Il secondo ciclo di negoziati (INC-2) per il Trattato globale sulla plastica si tiene dal 29 maggio al 2 giugno a Parigi. Anche se il mandato del 2022 definito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNEA) prevede che il documento prenda in conto l’intero ciclo di vita della plastica, la questione della portata sostanziale e giuridica del futuro Trattato non è ancora chiara. Scienziati e organizzazioni della società civile sostengono che il documento dovrebbe prendere in considerazione gli aspetti sanitari e ambientali dell’intero ciclo di vita della plastica, mentre i rappresentanti dell’industria preferirebbero che si limitasse solo ai rifiuti. La Cina sembrerebbe voler escludere le questioni economiche della produzione e dell’uso, e quindi della riduzione alla fonte. Dello stesso avviso Russia e vari stati asiatici, contrari a includere questioni economiche nei trattati ambientali.
Cosa dice la scienza?
Al fine di promuovere decisioni basate su evidenze inconfutabili, la comunità scientifica internazionale ha prodotto una serie di documenti di sintesi e interpretazioni delle migliori conoscenze accademiche per i decisori e il pubblico coinvolti nelle negoziazioni. L’Endocrine Society, un'organizzazione medica professionale nel campo dell'endocrinologia e del metabolismo con oltre 18.000 ricercatori e clinici in più di 100 Paesi, ha prodotto una sintesi dove ha stimato il numero di patologie, lesioni e morti premature associate all’esposizione a quattro categorie di sostanze chimiche pericolose utilizzate nei materiali plastici (ritardanti di fiamma bromurati, ftalati, bisfenolo A, PFAS) e il costo ad esse associato. Nella sola Europa i costi, stimati in maniera conservativa, ammontano a oltre 36.000 miliardi di euro.
La Scientists' Coalition for an Effective Plastics Treaty (SCEPT), una rete di 200 esperti scientifici e tecnici indipendenti da oltre 40 Paesi, ha prodotto tre policy brief. Il primo mostra che al fine di promuovere la sostenibilità della salute umana e dell’ambiente è necessario includere le sostanze chimiche e i polimeri preoccupanti nel trattato globale sulla plastica e regolamentare gli oltre 3200 composti chimici riconosciuti ufficialmente come tossici, persistenti o problematici attualmente presenti nei prodotti in plastica ma di cui oggi solo il 4% è regolamentato a livello globale. Il secondo dà indicazioni su come effettuare una transizione verso un'economia circolare sicura e sostenibile per la plastica concentrandosi sulla riduzione della produzione e del consumo, e solo in un secondo momento sull’aumento dei tassi di riciclo. A causa di un lock-in tecnologico, infatti, i grandi investimenti in strutture per la gestione dei rifiuti potrebbero avere come conseguenza di far aumentare la produzione di rifiuti. Il terzo fornisce una sintesi degli impatti della plastica sui cambiamenti climatici, ricordando che “la catena del valore della plastica ha un impatto climatico significativo lungo tutto il ciclo di vita […] ma le emissioni di gas a effetto serra derivanti dalla produzione e dallo smaltimento delle materie plastiche spesso non sono prese in considerazione e potrebbero essere trascurate nel processo di negoziazione”.
I membri di SCEPT saranno a Parigi durante i negoziati e hanno attivato un Helpdesk per i Paesi Membri attraverso il quale i negoziatori possono porre domande in modo confidenziale sulla terminologia e i concetti scientifici e ricevere risposte dirette da 40 scienziati esperti nelle varie discipline e trovare le prove scientifiche più aggiornate.
Verso un trattato globale sulla plastica: obblighi generali o piani d’azione nazionali?
