla progettazione ecocompatibile”, obbligando i produttori a vendere i componenti di ricambio sia ai laboratori indipendenti che direttamente ai clienti finali.