Uno dei punti chiave delle negoziazioni riguarda l’adozione di obblighi generali vincolanti oppure di piani di azione nazionale. "Piani d'azione nazionali (PAN) poco rigorosi rischiano di compromettere l'iniziativa dell'Assemblea delle Nazioni Unite per l'ambiente di adottare un accordo globale giuridicamente vincolante per ridurre l'inquinamento da plastica entro il 2024. Sebbene i PAN possano essere progettati per essere rigorosi, l'adozione di PAN indulgenti basati su impegni volontari da parte dei singoli Paesi rischierebbe di essere inefficace come l'accordo sul clima di Parigi del 2015 nel contenere i cambiamenti climatici. Un sistema di PAN indulgente basato su impegni volontari potrebbe aggirare misure globali rigorose come la limitazione o il divieto della produzione di plastica", spiega a Materia Rinnovabile Tony Walker, professore presso la School for Resource and Environmental Studies della Dalhousie University, Canada, e co-autore di un policy brief sulla potenziale efficacia dei piani di azione nazionale coordinato da ricercatori del Global Plastics Policy Center all’Università di Portsmouth.
Un’altra importante decisione, sulla quale i Paesi Membri dibattono dall’estate scorsa, riguarda le regole procedurali e la maniera per prendere le decisioni: sulla base del consenso oppure con la possibilità di ricorrere a votazioni nel caso in cui non sia possibile raggiungere il consenso? Secondo gli esperti del Center for International Environmental Law (CIEL) sarà importante che il regolamento interno non replichi gli errori dell'UNFCCC: “Le proposte dell'Arabia Saudita e del Qatar, secondo cui il regolamento interno richiede il consenso, sono il veleno che ha indebolito la Convenzione sul clima per tre decenni. Introdurre le stesse regole all'INC renderà impossibile un progresso sulla plastica".
Mateo Cordier e Fabienne Lagarde, membri di SCEPT, hanno riferito a Materia Rinnovabile di un incontro che assieme ad una delegazione di altri cinque scienziati provenienti da settori diversi (chimica, fisica, biologia, economia), hanno avuto ai primi di maggio con il Ministro francese della transizione ecologica Christophe Bechu. Il Ministro ha illustrato la sua intenzione di riunire durante INC-2 circa 100 ministri di altri Paesi allo scopo di: argomentare a favore di un trattato vincolante con obiettivi di riduzione obbligatori in valore assoluto e non relativi della produzione di beni in plastica, e non solo dei rifiuti; sostenere che il riciclo da solo non è la soluzione, ma è necessario anzitutto ridurre la produzione di prodotti di plastica; sostenere una lista ristretta di additivi chimici autorizzati, rendendo "non autorizzati" tutti gli altri e sostenere la trasparenza sulla lista degli additivi presenti in ogni materiale plastico; esplorare i modi per rafforzare la solidarietà internazionale e fornire assistenza finanziaria ai Paesi a basso e medio reddito. Secondo Joel Hamann, consigliere diplomatico del Ministero, il principio "chi inquina paga" dovrebbe essere applicato all'intero ciclo della plastica, anche attraverso una responsabilità estesa del produttore (EPR), il che dovrebbe costituire nuove fonti di finanziamento.
Cordier e Lagarde, riferiscono che una delle idee del Ministro Bechu è quella di “progettare il trattato in modo che possa essere adottato non appena 50-60 Paesi lo ratificheranno”, al fine di evitare di dover aspettare per l’entrata in vigore la ratifica da parte di tutti i 190 Paesi, che potrebbe prendere decenni.
Rolph Payet, Segretario esecutivo delle Convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma, ha detto a Materia Rinnovabile: "Il Trattato sulla plastica dovrebbe comprendere disposizioni chiave come la riduzione della produzione e dell'uso di materie plastiche problematiche ed evitabili, la promozione della ricerca e dell'innovazione, schemi di responsabilità estesa del produttore, strategie nazionali di gestione dei rifiuti e cooperazione internazionale. Questo approccio globale integrerebbe gli accordi internazionali esistenti, come la Convenzione di Basilea, e affronterebbe le lacune nella governance globale della plastica, in particolare nelle fasi di produzione e consumo della plastica".
Immagine: Envato Elements